CAPITOLO 27

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RYLAND

Aver capito tutta la faccenda mi aveva reso chiaro il perché Simone fosse in quello stato. Dopo anni a combattere con i suoi ricordi,con i suoi pensieri negativi,a combattere la voglia di distruggere il mondo a mani nude,la notizia che aveva avuto era stata un colpo basso.

Potevo capire perfettamente il modo in cui si era sentito,la terra sotto ai piedi aveva iniziato a sgretolarsi,era diventata instabile e quelle parole gli erano piovute addosso come un miliardo di spilli appuntiti.

Non era facile,non era facile per niente perché più andava avanti, e cercava di sotterrare tutte le emozioni negative,più non serviva a nulla perché qualcosa era sempre dietro l'angolo pronto a farlo ammattire di nuovo.

E difronte a quello sguardo impotente,deluso e rassegnato non ho potuto fare altro che precipitare silenziosamente anche io,dentro me.
Non volevo vederlo così,mai.

In tutto gli anni in cui ci siamo conosciuti,momenti come questo,in cui perdeva il controllo,erano stati pochi.
Simone era sempre stata una persona calma e tutta la rabbia la riusciva perfettamente ad incanalare dentro di se.

C'era una cosa che faceva,quando era sull'orlo di una crisi,si immobilizzava del tutto e stringeva i pugni,soffocava in questo modo tutto quello che sarebbe potuto uscire,soffocava tutto il disastro che avrebbe potuto causare. Perciò quando perdeva il controllo,la ragione era solo una;aveva sopportato abbastanza.

Con un piede piantato a terra e l'altro appoggiato al paletto di cemento alle mie spalle,inspiro la sigaretta,comodamente adagiata tra le mie dita. La punta rossa luminosa arrivava piano piano sempre più al filtro. 

Uno scatto del mio volto e mi ritrovo ad osservare l'interno della palestra.
I vetri trasparenti mi rendevano partecipe di tutto,Stephany che non riusciva a staccarsi dal telefono fisso sulla sua scrivania,probabilmente a discutere con fornitori e nel mentre lavorava anche al computer. Persone che si destreggiavano a destra e a sinistra,con gli attrezzi e con la sosta alle macchinette che distribuivano bibite energetiche,il personale di sala che con un sorriso perenne sul volto ti invogliava sempre di più nel duro lavoro per maggiori risultati,la musica che riuscivo a percepire da qui e Simone.

Era appena uscito dal corridoio e indossava calzoncini e maglietta sportiva. Era sicuramente pronto per una sessione estrema con Wajette.

Guardarlo avanzare,così sicuro di se,nella sua camminata da maschio alpha,con spalle grandi e gambe tornite era una visione. La parte bonus? Il suo sorriso. Oggi aveva un sorriso che era la fine del mondo,e mi faceva piacere,mi faceva piacere che almeno oggi stava meglio e cercava di non pensare sempre al negativo che purtroppo esisteva.

C'ero già io che pensavo sempre in modo negativo,c'ero già io che ogni giorno ero consumata emotivamente e fisicamente. Avevo mentito,avevo mentito quando mi ero promessa sarebbe andata meglio...perché non andrà mai meglio. La situazione era questa,la vita era questa,non potevo fare nulla per far tornare le cose a qualche anno fa,a quando ero più spensierata,a quando ogni giorno sembrava meno cupo,a quando mia mamma stava bene,a quando mio fratello stava  ancora qui con noi,a quando papà...era meno solo.

L'assenza di mamma si era sentita parecchio,da figlia,figuriamoci per papà,suo marito. Ho sempre pensato che in un modo o nell'altro sarebbe andata meglio,ma stavo solo illudendo me stessa. Ciò che era capitato alla mamma non poteva mai andare meglio,poteva solo peggiorare,poteva solo fare più male a noi.

NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora