CAPITOLO 46

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SIMONE

Il sogno che viaggiava a tre miglia orari nella mia mente,mi aveva fatto sobbalzare.
Sudato era un eufemismo,grondavo di acqua.

La paura che se ne fosse andata di nuovo mi stava mangiando vivo. Era questo quello che sognavo,sognavo lei che lasciava St.Louis per andare lontana ore da qui. Lontana da me.

Ricordo di essermi addormentato al suo fianco,ricordo di averla stretta a me e di essermi perso a guardare i suoi occhi.
Fino a che i miei si sono chiusi per forze maggiori.

Le lenzuola erano stropicciate e fredde,segno che era andata via da molto.
La mia mano porta indietro i capelli. Stavolta non l'avrei permesso. Stavolta sarebbe stato div...

Un rumore mi fa buttare le gambe giù dal letto. Avevo sonno ma ero certo che il mio udito era ancora funzionante.
Nel corridoio,la porta del mio studio era socchiusa e la luce della piccola lampada,sulla scrivania,era accesa. Quella luce era così forte che mi faceva male guardarla,adesso.

Era lì.

Dei capelli scuri,tinti e non suoi,erano sulla sua spalla e le punte toccavano il suo braccio. Aveva una matita tra le mani e le sue dita si muovevano veloci sulla carta da disegno.
I miei occhi per un attimo si chiudono,rilassandosi.

Era lì.

Era davanti ai miei occhi e non era andata via. Il mio stomaco smette di volgersi e stritolarsi su se stesso. I miei battiti rallentano e la mia tachicardia si stava placando.

Era lì.

Le sue labbra erano morse dai denti e non erano più di quel color rosso che mi provocava sempre fantasie su come avrei potuto tenerle impegnate.

Ryla,anche senza niente sul viso,però,era un'opera d'arte. Era un pezzo unico del più grande artista rinascimentale. Era un pezzo di un valore inestimabile.
E io avevo la fortuna di averla qui,tutta per me. Avevo la fortuna di essere amato dalla donna che mi faceva sentire al settimo cielo.
Avevo la fortuna di poterla vedere ogni giorno e di amarla a mia volta. Sempre di più.
Avevo una fortuna inestimabile,perché Ryla era molto più che un'opera d'arte. Ryla era il mondo intero.

Il mio.

-"Era da tanto che non ti vedevo finire i miei lavori"-. La mia voce bassa e roca la fa quasi sobbalzare.

Era così dentro a quello che stava disegnando che non si era resa conto della mia presenza.

-"Era da tanto che la voglia di finirli mi aveva abbandonata"-. Ammette posando la gomma da cancellare. Mi guarda.
-"Sembri spossato"-.

Scuoto leggermente la nuca. -"Ho visto non c'eri"-.

-"Da dove?"-.

Fa finta di non capire. Si è alzata con la voglia di fare la dispettosa.
-"Dal posto che è sempre stato tuo"-. Ammetto

-"E quale sarebbe,Moneis?"-. Le sue spalle si rilassano e si appoggia all'indietro,sulla mia poltrona girevole.
Quella bocca,quella maledetta bocca.

-"Addosso a me. E affianco al mio cuore"-.

Aveva quello sguardo,aveva quello sguardo di chi voleva qualcosa. E non ce la facevo a starle lontano.

NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora