CAPITOLO 12

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RYLAND

-"Dai,Ryland,com'è possibile che,per tutto il tempo in cui sei rimasta a Salem,tu non abbia conosciuto nessuno?"-.

-"Chi ti ha detto che non ho conosciuto nessuno?"-. Le mie sopracciglia si alzano verso l'alto,Brandy odia quando alludo a qualcosa e poi non parlo.

-"Tu,tu mi hai detto che non..."-. Si ferma,le sue labbra sono leggermente schiuse. -"Lo sapevo che non dovevo fidarmi. Quindi sei uscita con qualcuno? Com'era? Bello? Certo che sì,ovvio,anche l'occhio vuole la sua parte. Aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi? Dimmi di sì,al tuo fianco ho sempre immaginato un bel principe azzurro pronto a prenderti e portarti sul suo cavallo bianco per una cavalc..."-.

-"Il concetto è chiaro,Brandy"-. Trattengo un sorriso quando vedo lo sguardo accigliato di Simone che proprio in quel momento doveva passare al nostro fianco,segno che ha ascoltato tutto.

Sono passati alcuni giorni da quando mi aveva detto una frase che non avrei dimenticato.

Non ti ho promesso niente.

Era vero,non mi ha mai promesso niente,sono stata io ad illudermi che il suo affetto potesse diventare un altro tipo di...legame.

Ma ad oggi,metto in dubbio anche il fatto per lui ero solo una piacevole compagnia e un'amica di sua sorella .

Da quel giorno,trovavo sulla scrivania un bicchiere di starbucks pieno della mia bevanda preferita,il pumpkin spice latte. Credo sia anche per questo che inizió a chiamarmi zucca,non solo per il colore naturale dei miei capelli.

Quello stesso bicchiere lo portavo a Stephany e lei lo beveva per me. Non avrei accettato niente dopo quello che mi aveva detto.

Lui era consapevole della fine di quella bevanda,perché mi impegnavo a passare proprio davanti a lui mentre lo portavo alla scrivania di Stephany.

Se avevo visto in lui la rabbia? No,c'era solo un sorriso divertito,uno di quelli che diceva "prima o poi lo berrai".

-"Quindi? Ti decidi a parlare o mi vuoi tenere ancora sulle spine?"-.

-"Si,sono uscita con una persona"-.

-"Una? In tre anni,una sola persona?
Dio mi deludi,cosa ho fatto per avere un'amica come te?"-.

-"Brandy,di certo ti saresti data alla pazza gioia ma Ryland non ha il tuo stesso carattere,tienilo a mente"-. A parlare è Stephany.

-"Oh non hai idea di cosa avrei combinato io,al suo posto. Posto nuovo,gente nuova,una me rinnovata e tanta voglia di far intingere il biscotto di qualcuno nella mia marm..."-.

-"Brandy"-. L'occhiata che le rivolgo la fa sorridere.

-"È un modo di dire e comunque avresti potuto dirmelo che ti vedevi con qualcuno"-.

-"Non farla più grande di quel che è,era un cliente della tavola calda in cui lavoravo. Andava spesso li e un giorno mi ha lasciato un biglietto sul tavolo,prima di andarsene.
Siamo usciti solo due volte,due perché è stato il tempo per rendermi conto che..."-. Che lui non era come qualcun altro. -"Insomma,ci siamo solo baciati,tutto qua. Adesso tu non dovresti andare dai tuoi studenti per terrorizzarli un po'?"-.

Guarda l'orologio al polso. -"Si esatto e questo significa che la ramanzina finisce qui...per adesso"-.

Dopo due baci volanti per me e Stephany,si aggiusta la sciarpa enorme che le ricopre il collo ed esce dalle porte della struttura.

-"Certo che è..."-.

-"Unica,Brandy è unica"-. Finisco la frase per Stephany e le faccio un occhiolino.

Sapete cosa si fa appena si finisce di litigare con un genitore? In realtà,c'è più di una risposta a questa domanda

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Sapete cosa si fa appena si finisce di litigare con un genitore? In realtà,c'è più di una risposta a questa domanda.

Ad alcuni piace marciare nella propria camera mentre si sbattono con forza i piedi sul pavimento,chiudere la porta così pesantemente da farla uscire dai cardini e fare silenzio stampa per qualche giorno.

Ad altri piace aspettare,seduti sul divano o sulla sedia,pensare e ripensare alla situazione appena accaduta e cercare di capire chi ha sbagliato e chi no.

Altri ancora invece,piace non lasciare le cose in sospeso,chiarirsi al momento e dopo,stringersi in un abbraccio riparatore.

Io invece,vado in gelateria...mi sembra giusto.

Una vaschetta di gelato da due kili,gusto cioccolato,cookies e menta e sono sul divano di casa mentre guardo un documentario sulle prossime elezioni degli USA.

Se mi importava qualcosa di tutte quelle calorie che stavo ingerendo? No.

Negli anni avevo capito che la bellezza non era solo una  taglia 38,non erano i fianchi inesistenti,le gambe come spiedini o avere gli occhi azzurri e i capelli biondi.

Avevo imparato,invece,che la bellezza è negli occhi di chi la guarda. Avevo capito che avere dei fianchi era normale,era bello,avevo capito che le proporzioni di gambe e sedere non erano quelle delle modelle.

Avevo capito che la bellezza è un sorriso che nasce spontaneamente,era capelli spettinati,era le piccole rugherete di espressione quando ridevamo fino a perdere il fiato.

Avevo capito che la bellezza era anche una piccola imperfezione che magari per noi era un grosso difetto,come un sopracciglio più alto e uno più basso,un occhio più rotondo dell'altro,una fossetta sulla guancia,una piccola cicatrice che non ci era mai piaciuta,le smagliature che invece somigliavano molto alle onde del mare.

Avevo capito che la bellezza doveva solo essere capita,non giudicata.

Erano anni che cercavo di capire,invece,perché la cattiveria della gente fosse così...semplice.
Veniva più facile insultare piuttosto che cercare di capire le persone.

Mio padre non mi aveva di certo insultata,sono pur sempre la sua bambina,ma non riusciva a capire il perché dei miei comportamenti,il perché mi rifiutassi di fare una di quelle cose che alle persone normali sarebbe risultato così spontaneo fare.

A questo punto mi chiedo chi sia una persona normale,per mio padre,e se sia giusto nel ventunesimo secolo parlare ancora di "normale" e "anormale".

Chi la definiva la normalità? Nessuno.
Che cos era? Era solo un comportamento che la maggior parte delle persone attuava e quindi,se una persona si comportava in una maniera diversa,veniva subito etichettato come anormale o sbagliato.  Era un pregiudizio negativo.

Ebbene sì,la normalità non esisteva...era solo una conformità alle aspettative collettive.

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