CAPITOLO 02

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RYLAND

Non mi era mai piaciuto volare.

Prendere un aereo per me significava affidare la mia vita ad una persona di cui non sapevo nulla,significava non pensare di essere a tantissimi metri dal suolo e che se fosse successo qualcosa,di certo non me la sarei cavata con qualche graffio.

Prendere un aereo significava avere fiducia nel genere umano e io non sapevo se quella fiducia era ancora dentro di me o se piano piano stava abbandonando il mio corpo.

Avere fiducia significava che,se fosse andato tutto bene,avevi fatto la scelta giusta e avresti detto "ne è valsa la pena",se invece fosse andato tutto male ti saresti preso una bella batosta.

Sono sempre stata una persona fiduciosa,in tutto. Pensavo sempre che tutto si sarebbe risolto,che tutto sarebbe andato bene,che le mie scelte non sarebbero state vane,che le persone non me ne avrebbero fatto pentire...ma le cose non vanno sempre come speriamo che vadano.

Una volta capito questo,ero diventata una persona che non lasciava il beneficio del dubbio.

È per questo che una volta atterrati,espiro grata chiudendo gli occhi.
Potevo già avvertire l'aria di casa,nonostante fossi ancora in aereo.

Potevo già avvertire che le mie scelte sbagliate,compiute anni fa,erano ritornate alla memoria per prendersi gioco di me. Potevo già avvertire che non sarebbe stato facile,che io non potevo farcela.

Un dolore al petto mi ricorda che mi è stato quasi strappato via quando lei non è stata più la stessa. Ero andata via per lei,più di tutto.

Mi schiarisco la voce e mi alzo dal mio posto,raggiungo la zona per il ritiro bagagli e quando li intercetto vado a passo svelto verso l'uscita per chiamare un taxi.

Questo era uno dei momenti in cui mi mancava la mia auto,gelosamente custodita nel garage di casa. Il lato positivo era che almeno l'avrei riavuta tra le mani.

La nonna,quando aveva capito la situazione,mi aveva abbracciata forte e mi aveva detto che qualsiasi cosa dovessi trovare al mio ritorno qui,l'avrei superata e sarei andata avanti.

Avevo voglia di crederle,volevo che avesse ragione ma sapevo che non avrei potuto ignorare quel vuoto quando l'avrei vista di nuovo,dopo anni.

Un taxi di un giallo acceso si ferma lì vicino e salgo subito dopo aver detto la strada di casa.
Attraverso il finestrino osservo il cielo nuvoloso,pronto per una pioggia imminente è brutale.

Il cielo oggi è esattamente come me.

-"Fine della corsa,signorina"-.

I dieci minuti di auto sono volati e adesso,quando alzo lo sguardo,mi è tutto troppo familiare.

St.Louis è la città in cui sono nata,cresciuta e dove ho fatto più cazzate che giorni di scuola.
Un posto tranquillo e perfetto dove vivere.

Quando scendo,l'auto dietro di me va via e mi lascia sola.
Senza troppe cerimonie entro a casa e la prima cosa che noto è la nostra foto di famiglia.

Quella foto che sembra prendermi in giro.

Chiudo la porta troppo forte e accosto le valigie nel corridoio,le avrei portate nella mia stanza in un secondo momento.

NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora