RYLAND
Non so neanche come io abbia fatto a lasciare la sua casa,con quale coraggio io lo abbia guardato negli occhi e giurato di stare bene. Non so neanche come gli avrà fatto strano credermi in quella circostanza.
Stavo da schifo,perciò,una volta in strada verso casa mando un messaggio a Brandy. Non ce l'avrei fatta stasera a fingere di star ascoltando la conversazione che avevano voglia di intavolare. E mi stavo sentendo una merda per questo. Perché Ariel e Brandy erano come sorelle per me,ciò voleva dire che avrei dovuto fare di tutto per loro.
Nemmeno cinque minuti dall'invio del messaggio che Brandy mi stava chiamando.
-"Ehi,che succede? Stai bene?"-.
No,Brandy,non mi sentivo affatto bene dopo tutto quello che avevo saputo.
-"Ho solo mal di testa,non preoccuparti. Ma davvero non riesco a passare"-.
-"Non ti sento convinta,Ryland. Per caso riguarda Simo..."-.
-"No,Brandy. È tutto apposto,ci vediamo domani"-.
Stacco la telefonata mentre i miei occhi erano già annebbiati.
Non riuscivo ancora a credere che fosse colpa mia. Ma lo era. Era tutta colpa mia.
L'incidente,Ariel,Ryan...Simone da uno psicologo per superare i suoi momenti deboli. E la colpa era di una sola persona soltanto.Quando entro a casa,il calore familiare mi viene incontro e il volume dalla televisione basso mi ricorda che stasera c'era una partita di football americano. Una che mio padre non si sarebbe mai perso.
Infatti eccolo la,sulla sua poltrona preferita,con i piedi sul tavolino che la mamma adorava. Aveva una bibita nella mano destra e nella sinistra il telecomando. E sul ponte del naso aveva gli occhiali che usava per la stanchezza.
Negli anni non avevo più notato nulla,le faccende si erano complicate da un momento all'altro e non c'era posto più per nulla. Ma adesso riuscivo a scorgere i segni della stanchezza,sul suo viso. E rimaneva sempre il papà più bello del mondo.
Avevo ereditato pochissime cose di lui,ero la fotocopia di mamma,io. Ma quelle piccole cose,quando mi venivano fatte notare,mi facevano essere la persona più felice del mondo. Perché gli somigliavo,un minimo.
E per me non c'era cosa più bella.-"Mio Dio ma muovi quelle gambe che ti ritrovi"-. Dice rivolto allo schermo e le mie labbra si piegano in un sorriso appena accennato.
Mi muovo furtiva e vado al frigo per una birra,ne prendo due. Una la appoggio al suo fianco.
-"Bambina mia,non ti ho sentito arrivare"-.
Proclama subito e io scaccio le sue parole con la mano.-"Eri distratto"-. Affermo. La mano corre nella tasca e presto stavo accendendo una sigaretta.
Papà non mi aveva mai vietato di fumare in casa,però sapevo di non doverlo fare. Ma stasera...-"Cos'è quella faccia,Ryland?"-.
Prendo una boccata di fumo così intensa e lunga da farmi quasi venire un mal di testa.
-"È la faccia di una persona che cerca di andare avanti,giorno per giorno,papà. È la faccia di chi non potrà mai rimediare ai suoi errori e non potrà mai recuperare il tempo...gli anni persi.
È la faccia di una persona orrenda,papà.
È la faccia di tua figlia"-.
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NON RIESCO AD ODIARTI
ChickLitQuando il dolore diventa troppo grande da sostenere,si pensa spesso che l'unica cosa da fare sia abbandonare tutto e cercare di respirare,cercare di vivere una vita che non sia all'insegna del dolore e della sofferenza...ma Ryland non sapeva,forse,c...