CAPITOLO 10

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RYLAND

Erano circa dieci minuti che,con la mia testa inclinata verso sinistra e la matita che stavo morsicchiando tra i denti,guardavo quella specie di montagna vivente parlare con Stephany,la ragazza che mio padre aveva assunto anni fa.

Quella montagna così alta,grande e massiccia che,da tempo ormai,facevo in modo non mi invadesse i pensieri.

Una montagna alta circa un metro e novantacinque (e lo so perché lui stesso lo aveva ammesso quando ancora parlavamo,anni fa,non che stessi lì,con il metro da sarta che avevo a casa,per misurarlo) con le spalle larghe quanto un armadio,a prova del fatto che nel tempo libero,quando non doveva esaudire le richieste dei suoi clienti,si ritagliava uno spazio personale per allenarsi.

Se dovessi descriverlo con uno dei nomi degli Avengers,sicuramente direi l'indiscusso gigante verde che prendeva il nome di Hulk. Non nego che questo è il nome che mi balzava alla mente ogni qual volta dovevo rivolgermi a lui...non che lui lo sappia,ovvio.

Ero sempre stata la più brava a dare soprannomi alle persone,anzi,lo facevo quasi senza pensarci,mi veniva automatico...come per esempio una qualsiasi persona,apre le ante della credenza per prendere la nutella o il burro di arachidi e poi quando se lo ritrova in mano pensa "non so cosa sto facendo" perché si,sono cose che facciamo senza pensarci,perché li amiamo e chi dice di no sta mentendo. Ricordatevi che l'onnipotente vi vede e quando sarà giunto il momento vi manderà negli inferi da Ade.

Quindi,Simone era Hulk,mio padre è stato classificato come Generale (questo era anche il suo nome nella mia rubrica),mio fratello era Black panther (ma solo per il fatto che quando si arrabbiava,diventava livido e il suo viso assumeva un colore tendente al nero),Brandy era la bella addormentata in virtù del fatto che sembrava non accorgersi di quanta voglia avesse di strappare i vestiti di Olly e farsi strapazzare da lui.

Olly,manco a dirlo,per me era soprannominato il Buffone,aveva sempre una pezza a colori per ogni cosa e Wajette invece era semplicemente Wajette.

Nonostante lo conoscessi da anni,ancora non ero riuscita a capire quasi nulla di lui,sapevo solo che era il terzo del gruppo che formava con Olly e Simone.

Ariel invece era la principessina,sempre protetta dall'ala di suo fratello.

E poi c'era mia madre,lei...per me era una di quelle equazioni difficili da risolvere e...

Il momento ad occhi aperti viene spazzato via quando sento la musica uscire fuori dalle casse appositamente nascosto dietro una parete. Avvicino il polso al viso e con grande scocciatura noto che sono solo le nove del mattino. Adesso capisco perché questa musica mi irrita tanto.

-"Tu"-. Quando avanzo verso di lui,noto che in un primo momento si blocca,poi avanza anche lui verso di me.

-"Io"-. Annuncia a dieci centimetri di distanza da me.

-"Spegni quella dannata musica,sono solo le nove del mattino e non ho ancora assunto la mia dose di caffè affinché possa tollerare il gran mal di testa che mi hai appena fatto venire"-.

Non sembra per niente impressionato dalle mie parole.

-"Non credo di doverti ricordare in che luogo siamo,Ryla"-.

-"Non c'è nulla da ricordare perché quando guardo la tua faccia subito mi viene in mente che,grazie alla tua scelta così premurosa di aiutare mio padre,dovrò stare qui e averti intorno"-.

-"La mia scelta premurosa è nata dal fatto che tuo padre me lo ha gentilmente chiesto e poi...non mi sarei perso per nulla al mondo il fatto che questo ti potesse mandare fuori di testa,Zucca"-.

Ringhio. -"Lo hai fatto apposta,grandissimo stronzo che non sei altro...e non chiamarmi così"-.

Per calmarmi un attimo,perché i miei nervi sono subito partiti per una vacanza ai Tropici,espiro lentamente.

-"No,non è quello il motivo e ti chiamerò come mi pare,come ho sempre fatto"-.

I miei occhi si rimpiccioliscono. -"Questo era un lusso che potevi permetterti prima,adesso se proprio devi,dovrai usare il mio nome di nascita e...anzi,non chiamarmi proprio"-.

La risata lenta si apre sulle sue labbra e scuote la testa. La sua mano che si allunga non la noto neanche,il suo polpastrello tocca le mie labbra tinte di rosso e,come fosse sovrappensiero,lo sfrega sul mio labbro.

Sono immobile,ferma,il suo tocco non mi fa paura,non mi fa scappare. Il suo tocco non è leggero e non è dolce.

Quando lo toglie,lo osserva,e io osservo lui.
Il suo pollice tinto di rosso mi fa uno strano effetto,è riuscito a toccarmi senza che io facessi nulla.

-"Credi che con questa roba,tu possa sembrare un minimo minacciosa?"-. Adesso mi guarda.
-"Ti preferisco senza"-.

-"E allora è una grande fortuna il fatto che della tua opinione non mi importi e no,non credo di risultare minacciosa,mi piace e basta"-.

Mi volto pronta a tornare nello studio che prima apparteneva a mio padre,c'è un po' di roba da sistemare. Ma presto vengo fermata da una presa salda,forte,rassicurante...calda.

Fisso Simone confusa ma quando allunga un braccio nella mia direzione,non sono capace di allontanarmi. Il suo indice si ferma sul lato del mio collo,su un punto preciso. I suoi occhi lo osservano minuziosamente,osservano la scritta elegante di colore nero. Quando mi sono girata di scatto i capelli si sono spostati leggermente e lo avrà visto.

-"Che c'è,non mi chiedi cosa significa?"-.

-"So quale significato ha e ti posso assicurare che non è vero che non vuoi appartenere a nessuno,che non vuoi abbandonarti a nessuno. Sappiamo entrambi a chi muori dalla voglia di appartenere,Ryla"-. Sussurra così piano ma lo sento lo stesso.

I suoi occhi hanno una luce diversa,sembrano due gemme di topazio.
La soddisfazione che gli leggo dentro,però,mi fa andare su tutte le furie.

-"Vedo che la tua mente è ancora a quel momento e per quanto una vecchissima parte di me goda a questo...l'altra parte se ne sbatte altamente. Tutto quello che credi di sapere di me è sbagliato,Simone,perché è così lontano da quella che sono oggi che non lo immagini neanche"-.

Volevo davvero fosse così.

-"Parole,Ryla,sono solo parole"-. Un attimo dopo non avverto più la sua mano calda a contatto con il mio collo e va a controllare alcuni interruttori sulla parete.

Io? Io cerco in tutti i modi di far finta che non sia successo niente,di far finta che la sua presa non mi abbia destabilizzata,di far finta che il suo tocco sia esistito...di far finta di non star scappando da qualcosa che è esattamente dietro di me.

NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora