CAPITOLO 01

314 15 0
                                    

RYLAND

Il contenuto della email che avevo aperto circa cinque minuti fa,sul mio laptop,era uno che mai avrei voluto ricevere.

C'era scritto chiaramente cosa,quella persona,si aspettasse da me,era sottinteso chiaramente che non avrebbe più tollerato il mio comportamento...anche se non me lo avrebbe mai detto perche quella persona era una tra le più buone del mondo.

Quella persona era stata la prima a credere in me anche quando sbagliavo,era stata la prima ad abbracciarmi e a confortarmi quando mi facevo male,nonostante mi avesse già avvisato prima di non fare quello che la mia testa voleva che facessi perché il risultato sarebbe stato quello,farmi male.

Quella persona è mio padre.

Avevo rifiutato tutte le chiamate al telefono che mi aveva fatto,avevo ignorato tutti i messaggi che si ostinava ancora a mandarmi.

Ero convinta che se avessi anche ignorato le sue email avrebbe continuato con qualche piccione viaggiatore o nelle ipotesi più estreme si sarebbe presentato qui,a Salem,alla porta di mia nonna e mi avrebbe convinto a tornare solo guardandomi negli occhi.

Le mie labbra si tendono in un leggero sorriso.

Perché mio padre aveva questa capacità,riusciva a farmi diventare la persona più malleabile del pianeta,come quei metalli che a caldo o a freddo riuscivano a trasformarsi in fili metallici o in lamine sottili grazie alla duttilità.

Paragonarmi ad un metallo significava ammettere due cose: la prima era che avevo una bassa "durezza", la seconda era che avevo una bassa resistenza alle diverse trazioni.

Infondo,non lo avevo sempre saputo?

Era una delle tante ragioni che mi avevano condotto lontano ore da casa mia,dal Missouri

A quei ricordi,la mia mascella si tende e potevo sentire benissimo i miei denti scricchiolare.
Con lo sguardo mi soffermo sulla finestra del salotto di nonna.

Salem mi piaceva,mi piaceva viverci e mi piaceva passeggiare per le strade quando il tempo dell oceano lo permetteva,in inverno le temperature potevano arrivare anche ad un solo grado e i denti sbattevano per forze maggiori.

Salem,capitale dell Oregon,prende il suo nome dall ebraico e dall arabo e letteralmente significa pace,luogo in cui riposarsi.

Buffo come in un periodo come quello che stavo vivendo,la pace era l'unica cosa che volevo...e l'avevo anche trovata fino ad adesso.

Salem aveva anche un soprannome,veniva chiamata cherry city,città delle ciliegie,grazie all importanza della produzione locale di queste ultime. Oltre ad essere più grandi della norma,erano anche buonissime e non potevo farne a meno da quando le avevo provate.

Con ancora la mente confusa,mi alzo dal divano e prendo il mio cellulare posato li accanto per metterlo nel retro dei miei jeans.

-"Nonna torno tra cinque minuti"-. Quando le mie spalle entrano nel giubbotto vedo arrivare mia nonna dalla cucina.

La nonna era tutto per me e quando ero arrivata alla sua porta con due valigie in mano,mi aveva abbracciata e non mi aveva chiesto niente. Era la persona meno invadente che conoscessi,sapeva che poi alla fine le avrei parlato io...e così avevo fatto.

-"Non tardare,sto preparando la teglia con il riso al forno,il tuo preferito"-.

Mi sorride dolcemente e io non posso che seguirla. Anche lei aveva capito che stava per cambiare qualcosa,anche lei aveva capito che l'aria di tempesta da cui ero fuggita...era ritornata.

-"Non posso perdermelo"-. Le schiaccio un occhiolino e chiudo la porta dietro di me.

Quando sono fuori inspiro così profondamente che l'aria fredda sembra creare un iceberg nei miei polmoni.

Oggi era una di quelle giornate che ti permettevano di goderti una bella passeggiata senza morire troppo di freddo.

Non volevo andare via da qui,Salem è la città che in questi tre anni mi aveva fatta da madrina,aveva fatto in modo che io stessi bene qui,che non mi mancasse nulla...o quasi.

Quello che mi mancava era lontano kilometri da me e  mi stava raggiungendo piano piano,nel momento in cui sono partite le chiamate e i messaggi di mio padre.

Sapevo di aver tardato abbastanza,sapevo di dover tornare a casa ma era qualcosa a cui non volevo realmente credere.

Tornare significava ricordare e io non ero mai stata forte abbastanza da permettere ai ricordi di non distruggermi. Avevo promesso che non mi avrebbero fatto più male come prima...ma era tutto da vedere.

Ho lasciato tante cose a casa,ho lasciato una famiglia,ho lasciato degli amici,ho lasciato lui.
Scuoto la testa vigorosamente,no,proprio lui non dovrebbe mancarmi,lo avevo promesso. Per me lui non esisteva.

Alzo la testa in tempo per vedere un bambino venirmi quasi addosso mentre corre appresso alla sua palla.

Qui avevo anche trovato un lavoro,aiutavo nella tavola calda più rinomata della citta. Amavo aiutare Billy e tutto il personale che aveva,andarmene mi dispiaceva tantissimo.

Non era di certo il lavoro per cui avevo studiato,per cui avevo preso una laurea,però mi ero divertita parecchio.
Questo posto mi mancherà.

Con la consapevolezza di quello che avrei dovuto fare,prendo il telefono dalla tasca e chiamo mio padre.

Nonostante quella consapevolezza,le mie dita esitano diversi secondi prima di avviare la chiamata.

-"Ryland,cos..."-.

-"Ci sarò,papà "-.

Attacco dopo cinque secondi.

Se mio padre mi voleva lì,significava che aveva bisogno di me e io,anche se ero andata via per ragioni che adesso mi sembravano superficiali,dovevo andare.

I miei occhi guardano la strada che ho davanti,Salem mi aveva dato pace per tre anni e adesso era ora che quella pace doveva essermi utile per superare tutto quello che avevo lasciato a casa,essermi utile con lei,con lui,con tutti.

I miei occhi guardano la strada che ho davanti,Salem mi aveva dato pace per tre anni e adesso era ora che quella pace doveva essermi utile per superare tutto quello che avevo lasciato a casa,essermi utile con lei,con lui,con tutti

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora