CAPITOLO 45

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SIMONE

Credevo sarebbe andata via,una volta averle detto di andare a casa.
Credevo mi avrebbe ascoltato,ma lei era Ryland. Ciò significava che era venuta al mondo solo per fare il contrario di quello che le veniva richiesto e per essere così estremamente testarda.

Nonostante fossi incazzato ancora con lei e con quello che avevo visto,ero qui,a porgerle del gelato.

-"Sono le due del mattino e mi stai offrendo del gelato. La gente normale dorme a quest'ora"-.

-"Stai dicendo che non sono normale? Non hai mai creduto nella normalità,Ryland. Non credo tu stia iniziando adesso"-. Le passo il cucchiaino.
-"E poi,io a quest'ora starei dormendo davvero. Ma una matta infuriata si è presentata alla mia porta e non decide ad andar via"-.

Il sorriso iniziale che aveva,piano si dissolve.

-"Vuoi davvero che me ne vada?"-.

Una sorta di delusione le attraversa il viso e io sospiro lentamente. Ho detto un'altra cosa sbagliata. Ma non le rispondo,non potrei dirle di no. E non voglio neanche.
Decido di non guardarla e di sedermi su uno degli sgabelli.

-"Tuo padre è tornato?"-. Le chiedo e,per non guardare il petto,ingerisco una grossa cucchiaiata. Il gelo che stavo avvertendo in bocca era ineguagliabile.

-"Si. Almeno adesso non ci sarà più silenzio per la maggior parte del tempo"-. La sua lingua passa sull estremità dell utensile e io mi schiarisco la gola.
Cazzo se fa caldo.

-"Heiden si comporta ancora come se gli avessi ucciso il gatto?"-.

-"Diciamo che è ancora ferito dal mio comportamento"-.

-"Andrà meglio,gli passerà. Non c'è una persona più buona di tuo fratello"-.

Pensierosa,guarda la ciotola di ceramica nella sua mano. -"Lo credo anche io"-.

-"Non si staranno chiedendo perché non torni a casa?"-.

-"Ho avvisato di stare da Ariel,stasera"-. Mi guarda e in quello sguardo non vedo nessuna sfumatura di nero,nessuna sfumatura della sua furia iniziale.

Annuisco distrattamente. -"Sapevi ci sarebbe stato Kiam?"-.

-"Sapevo che una di queste sere lo avrei visto"-. Il pugno chiuso si appoggia sotto il mento e mi guarda in attesa.

-"Ti ha toccata"-.

-"Mi ha solo sfiorata"-. Ribatte. -"Qualè il problema?"-.

-"Posso toccarti solo io,Ryla. Te l'ho già detto"-.

Scuote la testa. -"Stai perdendo la testa se credi di avere qualche diritto sul mio corpo"-.

-"È colpa tua se sto perdendo la testa"-. Mi sentivo un animale in gabbia.

Volevo toccarla. Ne avevo bisogno. Ma non avrei mosso un dito senza il suo permesso,non avrei mosso un dito se non fosse stata lei la prima a cedere.

-"Non puoi dirmi questo,adesso"-. Il suo tono era ritornato affilato più di prima,la sua vena sul collo si stava ingrossando,le sue guance avevano una sfumatura rossastra e non riusciva a tenere a bada il tremore alla mano destra. Era incazzata davvero.
-"Quando sono tornata a casa,Simone,volevo solo una cosa. Volevo essere il più lontana possibile da te"-.

Queste parole fanno sempre male,ogni volta che le ascolto.
-"Perché,Ryla"-.

Ignora la mia domanda.

-"Volevo davvero non vederti più e non incontrare la tua faccia neanche per sbaglio. Volevo davvero cancellare tutto di te"-.

-"Perché,Ryla"-.

NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora