CAPITOLO 41

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SIMONE

Quando apro la porta della camera di Ariel,non sapevo mi sarei sentito di nuovo tranquillo nel vederla di nuovo qui con noi.

Era ritornata nella sua camera,quella che aveva a casa di nostra madre,quella in cui eravamo cresciuti.
Era intenta a sistemare le ultime cose che aveva portato dalla clinica e il suo sorriso stava illuminando tutt'intorno.

Finalmente era ritornata a sorridere e,speravo,a stare di nuovo bene.

Per anni aveva vissuto in quella stanza,per anni non aveva voluto ritornare nella sua casa,quella che la faceva sentire al sicuro,quella che la faceva sentire vulnerabile e cosciente di quello che le era capitato.

Mi aveva sempre maledetto ogni volta che le accennavo a ritornare a casa,quando le dicevo che la fisioterapia poteva farla anche qui,quando le dicevo che la mamma voleva la sua presenza a casa ma che non lo avrebbe mai ammesso,quando le dicevo che dovevamo andare avanti,quando le dicevo che avevamo già avuto giorni bui quindi peggio di quel momento non poteva mai andare. Mi aveva sempre maledetto perché diceva che non riuscivo a capire,che non riuscivo a capire il suo stato mentale.

Ma lo avevo capito perfettamente ed era proprio per quello che sapevo meglio di lei cosa avrebbe dovuto fare . E poi,un giorno,arriva una ragazza che è sempre stata al fianco di mia sorella,una sua amica,una ragazza con un carattere per niente facile e calmo che le dice chiaro e tondo che deve darsi una mossa.

E non so cosa sia successo,ma in quel momento,nella testa di mia sorella,si è accesa una lampadina. E finalmente aveva capito.

-"È bello vederti qui"-. Rammento,appoggiato alla porta della sua camera.

Una camera che sa di lei,che sa di Ariel e di tutto quello che le piace. Adorava la musica,per questo aveva una libreria piena di dischi in vinile. Li di fianco c'era anche un giradischi che era solita usare spesso. Le piaceva leggere,soprattutto i grandi classici e per ognuno di essi aveva le primissime edizioni. Una parete della sua camera era interamente ricoperta di fotografie con le sue amiche,con i suoi parenti,con i posti in cui era stata in giro per il mondo,con alcuni bambini con i quali aveva interagito maggiormente a lavoro,con Ryan.

-"È bello io ci sia"-. Risponde e il suo sguardo si appoggia su una foto con Ryan. Erano due ragazzini,in costume da bagno e occhialini,che facevano la lotta nella piscina di casa nostra.

-"Ricordo avevi vinto,quel giorno"-. Con la testa faccio un cenno alla foto e lei annuisce.

-"Si,anche se sono sicura mi abbia lasciata vincere"-.

-"Anche se fosse,ha comunque pagato pegno e ti ha fatto i compiti per una settimana. Con l'aggiunta di non doversi neanche lamentare"-.

-"Lo ha fatto,si"-. Con le dita sfiora la foto.
-"Secondo te sta bene?"-. La voce le scende notevolmente.

-"Lo sarà sicuramente. Lo sai,sorellina,Ryan era capace di far star bene qualsiasi persona incontrasse la sua strada. Era fantastico e continuerà ad essere così. Non si è mai preoccupato di quello che sarebbe potuto accadere alla sua vita,era sempre sereno. E non sarà cambiato per niente"-. Mi schiarisco la voce e mi avvicino.

-"Ancora mi domando se abbia fatto la scelta giusta,quella notte"-.

-"Ariel"-.

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