14 things pt 2

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Dopo essere tornati a casa Lele obbligò Tancredi a recuperare le sue cose e ad andare a casa sua.

Il nano, dal canto suo non ne era convinto; perchè dover lasciare casa sua per andare in quella di uno sconosciuto?

Perché il moro, fondamentalmente questo era: uno sconosciuto.

Uno sconosciuto che però gli stava facendo provare emozioni che mai nessuno gli aveva provocato, gli stava facendo battere il cuore, gli stava facendo assaggiare la felicità, anche nelle piccole cose più stupide.

Aveva quindi deciso di allargare il suo campo in fatto di fiducia, recuperare le sue cose personali, o almeno la maggiorparte, infilarle in una valigia e seguire Lele, che ormai felice della sua vittoria lo aspettava al tavolo della cucina

Si chiusero la porta alle spalle, Tancredi osservò bene tutta la casa prima di lasciarsela dietro. Probabilmente, non l'avrebbe più vista. Non da vivo.

Scesero le scale, Lele aiutò Tancredi a portare la sua piccola valigia. Vedeva quest'ultimo leggermente affaticato mentre si premeva una mano sul fianco e respirava quasi affannosamente;

Il riccio si odiò così tanto in quel momento

Sembrava andare tutto bene, c'era qualcuno che lo trattava da persona normale e non da malato, qualcuno che lo volesse bene. Ed invece il suo stupido rene doveva rovinare tutto, e decidere di dare una botta di dissenso proprio in quel momento.

Quasi si lasciò andare sul pianerottolo delle scale, se non fosse stato per Lele che lo prese a mo' di sposa portandolo nell'auto della mamma, che in quei giorni era diventata sua, in completo silenzio.

Nessuna parola, solamente silenzio.

Al moro non pesava, contrariamente a quello che pensava il più grande.

Gli piaceva toccare Tancredi, lo faceva sentire al sicuro. Non perse tempo a lasciargli un bacio sulla fronte non appena raggiunsero la macchina:

Lo poggiò sul seggiolino e ritornò su a prendere la valigia del suo amico velocemente

Appena ritornò, trovò un Tancredi stranamente dormiente, o almeno lo sperava

Ma Lele era un paranoico assurdo, motivo per cui poggiò un dito sotto al naso assicurandosi che egli respirasse. Non era pessimista, era solo preoccupato per lui.

Sorrise e si sedette al posto del guidatore, guidando per tornare a casa; rivolgendo di tanto in tanto qualche occhiata, e perchè nasconderlo? anche qualche carezza sulla fronte di Tancredi

Era abbastanza tardi quando tornarono a casa, ci avevano messo del tempo in più perchè Roma era veramente trafficata quella sera, e loro abitavano letteralmente a venti minuti di strada.

E no, non era un caso che Lele fosse sempre lì, in quel bar. La signora, Agnese, era sua zia e lo aveva cercato per darle una mano, lui aveva accettato, completamente estraneo al fatto che un nuovo ragazzo entrasse a far parte della sua vita.

Ma non potette fare altrimenti quando lo vide una volta piangere, guardando fuori da quella vetrata. Capì che il ragazzo al suo fianco era un piccolo esserino da difendere e proteggere.

Aveva parlato con i suoi amici più volte, i quali gli avevano ricordato il suo essere paranoico, dicendogli che magari quella era solo una giornata no. Ma Lele lo vedeva, vedeva come il riccio si sedeva a quel tavolo, spaesato, completamente solo. I suoi amici però non capivano, non lo avrebbero mai fatto, non prima di conoscerlo.

Appena arrivati a casa, Lele corse subito nella sua stanza non badando alla mamma che lo guardava confusa; poggiò il piccolo corpo dell'altro sul letto, togliendogli le scarpe ed imboccandogli le coperte.

Os TankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora