One hour

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Roma, 18/09/1962

È cosi strano il fatto che stia utilizzando la mia ultima ora di vita per scriverti. Sono pazzo, lo so. Ma dovevo togliermi il peso dal petto, devo dirtelo.

La prima cosa che ho pensato di te quando ti ho visto, è stata: disadattato.

Andiamo, piercing al naso?Sul serio?
Eri l'unico ad averlo nel paese, e ricordo mia madre dire alle mie sorelle di starti lontano, che non eri un buon partito.

Tutti parlavano di te, criticando il tuo piercing al naso, e all'orecchio.

A me invece incuriosivi, non capivo perchè tutti,per un buchetto al naso, dovessero fare così tanti casini.

Sai, una volta risi di te.

Ero al centro città con mio fratello, e tu eri lì. Proprio di fronte a me. Stavi mangiando un gelato, e forse per colpa del tuo amico, ti cadde tutto indosso.

Mi ricordo che mi guardasti male, lo ricordo eccome. Ma non potevo farci niente. Continuavo a ridere; così tanto da far comparire un leggero sorriso anche sul tuo volto.

La seconda volta che ti vidi, ti incontrai al supermercato. Dovevo prendere un sacchetto di patate, e per casualità della vita, tu volevi il mio stesso pacchetto.

Le nostre mani si sfiorarono, ed i nostri occhi si incrociarono.

E Dio, in quegli occhi ci ho visto il paradiso.

Mi lasciasti il sacchetto, e te ne andasti senza le tue patate.

Eri visibilmente scosso, e lo ero anch'io.

La terza volta che ti vidi, era a casa tua.

Tua sorella ci provava costantemente con me, ed io proprio non sapevo che fosse la tua, di sorella.

Mi sentii così in imbarazzo  sotto ai tuoi occhi: nudo, spoglio, sincero.

Non sapevo più mentire, tu mi guardavi e il monologo interiore che avevo preparato per convincere le persone, era sfumato.

Mia madre non mi accettava, mi chiamava abominio, e mio padre nemmeno mi guardava. Ero un fallimento per lui, un esperimento riuscito male, anzi malissimo.

Cosa potevo farci io però? Non credo di aver avuto scelta.

Sentii così per la prima volta il tuo nome.

Dolce, soave, trasparente.

Così come la tua risata, cristallina.

Molto probabilmente ti ho amato fin da subito. Dalla prima volta.

Dal tuo gelato, rigorosamente panna e pistacchio.

Cercavo di smetterla, cercavo di non impazzire come una ragazzina alla tua presenza. Di non arrossire sotto il tuo  sguardo, e di non imbarazzarmi al solo sentir la tua voce.

Ed invece, più cercavo di distanziarmi, e tu più mi attiravi verso di te.

Non ho smesso un solo momento di amarti, nemmeno quando ho sposato tua sorella.

L'unica cosa che volevo, e che voglio ora, sei tu. Sei sempre stato tu.

Vlevo solo amore, volevo esprimermi, sentirmi  per un attimo libero per non uccidermi.

Volevo essere il vento della California.

Volevo essere il tramonto nel deserto.

Volevo essere il proiettile di John Lennon.

Volevo essere il microfono di Malcolm X.

Volevo essere il blues di Chicago.

Volevo essere il Jazz di New Orleans.

Volevo essere la sabbia nel costume.

Volevo essere il sale nei capelli.

E Dio sa quante volte ho sognato di addormentarmi con la testa sulla tua schiena,  quante volte ho sognato di poter cancellare tutte le umiliazioni.

Volevo che ai tuoi occhi fossi qualcuno.

Ma ho ben presto capito di essere egoista, che tu magari non vuoi una vita di brutte occhiate, offese, ripudi, e tutte quelle cose che la nostra epoca è data darci.

Ed è per questo che sono andato via, non ho avuto il coraggio di parlarti. Nemmeno una volta.

Com'è fatta la tua voce? È acuta? Dolce? Roca?

Non lo saprò mai.

So solo che i tuoi occhi sono l'inferno e il paradiso, che la tua bocca è rosea ed invoglia a baciarla, la tua risata è cristallina, e la tua postura, è quella di un uomo serio, per bene.

Non avrei mai potuto macchiarti  con me.

Sono molto probabilmente un abominio, come dice mia madre. E tu non devi essere etichettato così. Per nulla al mondo.

Io ti ho amato così tanto da sentirmi bruciare le viscere, da piangere la sera finché non mi fossero finite le lacrime. Me la sono presa con me stesso, fino ad uccidermi dentro.

Scusa se non sono stato molto bravo nel spiegarmi, ma dicono che bisogna perdere una persona per ritrovarsi.

Io però, non ho perso una persona qualsiasi, ho perso l'amore della mia vita.

Sappi che ti ho amato, che ti amo e che ti amerò sempre.

E cazzo, se devo andare all'inferno per questo, che ben venga. Lo accetterò per te. Faccio di tutto, pur di non perdere te.

Se non è stato in questa vita, lo sarà sicuramente in un'altra.

Buon viaggio amore, ricordati di me.

Vivi per me, e ama per me.

Tuo per sempre, Emanuele.

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si, ho rubato una strofa dalla canzone di Luchè:  "il mio ricordo".

Vi invito a sentirla se ancora non l'avete fatto, non per niente è la mia canzone italiana preferita :)

spero vi sia piaciuta

vi amo <3

-sav🦋

Os TankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora