𝐋𝐈𝐈𝐈

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Mi svegliai e a fatica aprii gli occhi per colpa dei raggi del sole che entravano dalle fissure delle tende, sentii bussare alla porta della camera e mi accorsi che avevo riempito la lettera di lacrime.

Ritornaii al presente e mi alzai aprendo di poco la porta senza far intravedere nulla, "Scusa, non volevo svegliarti ma abbiamo preparato la colazione e..." lo vidi in difficoltà, "Grazie, la sveglia non è suonata, mi cambio e arrivo subito" senza essere scortese richiusi la porta e mi buttai sul letto fiondando la testa nel cuscino.

Il suo profumo nell'aria.
Nella sua felpa.
Nella fodera del cuscino.
Nella lettera.

No, Elle devi smettere di pensare a lui, non ti deve mancare e soprattutto non lo devi amare, lui sta cercando di dimenticarti e io devo fare lo stesso.

Mi rialzai facendomi forza, aprii la porta controllando che non c'era nessuno e andai verso il bagno.

Il mio riflesso allo specchio lasciava senza parole, chissà cosa avrà pensato Jonathan appena mi aveva visto. I due occhi rossi che avevo mi fissavano dritti nelle mie iridi azzurre che erano coperte di tristezza.

Aprii il rubinetto e con le mani a conca presi l'acqua e la gettai sul mio viso sperai così di cancellare i segni della stanchezza e della notte passata insonne.

La situazione non migliorò ma non potendo fare nulla mi asciugai la faccia e dopo aver preso un bel respiro andai verso le scale per scendere al piano terra.

"Buongiorno cara" disse subito la donna di casa mettendo in tavola dei cornetti caldi, "Buongiorno Elle" seguita dal marito e dal figlio.

"Buongiorno a tutti" mi guardarono perplessi, tranne Sharon che mostrò un bel sorriso, "Ho qualcosa in faccia? Oppure altro che non va?" domandai.

"No cara non preoccuparti sei bellissima" arrossii per il complimento e Jonathan mi spostò la sedia per farmi accomodare, lo ringraziai e iniziammo a fare colazione.

Dopo qualche minuto, mentre loro parlavano della partita che dovevano andare a fare quel pomeriggio, io non toccai cibo, prendendo solo un bicchiere di spremuta d'arancia e un biscotto solo per non destare sospetti.

Tenevo sempre lo sguardo nel piatto vuoto, anzi riempito dalle numerose briciole del biscotto non finito.
Spostai lo sguardo sul mio abbigliamento, capii solamente in quel momento il motivo degli sguardi di prima, avevo la felpa di Tom indosso, si poteva benissimo capire che era sua per la diversità di grandezza.

Mi sentii così in imbarazzo e poi mi domandai se Sharon l'avesse letta, no, impossibile, era sigilatta quella lettera ma qualcosa mi faceva pensare che già sapesse del contenuto anche senza sapere i dettagli di ciò che il figlio aveva scritto.

Persa nei miei pensieri, Peter e Jonathan si alzarono da tavola per andare a preparare l'occorrente per la partita di Golf, lasciandomi sola con Sharon.
Fu proprio lei a rompere il ghiaccio, "So che non stai bene, ti si legge negli occhi ma se non mangi qualcosa non avrai le energie per affrontare la giornata" disse lei ma non avevo il coraggio di guardarla, i miei occhi parlavano più delle mie parole.

Si alzò e si mise accanto a me, "Tesoro mio, non sai quanto mi dispiace vederti così, non posso dare ragione a mio figlio perché non ne ha ma non permettergli di farti questo, sei una donna forte e sono sicura che lo pensa anche lui" continuò stringendomi la mano.
La guardai sentendo gli occhi pizzicare, non volevo piangere di nuovo, sicuramente le avrei spezzato il cuore, non credo che sia un bene per lei vedermi in questo stato.

"Mi ha detto di dimenticarlo, ma come si può dimenticare la persona che ami, è come se perdessi una parte di me, non voglio che succeda, non posso restare ferma e guardare che tutto questo mi scappi via, non posso lasciare che accada" non avevo le forze per respingere le lacrime, così le lasciai scivolare sulle mie guance.

Si avvicinò con la mano per asciugarle e lasciò qualche carezza sul mio volto, "Non credo di essere così forte come dite voi, mi sento fragile, instabile, debole, tutto ciò che si può definire il contrario di ciò che in realtà pensate che io sia" continuai.

Prese il mio viso tra le mani, "Non dirlo mai più Elle, tutti abbiamo dei momenti di difficoltà nella vita e altri in cui ci sentiamo cadere a pezzi ma tu sei una donna piena di qualità, non ho mai parlato della tua fragilità o delle tue insicurezze, perché agli occhi degli altri non le mostri ma chi ti sta accanto le vede, chi ti conosce per ciò che sei davvero fino infondo riesce a capire la persona stupenda che sei" i suoi occhi come i miei erank pieni di lacrime.

"Non abbatterti per questo, troverai una soluzione a tutto ne sono certa, hai superato molte cose fin'ora che nemmeno posso immaginare quanto sia stato difficile, è solo un'altro ostacolo che devi affrontare, abbi coraggio e credi in ciò che sei" con i polpastrelli mi asciugò le ultime lacrime, si alzò e mi diede un bacio sulla fronte prima di andarsene in cucina lasciandomi sola.

Passò qualche ora nella quale rimasi seduta sulla poltrona nel grande giardino che avevano sul retro, immersa nella tranquillità, io, i miei pensieri e la piccola Willow che dormiva appoggiando il musetto sulle mie gambe.
Cercai di rilassare tutti i muscoli, anche la mente ma con scarsi risultati.

Pensai che non era il caso di rimanere ancora lì a lungo, ero già stata fin troppo tempo qui, dovevo fare un sacco di cose a casa tra cui iniziare a preparare la valigia per tornare in Italia.

Diedi qualche carezza a Willow per cercare di svegliarla, "Ti va di venire a casa con me?" abbaiò e ci alzammo dirigendoci verso l'interno, "Meglio che torno, forse Ashley arriverà tra qualche ora, inizio a preparare le valigie, porto con me Willow se non è un problema, così nel mentre mi fa compagnia" dissi avvicinandomi al divano dove era seduta Sharon.

"Grazie per avermi fatta restare qui, siete sempre così accoglienti con me" questa volta fermai ancor prima di poter pensare di commuovermi.

Mi abbracciò, "Non voglio ripeterti che fai parte della famiglia ormai, ma è così" uscii e andai verso il garage dove Peter aveva messo la macchina, li trovai entrambi intenti a lucidare le loro mazze da golf, "Aspetto qualche foto e che vinca il migliore, tifo per entrambi" lascio un occhiolino a Jonathan e salgo in macchina accompagnata dai loro saluti.

La cagnolina di mise sul sedile accanto al mio, alzai il volume della radio, connettendola al mio telefono e aprii Spotify, facendo partire la mia playlist.
Iniziai a guidare e cantare, abbassando i finestrini, Willow mise fuori il musetto e io la mano facendola ondeggiare nel vento a tempo di musica.

Arrivai a casa e Willow fece un salto uscendo dalla macchina e arrivando davanti la porta d'ingresso, la aprii e contenta iniziò a correre da tutte le parti.
"Ashley sei a casa?" non ricevetti risposta così cercai il telefono che stava dentro la borsa, guardai la lettera, la spostai mettendola sul tavolo, il più lontano possibile.

Appena lo trovai inviai un messaggio ad Ash, "Io sono a casa, se torni per pranzo dimmelo altrimenti ti aspetto oggi nel pomeriggio, magari iniziano a preparare le valigie se ti va, ti voglio bene, kiss".

Dopo qualche minuto passato a fissare ancora quella dannata busta bianca con macchie trasparenti di lacrime, mi rispose, "Non preoccuparti, resto ancora un po' con Noah, torno prima di cena, tu mangia mi raccomando.
Ottima idea, sei tu quella organizzata ma devi promettermi che faremo le cose con calma, a modo mio, altrimenti ne uscirò pazza con la tua troppa precisione e perfezione di qualunque cosa.
Anche io ti voglio bene, kiss kiss"

Sorrido, ricordando i bei momenti da ragazzine, quando lei era disordinata e io così ordinata da seguirla mettendo subito apposto il suo caos.
Io e lei.
Due opposti.
Due perfette complici.
Una sola anima.

"Ti Basta Sapere Che Ti Amo" ᴇᴍ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora