Così perdoni amore il tardo indugio
del mio cavallo, quando mi congedo.
Perché affrettarsi via dal tuo rifugio?
finché non torno a te, glielo concedo.
Allora, sì, l’indugio è dannazione,
quando una corsa folle è troppo lenta:
persino all’ippogrifo darei sprone,
parrebbe ferma l’ala che si avventa.
Non c’è morello svelto da bastarne,
se desiderio astratto d’amor vero
infuria in corsa e va, vìvida carne.
Amore, tu perdona il mio destriero:
al tuo congedo andava al trotto, lasso –
ora corro da te: lui segna il passo.
