Schiavo di te, che altro fa mestieri
che secondarti, come e quando brami?
Non ho minuti eletti ai miei voleri,
né devo nulla, finché tu non chiami;
né biasimo quei quando interminati
che, padrone a me stesso, scruto l’ora;
né impreco i morsi dell’assenza ingrati
dopo il congedo dalla mia signora;
né mi struggo così, gelosamente –
dove tu sei, che laccio ti possiede;
vile e servile sto, pensando a niente
se non quant’è beato chi ti vede. Tant’è folle l’amore, a giudicarlo;
di che tu faccia, non lo rode il tarlo.
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