Al suo tardo risveglio, Dante n'ovamente in un posto mai visto si ritrovò. A la ricerca del maestro suo co' lo sguardo andò, trovandolo di spalle poco più 'n là. Lo raggiunse in silenzio, fermandosi qualche passo più addietro. No' voleva distrarre la guida sua da quanto osservando stava. Decise quindi di fermarsi a contemplar anch'egli 'l paesaggio, se così poteva definirsi.
<<Caro, conoscenza hai ripreso>> proferì lo poeta romano co' voce calda, incontro andandogli. Le mani del più giovane afferrò, tra le sue stringendole amorevolmente. Ne li occhi lo guardò, assicurandosi che l'allievo suo sano e salvo fosse anche questa volta.
<<Ti senti bene?>> dimandò dal pacato tono, ma co' qualche sfumatura di preoccupazione. I loro sguardi ancor 'na volta si incrociaron: <<Sì maestro>> rispose, sentendo le sue gote farsi leggermente rosse. O forse fu di nuovo sua impressione.
Virgilio sorrise, lievemente sospirando, come se si fosse tolto un peso di dosso. Poi una sola mano del poeta lasciò andare, anche se co' poca convinzione. Il motivo no' riuscì a spiegarsi. Forse era solo preoccupazione pe' l'allievo suo che a compiere certi gesti lo portava. La mano di Dante strinse, tirandolo con sè qualche metro più avanti, invitandolo ad osservar lo luogo.
<<Benvenuto ne lo terzo girone, quello de li golosi>> pronunziò.
Li dannati pe' li peccati di gola giacevan prostrati da una pioggia scura, nera, a grandine e neve mista. Da Cerbero venivan dilaniati, un mustruoso can' a tre teste co' umane somiglianze. Publio incontro alla bestia decise di andar pe' placarla, ma da Dante fu fermato. Co' ambe le mani lo polso suo 'li ave'a afferrato, dall'avviarsi trattenendolo. 'l romano si voltò, arrossendo lievemente ma senza rendersene conto. Fu sorpreso da quella presa.
<<Non vada, maestro>> parlò Dante ne li occhi guardandolo. La stretta sua ben salda era, seppur dalla paura stesse tremando.
Virgilio lo guardò pe' qualche istante, le su' labbra schiudendo quasi a voler proferir parola, ma nulla fece. S'avvicinò alla figura de lo giovine, che a mollar la presa no' era intento, dinanzi a lui piazzandosi. La man sua sul viso del fiorentino posò, accarezzandogli una gota che subito color prese. Sorrise co' far rassicurante, pe' poi proferir parola: <<Attendi qui, in qualche istante farò ritorno>>.
Lentamente la presa fu allentata, a differenza de la mano sua che su lo viso de lo letterato a permaner continuava. Di quel contatto entrambi si stavan beando, ma la loro ingenuità di capir no' li permise quello che lentamente stava nascendo. La man a rilento ritrasse, seppur a malincuore, pe' dalla bestia andare. Placarla fu abbastanza semplice al poeta romano: bastò una manciata di terra come pasto darle. Nel frattempo un dannato 'n piedi si mise, l'attenzione de lo fiorentino attirando.
<<Mi chiam Ciacco, son fiorentino anch'io>> disse semplicemente.
Dante li si avvicinò con cautela, e delle domande sul futuro della città a porgli iniziò. 'li chiese qual era la situazion in quel momento nella povera Firenze, qual eran le cause di discordia che a uno scontro ave'an portato, e ancora, e ancora, e ancora. Nessun quesito di risposta fu privato. Ciacco fece una profezia: li guelfi bianchi avrebbero trionfato, seguiti poi da una più duratur vittoria dalla nera parte. 'l dannato a esprimer un sever giudizio sulla condizione morale della città si trovò, indicando l'origine de le contese ne li vizi. Dopo aver annunciato lo destino ultramondano de eminenti personaggi de Firenze, Ciacco a terra ricadde.
Virgilio nel frattempo di ritorno era, e una parte de discorso de li due ave'a udito. All'amico s'accostò: <<Son di ritorno>> sorrise. Ripresero lo viaggio parlando de la sorte de li dannati dopo 'l Giudizio Universal', fin quando su lo ciglio de lo quarto girone arrivaron.
Pluto li attendeva.
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𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸
Фанфик{𝑫𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒙 𝑽𝒊𝒓𝒈𝒊𝒍𝒊𝒐} 𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡'𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜 𝑙𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑑𝑒 𝑙𝑜 𝑝𝑜𝑒𝑡𝑎 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑚𝑎𝑛𝑖 𝑠𝑢𝑒, 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑐𝑖𝑛𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑜𝑖 '𝑙 𝑠𝑢𝑜. 𝑃𝑢𝑏𝑙𝑖𝑜 𝑓𝑒𝑐𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜. 𝑆𝑖 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎�...