Prima di risalir da la settima bolgia, Dante un'invettiva contro Firenze decise di pronunziar, rimproverandole la cattiva fama che la contraddistingueva ne lo mondo. Dopo tutto quel che li dannati ne lo corso de lo viaggio suo li ave'an riferito, ormai ne ave'a abbastanza dei suoi cittadini.
Da lo ponte dell'ottava bolgia, in cui scontavan la propria pena i consiglieri di frode, lo giovine fiorentino vide un'immensa distesa di lingue di fuoco brulicante. Ognuna d'esse avvolge'a e nasconde'a l'anima d'un dannato. Camminaron molto lentamente, a tal punto che l'attenzion di Dante si soffermò su una delle tante: una fiamma che avanzava in due divisa su la parte superior.
<<Maestro, cosa è mai quella piccola lingua 'nfuocata biforcuta?>>
<<Dinanzi a Ulisse e Diomede ci trovam. Essi furon puniti assieme pe' gli innumerevoli orditi inganni, tra cui quello perpetrato a li danni de li Troiani, col famoso caval di legno>> gli spiegò sempre con quel suo tono gentile e composto.
<<La prego maestro! Con loro deseo parlar!>> parlò dall'eccitato tono, con li occhi che brillavan, da cui era chiaramene visibile una curiosità quasi infantile. Prese le mani del la guida sua stringendole tra le sue: <<La prego!>> ripetè implorante.
Il romano una risatina si lasciò sfuggir: <<Certamente>>. 'l momento favorevole decise di attendere, pe' poi rivolgersi a la fantomatica biforcuta fiamma, chiedendo di raccontar la loro fine. Marone fece segno all'allievo suo di avvicinarsi, senza paura, e il più giovine così fece.
La maggiore punta de la fiamma, che l'anima di Ulisse racchiude'a, narrò che, dopo la partenza dalla terra di Circe, né la dolcezza pe' lo figlio né la pietà pe' lo padre, né l'amore pe' la moglie riuscirono a vincere 'l desiderio suo di conoscere 'l mondo e 'li uomini. Salpò allora co' un piccolo ma fedele equipaggio. Viaggiò pe' il Mediterraneo e giunse fino alle Colonne d'Ercole, il confine oltre lo qual l'uomo no' dove'a spingersi.
Alighieri co' molta attenzione ascoltò lo racconto de l'eroe caduto, ne' mentre Virgilio, che tutto in realtà già sapeva, sembrava esser molto più interessato a osservar il luccichio ne li occhi de lo fiorentino. Osservò ogni minima reazione, ogni minima espressione che egli assumeva, ritrovandosi a sorridere senza neppur accorgersene. Ormai era proprio andato.
Ulisse raccontò che volle però proseguire esortando li compagni s'oi, rivolgendo la prua verso occidente, oltre le Colonne d'Ercole. Dopo cinque mesi de navigazione, avvistò la montagna del Purgatorio. L'equipaggio si rallegrò, ma presto l'allegria se convertì in pianto, perché de la montagna ebbe origine un vortice che, dopo aver fatto girare la nave su se stessa pe' tre volte, la fece inabissare, e il mare vi si richiuse sopra. Inutil dire che moriron tutti.
Così terminò la storia de l'eroe, che pe' la troppa curiosità, dovette rimetterci la vita. Sul viso di Dante solcarono alcune lacrime salate, che Virgilio prontamente asciugò. Quel giovine poeta aveva un cuore troppo grande e un animo troppo gentile pe' poter sopportar quel dolore, e al romano il cuor 'li si stringeva ogne volta che lo vedeva rammaricarsi.
In un abbraccio lo strinse, questa volta senza nulla dir'li. Solo la mano 'li prese, posandola sul suo cuore, quasi a voler dire: <<Sono qui, no' piangere>>.
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𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸
Fanfic{𝑫𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒙 𝑽𝒊𝒓𝒈𝒊𝒍𝒊𝒐} 𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡'𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜 𝑙𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑑𝑒 𝑙𝑜 𝑝𝑜𝑒𝑡𝑎 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑚𝑎𝑛𝑖 𝑠𝑢𝑒, 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑐𝑖𝑛𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑜𝑖 '𝑙 𝑠𝑢𝑜. 𝑃𝑢𝑏𝑙𝑖𝑜 𝑓𝑒𝑐𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜. 𝑆𝑖 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎�...