𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐗𝐈𝐕

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Lo evidente turbamento de Virgilio pe' l'inganno di Malacoda, lasciò sbigottito 'l giovine, che tutto si sarebbe aspettato fuorché questa situazione. Tuttavia, no' molto passò da quando quest'ultimo si rinfrancò no' appena giunto fu ai piedi del ponte franato, grazie anche alla sua guida amata, che amabilmente a parlargli tornò come se nulla fosse accaduto.

Dopo aver ragionato attentamente su' da farsi, lo romano Dante afferrò co' salda presa pe' la vita, sollevandolo.

<<M-Maestro?!>> dimandò preso alla sprovvista. In cambio un caloroso sorriso ricevette quando incontrò li occhi cerulei de l'amato suo.

<<Ti fidi di me?>> chiese 'l più grande ancora tenendolo sollevato in alto, ricevendo un sicuro annuire dall'altra parte. <<Bene>>. Co' una spinta decisa lo sollevò ancor di più facendolo posar' sopra 'n sasso sporgente, invitandolo a verificarne la stabilità e la solidità.

<<Allora, ti sei assicurato che reggeranno anche 'li altri ronchioni rocciosi?>> dimandò Publio osservando attentamente che 'l fiorentino no facesse un passo falso.

<<Sì maestro, sembran regger>>.

<<Allora andiamo, mio caro>>.

Inutil nasconder che la salita che dovetter fare pe' proseguire fu difficil assai. No' a caso una volta la vett raggiunta (ovvero l'orlo de la settima bolgia), Dante trovò un luogo dove poter accasciarsi sfinito. Virgilio, però, ad alzarsi lo esortò, anticipandogli che di ben altro impegno sarebbe stata la salita che portava a lo Purgatorio.

<<In piedi mio caro, lo viaggio è ancora lungo>> parlò gentile Publio, una mano su la spalla d'Alighieri posando. Quest'ultimo un sospiro di stanchezza si lasciò sfuggire, pe' poi alzarse. <<Va bene, mio maestro>> sorrise lievemente.

Così si incamminano sull'alto ponte de pietra che la settima bolgia sovrastava, luogo di pena de li ladri. Dante in direzion de l'amato suo si volse, dimandando di poter scendere a veder le anime 'n pena. Così fecer, ma a li occhi de li due poeti, una scena terribile si presentò.

Tanti serpenti tormentavan li dannati, impossibilitati a trovar riparo. Uno di questi alla gola venne morso, pe' poi subito arder. Divenuto cenere, dopo qualche attimo si ricompose ancor 'na volta le sue fattezze riprendendo, pronto a sopportar n'ovo supplizio. Si trattava de lo ladro pistoiese Vanni Fucci, soprannominato "bestia", lo qual, accortosi de la presenza de Dante, da la rabbia e vergogna arrossì pe esser stato riconosciuto 'n quel luogo di pena.

Vol quindi vendicarsi, confessando d'esser stato l'autore del furto nella sagrestia de la chiesa di San Jacopo a Pistoia, per il quale fu condannato un innocente. 'li predisse anche che presto li Bianchi de Firenze sarebber stati cacciati de la città ad opera de li Neri, così come a li Bianchi de Pistoia; confessando'li infine, senza ritegno, di aver'li detto questo pe' dolore arrecar'li.

Lo povero fiorentino, un forte dolor a lo petto sentì a causa di quelle parole così orribili, ma questa volta le lacrime trattenne, pe' poi semplicemente voltarsi e proseguir 'n silenzio, seguito da Virgilio, che pe' confortarlo la sua mano pigliò intrecciando le dita loro.

𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora