𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐕𝐈𝐈

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Da quel momento così intimo si ripreser, tornando alla normalità. Virgilio a lo allievo suo spiegò che Gerione era lo custode de lo terzo girone.

<<Questo lo luogo de li violenti nell'arte è, ovvero li usurai, seduttori e adulatori>> spiegò mentre co' un dito li indicava. <<I primi siedono al limite de lo deserto, presso l'abisso, co' al collo delle borse lo stemma de la loro famiglia recanti>> continuò.

<<A breve torno>> lo rassicurò prima che lo giovane dalla preoccupazione si facesse prendere. Un bacio a lo lato de le labbra di Dante lo romano posò, avviandosi poi.

Alighieri rimase solo, ad aspettar che la guida sua tornasse indietro. De la solitudine approfittò pe' riflettere: "Per qual motivo, da quando questo viaggio ho iniziato, ne la mente mia non c'è più quella donna che tanto amai? Smarrendo n'ovamente la via sto? Lo cuor mio no' comprendo più... che sbagliando mi stessi su li sentimenti pe' Beatrice?"

Interrotto fu da lo ritorno di Publio, che 'n groppa a Gerione era salito. Li occhi strabuzzò pe' lo stupor: <<M-Maestro? Che fate lì sopra?!>>

Una mano l'antico poeta gli tese, cenno di salir su facendogli: <<Ora devi essere forte e coraggioso. D'ora in poi dovremo scender co' mezzi di questo tipo, davanti sali perché io nel mezzo voglio stare, in modo che la coda nuocerti no' possa>>.

Come chi dentro di sè lo brivido de la quartana febbre avverte, che ha già le unghie e tutto trema anche solo uno luogo ombreggiato a guardare, Dante così divenne dinanzi a le parole da Virgilio rivolte'li. E la vergogna che davanti al signor coraggioso rende anche li servi coraggiosi, la paura sua vinse.

Su le spalle di quella creatura infernale si sistemò. In verità voluto avrebbe dire "Fa che tu m'abbracce", ma la voce come credeva, in verità uscita no era. Ma lo maestro, che 'n altre occasioni soccorso l'aveva, dinanzi ad un'altra incertezza, appena montò co' le braccia lo cinse, dandogli sostegno.

Dante ad arrossire si trovò, nonostante abbracciati chissà quante volte altre s'eran già. Virgilio di più a sè lo strinse, di cader impedendogli, poi a la bestia di partir ordinò, facendo lenti e larghi giri. Lo fiorentino stabile da sè tentò di mantenersi, pe' no' stancar le braccia de lo maestro suo, ma effetto opposto ottenne. Lo romano a sè lo tirò, lo torace co' la schiena de lo più giovane facendo aderire, in una salda stretta stringendolo.

<<Rilassati>> lo rassicurò, lo capo su la spalla sua facendo posare.

<<Ti reggo io>> sussurrò su l'orecchio suo, pe' poi lievemente mordicchiarne lo lobo.
Lentamente le labbra lungo lo collo de lo poeta di rosso vestito fece scivolare, umidi baci lasciando.

Dante lievemente iniziò a sospirare, lasciando che Virgilio facesse quel che stava facendo, qualunque cosa fosse. L'occhi entrambi chiusero, beandosi di quel contatto.

<<Virgilio...>> impercettibilmente ansimò, una mano su lo capo de lo poeta posando pe' premere le labbra su lo collo suo.

<<Dante... io...>> disse lievissimamente, dei baci leggermente bagnati continuando a lasciare su tutta la gola de lo fiorentino, e una mano da la vita a lo petto del giovine spostando. A scambiarsi tutte quelle cure continuaron, nel mentre quell'orribile creatura verso la prossima destinazione continuava a condurli.

Nessuno de li due le frasi addietro iniziate a termine portaron. La loro mente n'ovamente annebbiata era, tanto che a nulla riusciron a pensare, se non a carezze e baci scambiarsi.

𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora