𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐗𝐗𝐈

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L'aria era d'un chiarore incerto e no' consentiva di veder co' nitidezza. D'un tratto s'udì un forte suon di corno, e a Dante parve di vedere numerose alte torri 'n lontananza. Chiese quindi a Virgilio di qual città si trattasse, ma questi 'li chiarì che si trattava 'n realtà di giganti che, posti nel pozzo infernale, fuoriuscivan da l'ombelico in su.

Man mano che passo dopo passo percorrevan la via, Dante si sentì pervadere da la paura, ma pe' fortuna ci fu l'illustre poeta da li biondi capelli a cingerlo co' un braccio e a sé stringerlo. Giunsero infine a scorgere Nembrot, l'ideatore de la torre di Babele, lo qual, incapace di comprender qualsiasi lingua e di esser compreso da alcuno, a la vista de li due poeti, parole senza senso iniziò a urlare.

Tutto 'n lui era mostruosamente enorme, proporzionato alla misura spropositata de la faccia, mentre l'altezza, da la vita in su, misurava più di sette metri. 'l fiorentino si ritrovò ad affermar che bene ave'a fatto la natura a no' permetter più la nascita di esseri umani di così immense dimensioni, perché questi, associando la forza all'arma de la ragione, avrebbero rappresentato un pericolo costante pe' l'umanità.

Virgilio si trovò a concordar co' egli, poi s'allontanò un attimo 'n modo da poter rimproverare Nembrot pe' lo suo ingiustificato gridar. Dante fu invitato a proseguire lo cammino dal poeta, il qual un bacio su una gota 'li diede. Incontrarono poi un altro gigante, più grande e feroce: si trattava di Fialte che, pe' aver osato sfidare Giove, si trovava 'ncatenato in maniera da no' poter muovere le braccia.

<<Maestro, è forse possibile vedere codesta creatura da più vicino?>> dimandò guardandolo.

<<Mi spiace, mio giovine, ma come veder puoi, è troppo distante da noi>> rispose sorridendo gentilmente e 'n braccio attorno a la vita avvolgendo'li, tirandolo a sé.

'l giovine le mani su lo petto 'li posò, carezzandone la parte scoperta mentre sorrideva e si specchiava ne li occhi de l'amato suo. Si scambiarono un tenero bacio su le labbra, le loro lingue facendo sfiorare. Poi Publio lungo la mandibola scese, riempiendola d'attenzioni fino a giunger su lo collo, ove un lieve morso diede. Dante leggermente gemette, pe' poi ridere.

<<Maestro, forse è meglio proseguire>> lo esortò l'allievo, anche se entrambi sapevan che quelle particolari premure no' dispiacevan.

Giunti al cospetto di Anteo, Virgilio lo pregò di calarli giù 'n basso, nel nono cerchio, quello del Cocito gelato. Anteo, senza pensacce du' volte, distese subito le mani innanzi, afferrando Virgilio e Dante, che restò abbracciato a la sua guida pe' la paura.

Ma necessario no' fu, perché Anteo, una volta chinatosi, posò lievemente li due poeti sul fondo infernale. 

𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora