Correva l'anno 1300, quando 'l giovine poeta fiorentino, alla sola età di trentacinque anni 'n una selva oscura parve essersi smarrito. L'orientamento ave'a perso, e tal avvenimento ad uno smarrimento spirituale nel peccato lo condusse, donde dinanzi a sè, tre bestie si ritrovò. Una lonza, simbolo della lussuria, un leone, all'insegna della superbia, e una lupa, stante per l'avarizia; ostacolavano il suo cammino.
Rimase immobile pe' alcuni istanti, no' sapendo cosa fare. Pensò al fatto che ancor non si spiegava come giunto fosse lì, e ciò che ancor più lo rendeva pensieroso era la presenza di quelle belve dinanzi ai suoi occhi... fino all'udire un lieve fruscio tra le fronde de li alberi.
Pietrificato sul posto continuò a rimanere, fin quando quel fruscio lieve in precedenza sentito non si trasformò in passi.Da dietro un enorme albero, che la vista de l'orizzonte oscurava, ne uscì una figura. Questa non proferì parola, né tantomeno si curò di guardar l'ambiente intorno. Solo un impassibile sguardo a le bestie gettò, facendole allontanare con la coda tra le gambe.
Successivamente si voltò verso Alighieri, che co' occhi stupiti tutto 'l tempo lo ave'a fissato.<<Maestro Virgilio!>> disse il fiorentino. La figura del suo maestro amato ave'a riconosciuto, seppur suo maestro in realtà mai fu perché 'n secoli ben lontani lo destino ave'a deciso di farli nascere.
<<Chi siete?>> rispose l'uomo a quella tanto bizzarra esclamazione che si era sentito rivolgere. No' conosce'a quell'individuo.
<<Dante è il mio nome, Alighieri il mio cognome. Provengo dalla rinomata città toscana di Firenze ed esercito la profession di poeta>> pronunziò le sue mani congiungendo per l'emozione, <<Lei è l'illustrissimo poeta latino Publio Virgilio Marone, è così?>>.
<<Sì, son io Virgilio>>. Con cautela incontro al più giovine si diresse, fino a raggiungerlo. Lo osservò, un gentil sorriso rivolgendogli, quasi a dire "lieto di fare la tua conoscenza". <<Son stato chiamato da un'angelica donna, il suo nom Beatrice era, pe' venir qui in tuo soccorso. M'han detto che la diritta via hai smarrito>>.
Il poeta di rosso vestito, li occhi spalancò all'udir il nome della sua amata. Ma ancor più sorpreso fu nel veder quell'uomo. Rimase immobile ad ascoltarlo parlare, nel mentre li occhi da la sua figura non riusciva a distogliere. Di poco in altezza veniva superato. Una lunga, candida bianca veste aderiva al corpo di costui, lasciando scoperta una sua spalla, da poi una gran parte del petto seguita. Biondi e lunghi eran li riccioli che incorniciavan 'l volto suo, e 'l capo incoronato era d'alloro. Di un color tanto profondo quanto affascinante i suoi occhi, e labbra nè troppo carnose, nè troppo sottili erano piegate nell'accennare ancora quel gentil sorriso. Sembrava una divinità greca, nonostante egli avesse provenienze no' molto lontane da quelle del fiorentino.
<<Ti condurrò in viaggio attraverso 'li Inferi e 'l Purgatorio, fino alle porte del Paradiso. La tua guida sarò fino al Regno de li Cieli, e ti mostrerò tutto quel che può esser visto da 'li occhi tuoi, giovine poeta>> asserì l'antico letterato.
Dante tentò di non scomporsi, ma l'euforia ne li occhi suoi era visibile: brillavan come stelle. No' proferì parola, tanto era lo stupore che le parole in gola 'li moriron. Ancora non credeva di poter aver incontrato Virgilio dal vivo, sebbene quella fosse solo la sua anima.
<<Andiamo, mettiamoci già in cammino>> annunciò il romano porgendogli una sua mano, in segno di invito.
Dante mosse alcuni passi, accostandosi al fianco del suo maestro, al quale sempre particolar interesse nei suoi studi gli ave'a donato. Sorrise anch'egli ricambiando finalmente il sorriso del più grande, che dal suo volto mai era sparito.
<<Son' pronto>> disse, per poi insieme incamminarsi.
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𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸
Fanfiction{𝑫𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒙 𝑽𝒊𝒓𝒈𝒊𝒍𝒊𝒐} 𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡'𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜 𝑙𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑑𝑒 𝑙𝑜 𝑝𝑜𝑒𝑡𝑎 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑚𝑎𝑛𝑖 𝑠𝑢𝑒, 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑐𝑖𝑛𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑜𝑖 '𝑙 𝑠𝑢𝑜. 𝑃𝑢𝑏𝑙𝑖𝑜 𝑓𝑒𝑐𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜. 𝑆𝑖 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎�...