𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐕𝐈𝐈

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A lo accesso de lo quarto cerchio giunsero, quello de li avari e prodighi, condannati a spinger pesanti macigni co' lo petto. Custodito da lo demone chiamato Pluto era questo, dio greco della ricchezza.

Dante co' occhi incuriositi li osservava. Sembrava stesse abituandosi a veder simili disgrazie, così orrende, così spaventose. Ma forse la cosa che più lo spaventava era 'l fatto che la consuetudine ci stesse facendo.

<<Vieni con me, figliuolo>> lo invitò Virgilio, notando che fin da troppo tempo quelle anime spinger macigni Dante stava a osservare. A una sorta di realtà quest'ultimo fu riportato. Li occhi rivolse al maestro suo, incamminandosi nella direzione che 'li era stata indicata.

D'un tratto si fermaron. Publio su' mano allungò in direzion di quella di Dante. Senza pensarci la afferrò, stringendola. Verso di lui si voltò n'ovamente, avvicinandosi pe' parlargli.

<<Mio caro poeta. Quel che ora di questo girone hai visto, no' è tutto. Sto per guidarti alla Palude dello Stige, onde risiedono altri dannati>> asserì cercan di capire lo sguardo de lo poeta e le su' emozioni. 'l più giovine di più la man 'li strinse, conforto cercando. Li occhi a destra e manca moveva nervosamente, mentre lo labbro si torturava.

Marone s'accorse che di nuovo l'insicurezza stava pe' sopraffarlo. Lo viso suo afferrò tra le su' mani, senza rifletter un istante, carezzandolo. <<Amico mio, cosa turba l'animo tuo?>> dimandò a quell'uomo tanto fragile quanto delicato.

Parola non fu detta, ma una lacrima fu versata dal poeta 'n rosso. Lo cuor di Virgilio un battito perse nel veder quella lacrima solitaria solcar lo volto del fiorentino. Altre lacrime in seguito sceser. L'antico verseggiatore un dolor a lo petto sentì crescer sempre più. Veder l'allievo suo in quelle condizioni qualcosa 'li smosse al suo interno. Quelle calde lacrime asciugò co' le dita, invitandolo poi ad alzar lo sguardo.

<<Guardami Dante>> quasi lo supplicò. Quest'ultimo così fece, incontrando li occhi de la guida sua. Vide l'uomo dai biondi capelli avvicinarsi, posando la fronte sua su quella del più piccolo, co' li biondi e morbidi riccioli solleticandolo. Ad accarezzar'li le gote continuò. Lo cuor d'Alighieri iniziò a batter davvero forte, insieme a quello di Virgilio. Ma loro no' lo sapevan, nè sentirli battere all'unisono poteron.

<<Un uomo dall'animo grande e raffinato sei. Non creder che l'umanità tu abbia perso sol perchè sei convinto di l'abitudine star facendo>> disse senza staccar li occhi soi da quelli del poeta. Parve star meglio. Le lacrime di scorrere ave'an smesso e Publio si sentì sollevato. <<Credimi>> proferì a voce più bassa, quasi sussurrata.

Il fiorentino un sorriso accennò, lascian capire che ora stava meglio. Pochi istanti successivi, si ricomposero lentamente, pronti a riprender lo viaggio loro. <<Grazie, maestro mio>> mormorò Alighieri. Virgilio sorrise, involontariamente.

Poco tempo più tardi, la Palude dello Stige raggiunsero, ove li iracondi si percuotevan e mordevan tra di loro, e li accidiosi sotto la superficie giacevan.

Quale spietatezza.

𝑬 𝑻'𝑨𝒎𝒆𝒓𝒐̀ 𝑷𝒆' 𝑺𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 || 𝓭𝓪𝓷𝓽𝓲𝓵𝓲𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora