Sotto il peso di tutte quelle scartoffie cercai di non mostrare segni di eventuali ripensamenti.
La signora Holland mi fornì una serie di istruzioni, dettagli minuziosi che avrebbero dovuto guidare il mio ruolo.
-Il giardiniere verrà due volte a settimana, poterà le piante e le annaffierà ogni giorno.- Mi spiegò lei una volta uscite all'esterno, con un cenno della testa mi indicò l'interno della struttura.
-E ci saranno delle signore che si occuperanno della pulizia.- Aggiunse, delegando un compito che mi avrebbe sollevato dall'onere dei dettagli domestici.
-Leggi i documenti questa sera, insieme agli altri.- Mi raccomandò, una richiesta che portava con sé l'aspettativa di una preparazione accurata.
-Ricordati di evitare, se non per condurlo da qualche parte, qualsiasi forma di contatto fisico, lo odia.- Aggiunse, riaffermando un fatto che già avevo notato di persona.
-Inoltre spero tu sappia di non avere giorni liberi.- Annuii purtroppo perfettamente consapevole di quel fatto.
Bussai alla sua porta prima di entrare.
Non ci fu nessuna voce che mi disse avanti, ma nemmeno una che mi ordinò di rimanere fuori perciò entrai nella stanza.
La sua figura era stesa nel letto, gli occhi chiusi e il respiro profondo.
Dormiva.
Lo osservai in silenzio per un momento, il suo volto tranquillo nel sonno sembrava trasmettere una dolcezza innocente.
Avvicinandomi posai il vassoio di cibo sul suo comodino, ma quando una mano mi afferrò il braccio per un pelo non rovesciai tutto.
Mi sfuggì un urletto.
Non stava dormendo affatto.
La sua testa era girata verso di me, occhi socchiusi e una mano che teneva saldo il mio braccio.
-Ehm... signor Hale?- Sperai capisse che desideravo che mi lasciasse andare.
-Cosa ci fai qui?- Bisbigliò con voce impastata.
-Le ho portato qualcosa da mangiare.- Risposi, gettando un'occhiata al vassoio che avevo appena salvato dalla caduta.
-Non ho fame.- Ribatté, con un tono che lasciava intendere che avrebbe preferito non essere disturbato.
-Non ha mangiato nemmeno questa mattina.- Insistetti, cercando di rimanere ferma.
La sua stretta si allentò, la sua mano cadde a peso morto tra le lenzuola.
-Vattene.- Ordinò, voltando il capo dall'altra parte come se volesse chiudere il mondo fuori.
Mi sedetti sul bordo del materasso e presi il vassoio che poggiai sulle mie gambe.
-Sei sorda? Lasciami dormire.-
-Si metta a sedere e mangi.- Gli ordinai, cercando di far valere il mio ruolo.
Non potevo lasciarlo vincere su ogni fronte.
Lui corrugò la fronte e la piccola cicatrice al fianco del suo occhio si increspò.
-Chi sei tu per darmi ordini?-
-Quella che lei stesso ha assunto come sostituta della signora Holland.- Risposi con una certa rassegnazione nella mia voce.
Era difficile argomentare con qualcuno che si rifiutava di vedere il suo stesso bisogno di aiuto.
Girò la testa dall'altra parte come un bambino capriccioso.
Abbassai lo sguardo pensando all'espressione affranta di quella povera donna quella mattina.
-Perché non vuole vederla?- Chiesi senza ricevere risposta.
Non sembrava intenzionato a mangiare e nemmeno ad avere una conversazione con me, c'era poco da fare.
-Si sta comportando come un bambino viziato.- Cominciai a dirgli alzandomi.
-Le lascio tutto qui sul comodino. Non starò qui a guardarla.- Dissi cercando di rispettare la sua necessità di solitudine, poi mi diressi alla porta.
-Ah, mocciosa.- Mi chiamò lui costringendomi a voltarmi con la speranza che avesse cambiato idea.
-E comunque preferisco le bionde.- Le labbra, piegate in un gesto di derisione, formarono un sorriso da brividi. Ma chi gliel'ha chiesto?
Uscii e mi assicurai di sbattere per bene la porta scorrevole.
Rimasi per un po' ad ascoltare nella speranza di sentire qualche movimento che mi facesse pensare che stesse mangiando, ma c'era più silenzio che ad un cimitero.
Tornata nella mia camera, mi lasciai cadere sul letto, passando una mano sulla fronte.
Dovevo resistere, dovevo essere paziente.
E se mi fosse morto di fame?
Oddio non potevo permetterlo o avrei potuto dire addio a quello stipendio meraviglioso.
D'altronde non potevo imboccarlo con la forza, o forse si?
Il cellulare cominciò a suonare, il nome di Leda lampeggiava sullo schermo.
Sospirai, mettendo da parte il telefono.
Avrei risposto più tardi, ora avevo bisogno di un momento per me stessa.
Sperai che il giorno dopo, una volta scesa, avesse mangiato.
Cominciavano a venirmi i sensi di colpa.
Dopo tutto non aveva scelto lui di perdere la vista e forse era normale essere così arrabbiati col mondo nella sua situazione.
D'altro canto però era stato fortunato a perdere la vista e non la vita, qualsiasi cosa gli fosse capitata.
Forse se mi fossi informata sull'accaduto mi sarei risparmiata eventuali figuracce.
Allungai la mano per afferrare il cellulare, la tentazione era forte.
Poi però mi misi nei suoi panni per qualche istante: a me non sarebbe piaciuto se qualcuno fosse andato a cercare informazioni su di me alle mie spalle.
E forse, nel tempo, avrebbe trovato il coraggio di condividere la sua storia.
Scossi la testa, quel ragazzo non sembrava proprio il tipo da aprirsi con qualcuno.
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La Lucciola
Romance[COMPLETA] Nella frenesia della vita, c'è una ragazza con una determinazione inarrestabile e un unico obbiettivo: aiutare il suo amato zio. Ma il destino ha altri piani per lei quando trova lavoro presso una sontuosa villa come assistente personale...