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In quel giorno di sole, la signora Holland era assente, immersa nei preparativi del trasloco. 

Avrei dovuto affrontare la giornata da sola, una sfida che mi appariva tanto stimolante quanto inquietante. 

Una regola primordiale dominava il mio rapporto con Jake: non disturbarlo a meno che non fossi chiamata, ma non potevo più accettare che il cibo che gli portavo venisse a malapena assaggiato. 

Mi ero sentita costretta a parlarne con la signora Holland, ma lei aveva ribadito dicendo che ogni tanto aveva questi "momenti" e che avrebbe presto ritrovato il suo normale appetito. 

Ma il suo aspetto dimesso suggeriva che questi momenti fossero abbastanza frequenti. 

La porta fu solo leggermente toccata, un annuncio dell'entrata imminente. 

Abituato a svolgere molte attività da solo nel corso dei suoi quattro anni di cecità, Jake aveva sviluppato una notevole autonomia. 

Mi limitavo a guidarlo da una stanza all'altra, non dovendo nemmeno preoccuparmi di fare il suo letto, grazie a dei colleghi che si occupavano costantemente dell'ordine della casa. 

Tuttavia, quel giorno, avevo intenzione di rompere la monotonia. 

Jake era steso sul letto, sempre nella stessa posizione. 

Quando entrai alzò subito la testa. -Chi è?- 

Mi avvicinai, sicura di quello che gli avrei detto. -Sono Amber, Amber Hooper.- 

Non si scomodò ad alzarsi. 

-Cosa vuoi?- La sua voce, fiacca e disinteressata, sembrava non voler trasmettere altro che noia. 

Toccò appena la cicatrice sulle sue labbra. 

-Che lei mangi tutto, e per tutto intendo tutto, quello che le ho preparato.- Dissi piazzandomi proprio dinanzi a lui. 

Alzò un sopracciglio, senza mai aprire gli occhi. Rimase in silenzio. 

-Non mangia abbastanza.- Mi avvicinai a lui incrociando le braccia e inchiodandolo con lo sguardo. 

-Non accetterò un no come risposta questa volta.- Ci fu silenzio per qualche secondo. 

Jake schioccò la lingua sul palato un paio di volte scuotendo la testa. -Lo sai che potrei licenziarti all'istante vero?-

-Non lo farà.- Avevo riflettuto tutta la sera prima quindi ora ero pronta. Con un copione ben memorizzato in testa. 

-E perché no?-

-Perché lei serve a me quanto io servo a lei.- Cominciai, lui continuò ad ascoltarmi senza ribattere. 

-Ho bisogno di questo lavoro, ne vale del futuro di mio zio. Lei ha bisogno di me se non vuole morire di fame.- Mi sorprese vederlo ridacchiare.

-Anche altre persone sanno cucinare oltre a te, ne sei al corrente?-

-Ma nessuno le direbbe quello che le sto dicendo io, ne sono certa. Tutti l'asseconderebbero e non mangiare le causerebbe gravi problemi alla salute.-

Scosse la testa ed ebbi l'impressione che le mie parole gli fossero entrate da un orecchio e uscite dall'altro. -Se mangio poi mi lasci in pace?-

-Sì, si alzi e mi segua in cucina.- Ribadii, avvicinandomi a lui e offrendo il mio braccio sinistro. 

Non disse nulla, ma il brontolio famelico del suo stomaco fu abbastanza eloquente da indicare la sua accettazione. 

Mi resi conto di come le sue guance si fossero colorate di un leggero rossore quando si accorse che avevo udito il suo stomaco brontolare.

La LucciolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora