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Chiusi la chiamata più frustrata che mai. 

-"Che ora?" Seriamente, Amber?-
Il ragazzo sembrava fuori di se. 

-Jake, non cominciare.-
Esordii alzandomi dal letto.
Che risveglio.

-Si prende gioco di te e pretendi che me ne stia zitto?-
-Non sono affari tuoi.-

Osservai la sua figura sedersi con disappunto sul materasso. -Oggi non è domenica.- Disse soltanto, le ciocche corvine gli ricadevano sugli occhi stanchi.

-Può venire lui.- Azzardai.
-Non lo voglio qui.-
Rispose brusco, le labbra rosee erano tese.
-Ma avevi detto di sì!-

-Ho cambiato idea.-
-Ma...-
-Ha avuto la sua occasione, ora è tardi.-
-Non capisco perché lo giudichi così velocemente senza nemmeno conoscerlo!-
-Perché ti ha allontanato da me, Mocciosa!-
I suoi occhi bianchi mi trapassavano con frustrazione. 

-Facendo così peggiori solo la situazione! Perché non capisci?- Strinsi i pugni con forza, le mie dita diventarono bianche. 

-Perché nonostante tutto io non riesco ad accettare la tua scelta, Amber!-
Tuonò. 

-So che lui ti rende felice, so che io non posso darti lo stesso, ma non riesco a fare diversamente! Probabilmente dovrei essere felice per te, ma più parli di lui e più mi viene voglia di spaccargli la faccia!- Sputò infine. 

Mi sentivo oltraggiata, perché non poteva semplicemente lasciarmi andare?
Perché non accettava la mia scelta e basta? O perché almeno non faceva finta?
Sarebbe stato più facile per entrambi.

-Mia la casa mie le regole.-
Stringendo il suo bastone bianco mi intimò di andarmene con un cenno della testa.

-Se proprio volete vedervi fatelo lontano da me.-
Aggiunse prima che me ne andassi chiudendo violentemente la porta scorrevole.

Dopo aver lanciato in una borsa alcuni capi d'abbigliamento scesi le scale con arroganza. 

Ero stata tutto il pomeriggio a dipingere, con la porta chiusa a chiave, per evitare di incontrare Jake.

Apparecchiai per una sola persona e mi misi ai fornelli distrattamente, quando il ragazzo fece il suo ingresso in cucina non volò una mosca.

Osservai il suo corpo snello accomodarsi sullo sgabello del bancone con falsa indifferenza.
Neanche un grazie quando gli misi il cibo nel piatto, con la forchetta ci giocò un po'.

Non era pentito di ciò che mi aveva detto, ma allo stesso tempo non sembrava gradire quella situazione di silenzio imbarazzante.

Quando si decise a spezzarlo ormai avevo deciso che il turno di parola spettasse a me.
-Io vado da Axel.- 

Smise di giocare con il pezzo di carne.
-E quindi?- Il tono era pungente.

Perché la sua indifferenza mi fece male?
-Niente... dimmi solo se vuoi che chiami Liam.-

Alzò un sopracciglio facendo una smorfia.
-Fa quello che ti pare.-

Come se non fosse successo nulla si rimise a mangiare apparentemente tranquillo.
Strinsi le dita attorno alla borsa e composi aggressivamente il numero dell'autista.

-Pronto Liam.-
Mentre il maggiore parlava il ragazzo tese l'orecchio.

-Sì, vado da Axel. No, dormo da lui.- La mano di Jake intorno alla forchetta ebbe un fremito, improvvisamente sembrava aver perso l'appetito.
-Sì, sì la aspetto. Grazie davvero.-

Chiamata terminata.

Ora dovevo resistere qualche minuto con Jake, almeno finché non sarebbe arrivato Liam. 

La LucciolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora