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Guardavo dal basso quell'uomo imponente e robusto. 

Una donna al suo fianco che si era presentata come "Zia Anne" ogni tanto mi rivolgeva occhiate mortificate.

Anche Mattew aveva intuito che stava succedendo qualcosa di molto importante, ma dalle lacrime che scendevano sui visi dei presenti entrambi avevamo dedotto che non si trattasse di qualcosa di bello.

Mi rivolse un piccolo sorriso sdentato e mi strinse la piccola mano congelata da quella fredda giornata di fine novembre.

-Mamma e Papà torneranno, Amby. Andrà tutto bene.- Aveva esordito con voce bambinesca, innocente. I miei occhi balzarono su due grandi casse bianche davanti a noi, piene di bellissimi fiori colorati.

E la mia mente innocente pensò che all'interno non ci fossero altro che giocattoli e chi lo sa, forse anche dolciumi.

-Me lo prometti?- Gli rivolsi uno sguardo pieno di speranza, ricambiando quel piccolo e storto sorriso.

Una signora si piegò per osservarci in viso; gli occhi rossi e grondanti di lacrime.

Sentii le sue umide labbra abbattersi sulla mia guancia e la osservai compiere lo stesso atto su Mattew, poi se ne andò, troppo addolorata per poter dire qualsiasi cosa. 

Mio fratello si pulì il viso con la manica del pesante cappotto sfoderando lì per lì una smorfia schifata. Poi i suoi piccoli occhietti balzarono sugli zii al nostro fianco, intenti a parlare con strana gente vestita con abiti cupi.

-Te lo prometto.-
Mi lasciò un piccolo bacino sulla punta del naso arrossato.

Poco dopo, una macchina grigia ci avrebbe portato a casa della zia Anne e dello zio Barnaby.

Mamma e Papà non tornarono più da noi.
Avevamo solo 5 anni.


Aprii piano gli occhi, la luce del sole era nascosta dalle nuvole e una nebbia fitta si espandeva su tutta la città. 

La bajour era accesa e illuminava il viso di Jake che ora era al mio fianco, ma il suo braccio mi teneva ancora stretta a lui.

Il suo respiro era regolare e l'espressione tranquilla, sembrava un angelo.

Guardai la sveglia sul suo comodino, era ancora mattina presto, ma una cornice al suo fianco attirò la mia attenzione. 

La presi in mano per osservarla meglio, ritraeva tre persone.
Un bambino sui cinque anni, una donna e un uomo: una famiglia.

Riconobbi Isaac, evidentemente molto più giovane: i capelli mossi e corti di un marrone scurissimo, gli occhi chiari e lo stesso sorriso di Jake. 

Indossava una camicia bianca e un paio di pantaloni neri e cingeva con il braccio destro quella che probabilmente era So-min. 

La giovane donna era di una bellezza straziante, le ciocche corvine le cadevano appena sopra le spalle, i sottili occhi scuri, da volpe, le davano un'aria intrigante, le labbra sottili e di un rosso acceso facevano contrasto con la pelle chiara che aveva.
Indossava un lungo vestito verde bottiglia. 

Aveva la mano appoggiata sulla spalla del bambino che sorrideva nello stesso modo del padre mostrando la sua bocca sdentata e le sue piccole fossette. 

Aveva gli occhi leggermente a mandorla e scuri e i capelli neri come quelli della madre, solo più mossi. Era snello e di una carnagione chiara, tale e quale a quella di So-min, indossava una canottiera mimetica e di pantaloncini di Jeans corti fino alle ginocchia sbucciate.

Nonostante tutto teneva molto ai suoi genitori se aveva la loro foto di fianco al letto. 

La rimisi dove l'avevo trovata non potendo non notare due piccoli sassolini adagiati con cura proprio sullo stesso ripiano. 

Uno rosa e uno verde. 

Sospirai serena e non riuscii a trattenere un sorriso.

La LucciolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora