48°

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***

Riusciva a sentire il battito del suo cuore.

Così piccolo e puro da fargli tenerezza, ma invidiabilmente tenace.

Sapeva chi tra i due fosse il più risoluto, lei era una spanna sopra di lui.

La ragazza si mosse nel sonno, il suo viso accarezzò delicatamente il suo petto.
Jake si sentì scosso da una sensazione familiare.

Come quando le sue dita sottili e delicate sfioravano il tessuto della maglia o gli sistemavano i capelli con cura.

In quei momenti la sua opinione sulla vita sembrava sviare impercettibilmente dal binario ormai preso da tempo.

Il suo cuore si alleggeriva a quei piccoli gesti.
L'oscurità sembrava essere scossa da un piccolo bagliore, come un lumino lontano.

Come da una piccola, mediocre lucciola.
Un essere così microscopico quanto insignificante, ma capace di diffondere serenità anche nelle più tremendamente afose nottate estive.

In grado di incantare l'animo di ognuno spiccando nell'esagerato, feroce buio.
Lui a questi piccoli particolari non aveva mai dato peso, come se tutto fosse stato scontato e forse il suo tormento era stata una lezione da parte della vita stessa. 

Se così fosse stato, gli piaceva pensare come il destino gli avesse riservato almeno una lucciola tutta per lui.
Una portatrice di speranza.

Lei era La Lucciola.

E nonostante avesse scelto un altro, nonostante lui, travolto dalla morsa della gelosia, non fosse riuscito a tenere la bocca chiusa rivelandole tutto, i sentimenti che nutriva per lei non scemavano.

Non sarebbero mai scemati.

Da quattro anni una vocina nella sua testa gli parlava.
A cosa serviva continuare a vivere in quelle condizioni? Gli chiedeva la vocina.

Era inutile senza la vista, a malapena riusciva a fare qualche passo senza inciampare sui suoi stessi piedi.

Spesso quando era solo chiudeva e riapriva gli occhi con foga, sperando come un bambino che all'ennesimo battito di ciglia i colori sarebbero tornati.

Si passava la mano davanti al viso pregando di scorgere almeno un movimento.
Ma quel buio angosciante era l'unica realtà.

Col tempo si era chiuso sempre più in se stesso, rifiutando persino il cibo che gli veniva offerto.
Quando nella notte sentiva il suo stomaco stringersi in una morsa dolorosa sorrideva, felice di punire quel lato di lui che lo aveva ridotto così.

Sapeva che il suo amore non era ricambiato e faceva male, molto.
Ma lei gli aveva promesso che non lo avrebbe abbandonato e lui le credeva.

Dio, se le credeva.

Lui si fidava.

Avrebbe venduto l'anima per lei.

Ma ogni volta che rimaneva solo i pensieri lo assalivano.
Pensare che nella sua vita ci fosse un altro lo distruggeva.

Stringeva i pugni quando quel pensiero gli sfiorava la mente.
Sentiva le vene chiudersi e la gola seccarsi mentre il morbo della gelosia gli si espandeva nelle arterie e il dubbio che prima o poi anche lei lo avrebbe lasciato indietro cominciava a manifestarsi in lui.

Così quando poteva ascoltava i suoi passi, la sua voce, riempiendosi il cuore della sua presenza.

Non avrebbe mai accettato la sua scelta, non ci riusciva.
Ma non poteva renderle la vita un inferno.

Aveva già rovinato la propria.

E percependo il suo sorriso, sentendo la sua risata, si chiedeva se non fosse meglio allontanarsi, per diminuire il dolore.

Spesso quel sentimento profondo si mescolava a odio.

Perché non aveva scelto lui?
Perché aveva permesso che si innamorasse di lei?

Era colpa sua, solo sua, se lui si sentiva così disorientato, ferito.

Ma ogni qualvolta il lume della sua presenza si indeboliva, lui la rimpiangeva e si malediva per essere stato così maledettamente egoista.

Con impaccio le sfiorò il viso.
Dio, che pelle soffice.

Ripensò a qualche giorno prima, il 27. Il suo compleanno.

Lei non ne sapeva niente ed era meglio così, avrebbe ricordato quella data per un altro evento. Per quel dannato bacio, tra lei e Axel.

Liam aveva promesso, non avrebbe fiatato a riguardo.
Meno Amber sapeva di lui e meglio era per tutti.

Sentiva il suo respiro profondo e regolare rilassare l'atmosfera.
I suoi arti addormentati appoggiati al suo corpo.

Le accarezzò i capelli setosi, castani aveva detto lei.
Provava ad immaginarsela a volte.
Ma che a volte, sempre.

Lui la immaginava sempre.

In ogni istante.
In ogni sospiro e battito di ciglia.

Desiderava osservarla, analizzare il suo viso.
Desiderava guardarla negli occhi, sfiorare i suoi capelli senza impaccio o paura di colpirla per sbaglio.

Voleva più di ogni altra cosa vederla ridere felice, voleva vedere così disperatamente il suo sorriso.

Sentì gli occhi pizzicare e si sforzò di resistere.
Non sopportava sentirsi vulnerabile, fragile.

Ma non era capace di pensarla senza piangere, tanto era il dolore che provava dentro.
La strinse, terrorizzato all'idea che prima o poi se ne sarebbe andata anche lei.

Lo squillo di un cellulare lo fece sobbalzare.
Sentì la ragazza al suo fianco riprendere coscienza lentamente, ancora assonnata.

La sentì rigirarsi tra le coperte lamentandosi della chiamata inaspettata, ma non provò a liberarsi dalla sua stretta.

Alzò di poco il viso.
Che lo stesse guardando?
A quel pensiero cercò di non farsi prendere dal panico.

La suoneria non si fermava così la ragazza si vide costretta a rispondere. Imprecò sottovoce mentre afferrava con foga il dispositivo. 

-Amber!- Squillò la voce di un ragazzo e Jake capì subito di chi si trattava, trattenne il respiro.

-Pronto...?-
La sua voce era così buffa la mattina.

-Buon primo dell'anno...- Solo in quell'istante la ragazza sembrò rendersi conto chi ci fosse dall'altra parte della linea. 

-Axel!?- Sussultò mettendosi a sedere.
Jake aprì gli occhi, voleva farle capire che era lì per lei.
Anche se probabilmente non era altro che il terzo incomodo.

Non seppe mai se lei lo notò.

-Non credi di dovermi almeno delle scuse?- Ci fu un attimo di silenzio. -Oh, Amber scusami davvero avrei dovuto dirtelo per tempo!-

Il modello strinse la mascella disgustato.

-Cosa? Cosa avresti dovuto dirmi?- La Mocciosa sembrava frustrata, la capiva.

-Mi ero già organizzato con amici per l'ultimo dell'anno, me ne ero dimenticato e me lo hanno ricordato all'ultimo momento.-

-E dirmelo ti sarebbe costato tanto?-
Per quanto fastidiose fossero, Jake si sforzò di ascoltare attentamente ogni parola.

-No... scusami davvero. È che avevo bevuto un po' e non ero in me...-
-Che idiota.- Mormorò.

Non si pentì, ma sentì lo sguardo pungente della ragazza fulminarlo.
-Io avevo preparato tutto, Axel.- Continuò poi. 

-Sono stato un imbecille, Amber, davvero. Permettimi di rimediare... usciamo oggi, ti prego.-
Trattenne il fiato, bloccandosi.

Sperava in una risposta negativa da parte della ragazza, lo sperava con tutto se stesso.
L'aveva presa in giro abbastanza, la usava e lei non se ne rendeva conto.

-Che ora?- Disse invece lei e lui non ci vide più. 

La LucciolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora