30°

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Non ricordo come arrivai alla camera al piano di sopra, credo che le mie gambe si mossero da sole fino al mio letto. 

Il mio respiro era irregolare mentre con mani tremanti mi spogliavo per infilarmi nel mio pigiama. Quando alcune lacrime mi si formarono agli angoli degli occhi andai nel completo panico.

Che cosa mi stava accadendo?
Come avevo fatto ad innamorarmi di Jake?
Cazzo.

Mi presi la testa fra le mani stringendo le labbra.
Non va bene, non va affatto bene

Troppi dubbi e contraddizioni mi giravano nella mente. Io dovevo continuare a lavorare normalmente per poter aiutare mio zio. 

Non dovevo lasciarmi distrarre, ma le sue dannate labbra rosee, i suoi capelli mossi e setosi, persino i suoi difetti mi attiravano. La sua fottutissima voce dolce, quasi soave, ne avevo sentite raramente di così belle. 

Gli avevo dato delle speranze quella sera sul ghiaccio? Quante volte nel corso di quei mesi mi ero persa a guardarlo senza accorgermene? Forse era per quello che le domestiche avevano cominciato ad odiarmi, loro avevano capito i miei sentimenti ancora prima di me. 

Ero mai stata così stupidamente cieca davanti all'innegabile? Non poteva essere, era tutto troppo surreale perché potesse essere vero.

Avevo incontrato Axel e pensato potesse essere quello giusto, non riuscivo ad accettare che ora tutti i miei progetti fossero messi in dubbio da quel modello. 

Ma dopotutto era stato lui ad avvicinarsi per primo, a far sfiorare le nostre labbra facendo il primo passo, a posare la sua mano sulla mia coscia e sul mio fianco.

Mi congelai sul posto portando le mani alla bocca forzandomi di non emettere un suono. Forse... forse anche lui si era innamorato di me? Il respiro mi si bloccò nella gola impedendomi pure di urlare. 

Scossi la testa dandomi delle pacche sul capo con le mani. No, Jake non mi amava. Non si sarebbe mai potuto innamorare di una come me, così tanto invadente. 

Era chiaro: per lui non era stato niente. Era stato solo catturato dal calore del momento. Eppure non riuscii a non chiedermi cosa seriamente Jake provasse per me.

Avrei semplicemente dovuto fare finta di niente e col tempo i sentimenti sarebbero spariti, sicuramente. 

Quella serata fu tremenda. I sogni iniziali erano stati pochi, ma non ne avevo mai fatti di così agitati. La mia quotidiana paralisi nel sonno arrivò quasi subito portandosi con se tutta l'angoscia che mi avrebbe accompagnato durante tutta quella nottata.



Il suono stridulo della sveglia mi fece aprire gli occhi di scatto. Rimasi stesa fra le soffici lenzuola per qualche momento sentendo una fitta al cuore quando ricordai i fatti di alcune ore prima.

Intorno all'ora di pranzo saremmo dovuti partire per Los Angeles e io sarei dovuta stare sei ore in macchina con Jake. Al pensiero del ragazzo strinsi i denti tentando di ignorare quel bellissimo senso di calore che dal cuore si espanse velocemente nel resto del corpo intorpidendomi gli arti.

Quando fui davanti alla sua porta mi decisi che mi sarei dovuta comportare come se non fosse accaduto nulla, era la decisione migliore. Bussai piano senza ricevere risposta, sussultai quando ad aprirmi fu Sandie. 

Ci scambiammo sguardi confusi a vicenda. -Sta cercando il signor Hale?- Mi chiese sorridendomi mentre apriva di più la porta. -Ehm, sì. Dove si trova?-

-Si è svegliato poco fa, ma dalle sue occhiaie sembra che non abbia dormito molto.- Specificò lei. -Ha chiesto ad una mia collega di preparare la colazione prima che partiate per Los Angeles.- Mi disse sorridendo. 

-Se intanto vuole preparare le valigie del signor Hale entri pure.- Mi invitò per poi spostarsi di lato. Entrai sconcertata da tutta quella improvvisa confidenza. 

Mentre lei entrò nel piccolo bagno armata di detersivi e stracci io cominciai a frugare nell'armadio del ragazzo. Una volta preparata la grande valigia azzurra, mi avviai alla cucina. Nel tragitto mi concentrai soprattutto sul mantenere stabile la respirazione. 

Entrai in cucina solo per vedere il ragazzo seduto al bancone della cucina mentre mangiava con calma alcune uova strapazzate e delle fette di bacon, della domestica non c'era già più traccia. Mi sentì arrivare, ma non disse niente. 

Cercando di non cadere nell'assillante tentazione di abbandonarmi al ricordo della sera precedente, mi accomodai a qualche sgabello di distanza. -Quello è per te.- Mormorò e con un cenno della testa indicò un piatto al suo fianco. 

Come mi era potuta mancare così tanto la sua voce solo nel giro di qualche ora? Voltai piano il viso verso il ragazzo e le farfalle ricominciarono il loro instancabile giro all'interno del mio stomaco. 

I capelli mossi e scuri erano legati in quell'inconfondibile e microscopico codino e alcune ciocche gli ricadevano davanti agli occhi. Le labbra rosee intente a gustare il cibo, gli occhi bianchi socchiusi e marcati da profonde occhiaie che facevano presumere che avesse dormito molto poco o molto male. 

Il pigiama di seta, rigorosamente bianco, profumava di pulito anche se non era nulla contro il profumo dello stesso ragazzo. 

-Sei più brava tu a cucinare.- Abbassai lo sguardo.
-Grazie...- Balbettai, mi maledissi.
Amber fai finta di niente.

Ricominciammo a mangiare questa volta senza parlarci fino alla fine, senza dire nemmeno una semplice parola. La tensione mischiata all'imbarazzo galleggiava nell'aria in modo talmente evidente che le stesse domestiche se n'erano accorte, cominciando a bisbigliare fra di loro cose incomprensibili. 

-Vado a vestirmi.- Jake si alzò brandendo il suo bastone con estrema sicurezza.
-Ti...le ho appoggiato i vestiti sul letto.- Mi corressi alzando il tono della voce e sporgendomi per farmi sentire meglio dal ragazzo che ormai stava per uscire dalla stanza, tutto doveva tornare come prima. 

Era successo tutto solo per la troppa confidenza che gli avevo dato, avevo sbagliato io prima di tutto e ora toccava a me cominciare a mettere delle distanze.

Eppure mi sentii un verme quando, nell'annuire, notai le sue dita snelle stringersi sul bastone. 

Sembravo averlo colpito nel profondo.

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