13° pt. 2

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-Si fermi qui.- Dissi ad un certo punto quando fummo davanti a una piccola distesa di erba verde. Mi porse la borsa lentamente come se avesse avuto paura di urtarmi. 

Una volta stesa la coperta ci sedemmo su di essa, estrassi dalla borsa i panini e ne passai uno a Jake. -Com'è?- Gli chiesi osservandolo masticare. 

-Mangiabile.- Esclamò lui e io feci una smorfia, cominciavo a pensare che fosse il suo modo di fare complimenti a qualcuno. 

Guardandomi intorno non potei non pensare al giorno prima, scossi la testa frustrata. Continuavo a ripetermi che avrei dovuto dimenticare, ma come potevo? 

Prima o poi avrei dovuto parlarne con Mattew e dirgli che lo sapevo, avrei dovuto affrontarlo ed ero sicura che non sarei riuscita a resistere per molto altro tempo. 

Passeggiando sul sentiero dai sassolini colorati, una donna e sua figlia ci passarono accanto e la bimba posò i suoi occhi verdi su Jake. 

-Mamma perché quel signore ha gli occhiali da sole se il sole non c'è?- Le chiese innocente, la madre sembrò accorgersi del tono di voce troppo alto della figlia e la vidi sbiancare quando notò come Jake si fosse congelato sul posto.

-Non sono occhiali da sole, Queenie.- Le spiegò piano rivolgendomi uno sguardo di scuse e prendendo per mano sua figlia. 

-Sono occhiali speciali per i non vedenti.- Disse poi sempre a bassa voce voltandosi e cambiando strada. 

Le osservai per un po' mentre si allontanavano sperando che Jake non avesse sentito niente, ma era palese che non fosse così. 

Sembrava essere diventato più pallido di quanto già non fosse. Strinse il fazzoletto che aveva nelle mani spremendo le labbra fino a farle diventare viola e facendo quasi sparire la grande cicatrice. 

 -Te...non farlo mai.- Mormorò e con voce ferma lasciò andare il fazzoletto. -Non chiamarmi mai "non vedente", mi fa solo ricordare ancora di più cosa non posso fare.- Disse togliendosi gli occhiali e appoggiandoli al suo fianco lentamente per non rovinarli. 

-Non... non lo farò, stia tranquillo.- Dissi prendendoli con cura e mettendoli dentro la loro custodia che poi infilai nella borsa. 

Velocemente girò il viso per non farsi vedere. -Ora ricordo perché non uscivo da molto.- Disse rimanendo dov'era.
Forse avrei dovuto pensare all'innocenza dei bambini prima di portare Jake in quel parco. -Se vuole possiamo tornare alla villa.- Dissi piano. 

Mi sentivo davvero in colpa, dopotutto era stata mia l'dea di portarlo lì la prima volta. Non avrei mai immaginato che avrebbe espresso il desiderio di tornarci. 

Lui scosse la testa voltandosi verso di me e aprendo i sottili occhi nivei. -No, ormai siamo qui. Non ha senso andare via a questo punto.- Sorrise leggermente e poi allungò la mano fino alla borsa.

-Cominciamo?- Mi domandò cercando di cambiare discorso mostrandomi il libro violaceo. Se gli causava dolore parlare dei suoi problemi non avrei dovuto insistere. 

Annuii avvicinandomi. -Va bene.- Dissi sfiorando la copertina del libro.
Jake prese la mia mano al primo colpo, ormai ero sicura che avesse un sesto senso.

-Partiamo dal primo capitolo?- Sembrava quasi fiero di quello che stava facendo.
-D'accordo.- Dissi semplicemente sorridendo piano e lasciando guidare la mia mano dalla sua.
-Che lettera pensi che sia questa?-
-Non lo so.- Alzai le spalle. -Provaci.-
-Ma non ne ho la più pallida idea.- Ribadii facendolo sospirare.

-Ragiona.- Disse lui semplicemente facendomi salire la frustrazione fino alla punta dei capelli. Non è che posso inventarmela. 
-Come inizia qualsiasi frase?- Lo fissai stando zitta per fargli capire che proprio non lo sapevo.
-Con la maiuscola, Amber. Qualsiasi frase inizia con la maiuscola.-
Sbaglio o è la prima volta che mi chiama col mio nome?

-Quindi questo puntino...-
-Sono due.- Mi corresse interrompendomi. 

-Quindi questi due puntini vogliono dire che dopo viene una maiuscola?- Lui annuì, gli scappò un sorriso che nascose subito schiarendosi la gola. 

-Continuiamo.- Disse come un insegnante ai suoi alunni.
Cominciò a spiegarmi tutti i segni di punteggiatura per poi passare alle lettere vere e proprie, mano a mano che parlava sembrava sempre più emozionato, anche se lo nascondeva bene. 

Continuavo a fissare le pagine bianche mentre cercavo di memorizzare tutti i caratteri, un'impresa. 

Mi convinsi sempre di più che avrei perso la scommessa finché non sbuffai ritraendo la mano. -È impossibile.- Esclamai fissando le pagine bianche con odio. 

-Non ci riuscirò mai.- Jake non chiuse il libro, mi porse la sua mano. Era stranamente tranquillo. -Nessuno ha detto che sarebbe stato semplice.- Mi fece segno con la testa di dargli la mano. 

Svogliata gliela porsi e lui la strinse nella sua, le posò nuovamente sulle ruvide pagine del libro violaceo. Una folata di vento freddo mosse le foglie degli alberi, ebbi la pelle d'oca.

Era una giornata davvero troppo fredda per fare un picnic, ma ormai tanto valeva rimanere lì.
-Hai freddo?- Mi chiese quando un brivido mi corse lungo le braccia e le mani.
-È sopportabile.- Perché mi sentivo a disagio? 

Restò per qualche secondo immobile, come se stesse riflettendo, poi la sua mano destra prese il posto dell'altra appoggiandosi piano sulla mia, mentre la sinistra si spostò fino ad avvolgermi. 

Il suo braccio mi tirò verso di lui, ora eravamo vicini, tanto vicini. I nostri corpi erano completamente l'uno contro l'altro, i miei occhi erano piantati sui suoi. 

Improvvisamente non avevo più freddo. 

Rimasi per un attimo stupita da quel gesto, ma per quanto sorprendente fosse, non mi lamentai. 

Scossi la testa riprendendo a respirare. Non provai a liberarmi dalla sua presa però, non ci pensai nemmeno. 

Strinse la mia mano per farmi calore, smisi nuovamente di respirare mentre dei brividi mi si espandevano su tutto il corpo. Sicuramente erano dovuti al freddo.

-C'è più vento di ieri.- Notò schiarendosi la gola, ma nemmeno lui si mosse di un centimetro. Rivolse la testa verso il libro. 

-Credo che perderò la scommessa.- Ammisi rimanendo sorpresa quando la mia voce tremò, che cosa mi stava succedendo? 

-Lo credo anche io.- Disse per poi trovare il segno a cui eravamo arrivati. -Ma almeno provaci.- Sembrava davvero determinato a continuare. 

Lasciò la mia mano per un istante avvicinandola alla mia faccia, con delicatezza mi chiuse gli occhi. -Prova a chiudere gli occhi.- Sussurrò tenendomi stretta a lui per riscaldarmi e ricominciò a scorrere la mano sul foglio di carta ruvida. 

Non osai aprirli: avevo ancora la sensazione della sua pelle sulla mia, non volevo che sparisse. 

A occhi chiusi sembrava che gli altri sensi si risvegliassero, riuscii ad indovinare le successive tre lettere anche se non al primo tentativo. 

Grazie al cielo la sera prima avevo dato un'occhiata su internet. Ogni volta che le sue ciocche di capelli mi sfioravano la guancia mi sembrava di non sentire più freddo.

Non ricordo per quanto tempo rimanemmo lì a provare a leggere, sembrava come se il tempo scorresse in maniera diversa dal solito. 

Il mio cuore continuava a battere velocemente impedendomi quasi di sentire la sua stretta.
-Sapevo che avresti avuto dei risultati.- Disse ad un tratto sorridendo fiero. 

-Ma ho perso comunque, vero?- Lo vidi accennare un sorriso. -Sì, sì hai perso comunque.- Si allontanò da me e una strana sensazione di solitudine mi pervase il corpo. 

-Mi devi una cena.- Sorrise beffardo e io capii già che il mio povero portafoglio sarebbe rimasto tristemente vuoto.

La LucciolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora