CAPITOLO 34

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«Signorina, lo stiamo portando nella sala controllo e da lì lo spostiamo in una piccola stanza in cui sarà da solo. Se vuole può accompagnarci. Sà, non appena si è svegliato ha subito chiesto di lei».
Queste erano state le parole che l'infermiera aveva rivolto a Baby. Era Niccolò che dal lettino l'aveva chiamata, prima di cadere subito riaddormentato a causa dell'effetto prolungato della morfina.
Baby non riusciva a crederci. Era lì, davanti a lei. Era scoppiata a piangere e si era lanciata su di lui, anche se addormentato. Non le era importato che l'infermiera la vedesse in quello stato perché ormai era a pezzi e solo Niccolò sarebbe stato in grado di rimetterli insieme. Si era lanciata su di lui, stando attenta a non staccare quelle flebo maledette che aveva attaccate alle braccia. Era interamente ricoperto da un telo bianco, eccetto per le braccia, le spalle e il volto. Aveva gli occhi circondati da occhiaie, le guance leggermente scavate a causa di tutti i liquidi e le forze perse nel poter mangiare solo attraverso le flebo. Per Baby era uno strazio vederlo in quelle condizioni, ma quando l'infermiera le aveva confermato che Niccolò fosse fuori pericolo, a Baby non interessava più niente. Non importava quanti chili Niccolò avesse perso, non le interessava di aver perso giorni di scuola; non le importava nemmeno di indossare gli stessi vestiti da tre giorni e di aver sporcato di lacrime la maglietta preferita. Tutto passava in secondo piano di fronte a ciò che era successo a Niccolò e solo ora che tutto il peggio era passato, Baby poteva finalmente tornare respirare.




La stanza è silenziosa. Solo il 'bip' delle macchine a cui Niccolò è attaccato si infiltrano nei pensieri di Baby.
Ora si trovano nella stanza, soli, Baby e Niccolò. La visita di controllo è andata bene e l'infermiera ha concesso a Baby del tempo per stare da sola con lui.
È seduta accanto a lui, su una sedia mentre gli tiene la mano tatuata. Sono trascorsi mesi senza di lui; è passato così tanto tempo che le sembra surreale averlo lì, vivo. Talmente surreale che ha bisogno di stringergli costantemente la mano per rendersi conto che tutto quello è reale e non uno dei tanti sogni che aveva fatto fino a quel momento, nella speranza di riaverlo tra le braccia. Lo guarda, cercando di studiarne i contorni del viso, le caratteristiche, le particolarità. Lo guarda come se non lo avesse mai visto. Si sente innamorata. È completamente innamorata di lui. Guarda i capelli ormai lunghi, che gli arrivano sopra gli occhi e si allunga per scostarglieli dal volto e passa una mano fra di essi. Poi scende verso la fronte e sulle guance, ricoperte dalla barba e chiude gli occhi quando passa un dito su quelle labbra che vorrebbe tanto baciare. Ne ricorda ancora il sapore. Ricorda perfettamente com'era stato fare l'amore con Niccolò e le manca anche quello; le manca l'intesa fisica che li ha legati fin dal primo istante e le manca la complicità che c'è sempre stata tra loro. Deglutisce a fatica quando sfiora le labbra di Niccolò e strizza gli occhi mentre le lacrime continuano a scendere. Non riesce a fermarle. La gioia di riaverlo là è troppa.
Non ha ancora detto a nessuno degli altri che Niccolò è uscito dalla sala operatoria; lo farà più tardi. Ora ha bisogno di rimanere sola con lui. Continua a osservarlo, a catturarne ogni singola caratteristica e lo trova meraviglioso anche adesso, appena uscito dalla sala operatoria e del tutto sfatto.
«Mi sei mancato» sussurra d'un tratto, avanzando con la sedia e accostando le proprie labbra all'orecchio di Niccolò, tenendogli sempre stretta una mano nella propria. Ridacchia da sola fra le lacrime.
«Mi sei mancato da impazzire. Mi hai fatto spaventare. Hai fatto spaventare tutti. Perché,» - con gli occhi osserva il volto e si avvicina ancora di più; ora a è pochi centimetri dalle labbra di Niccolò, «Perché pensi che tuo fratello ti odi? Non è così, l'ho visto io stessa. Perché pensi di non meritare la vita? Tutti sbagliamo amore mio, tutti. C'è chi fa sbagli più gravi e chi meno gravi, ma non siamo noi a dover decidere quando smettere di vivere. C'è stata data una possibilità, giochiamocela fino alla fine e facciamolo al meglio. Prima, mentre ti aspettavo, ho parlato con un signore anziano che mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa: la vita è adesso. Come la canzone di Claudio Baglioni,» - accarezza una guancia di Niccolò lo fissa con occhi innamorati e lucidi; un piccolo sorriso fiero sulle labbra nel vedere come Niccolò abbia combattuto per rimanere in vita. Gli accarezza una guancia, «Io- io credo che abbia ragione. Ha ragione. La vita è adesso e io voglio viverla con te. Nel tuo taccuino hai scritto di voler raggiungere Lorenzo perché pensi di non meritare questa vita. Non è così Niccolò, la meriti eccome. Meriti di essere felice,» - tira su col naso mentre una lacrima cade dai suoi occhi e finisce tra le labbra di Niccolò e così Baby si abbassa a lasciargli un bacio sulle labbra. Le sembra di tornare a respirare quando finalmente lo bacia. Niccolò è fermo, ancora addormentato, ma Baby lo percepisce. E così lascia un altro e poi un altro e un altro bacio ancora su quella labbra carnose di cui va pazza. Poi sorride e passa una mano fra i capelli di Niccolò, posandogli un bacio sul naso, «Hai anche scritto che finalmente sono riuscita a farti amare il riflesso allo specchio, che stai imparando a farlo. Che ti sto aiutando ad amare i tuoi lati più strani e li sto vivendo con te. Tu stai facendo lo stesso con me Niccolò. Mi stai facendo capire che amare non è tutto rosa e fiori. Che per amare una persona spesso devi combattere per convincerla che merita l'amore. Che spesso tu stesso soffri perché la persona che hai accanto ha talmente tanti demoni da sentirsi sommersa e tu, se davvero la ami, fai di tutto per aiutarla a liberarsene. E be',» - sorride ancora e tira su col naso mentre altre lacrime scendono dai suoi occhi, «se io davvero sto facendo questo con te vuol dire che ti amo. E se tu stai accettando il mio amore, vuol dire che mi ami. Ho-» - un singhiozzo le interrompe le parole, ma riprende subito, «Ti ho sempre attaccato. Ogni volta che volevi impedirmi di mettermi nei guai era perché ti stavi preoccupando per me ed io ti ho sempre allontanato, attaccandoti. Ma poi quando ti ho visto là,» - ora il pianto è frenetico e Baby cerca di asciugarsi le lacrime che le offuscano la vista mentre stringe con forza la mano di Niccolò e con l'altra né accarezza il volto, «Là, sanguinante a terra,» - le parole escono a fatica a causa dei dolorosi ricordi, «E poi qui immobile in ospedale, ho capito cosa provavi tu ogni volta. La paura di vederti andare via e non tornare più mi ha divorata. Quindi scusami amore mio, scusami» - piange freneticamente Baby appoggiando la fronte sul petto di Niccolò, stando attenta a non toccare la parte cicatrizzata dove si era infilato il proiettile, estratto durante l'operazione. E così, piangendo, baciandolo e scusandosi, Baby si addormenta, stremata da quei giorni infernali pieni di incubi, paure e sonno mancato.
Si addormenta sul petto dell'uomo che ama.




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