Capitolo 18

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Più di 7000 parole. Sono sconvolta. Il capitolo più lungo che ho scritto. Sono fiera di me.

Spero possa piacere anche a voi.

Buona lettura :)

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La neve cadeva dal cielo, lenta, uno spettacolo rilassante da guardare. La luna e la sua luce erano scomparse dietro le nuvole e solo il camino e qualche candela accesa illuminavano la stanza di arancione. Kate era seduta sul davanzale della finestra, la guancia posata contro le ginocchia mentre teneva lo sguardo fisso sul panorama. Il vetro della finestra si appannava con ogni respiro, coprendole appena la visuale. Il pianto l'aveva lasciata in pace, insieme ai suoi demoni e ai ricordi degli eventi avvenuti nel salotto, dandole modo di calmarsi. Solo un pensiero aveva continuato a occuparle la mente, lasciandola solo più confusa. Che cosa le era successo? Non riusciva a capire perché si fosse sentita così, perché avesse provato tutto quel dolore e tutta quella paura. E non era certa di volerlo sapere. Aveva come l'impressione che la sua reazione fosse stata causata da altro oltre che dalla punizione inflitta alle tre cameriere.

Da quando si era risvegliata tra le braccia di Lady Dimitrescu, una sensazione di déjà-vu l'aveva accompagnata, come se ciò che fosse successo a Clara, Lisa e Lucinda lo avesse già vissuto e sperimentato lei. Fu scossa da un brivido a quel pensiero, spaventata dall'idea che potesse essere vero, e lo scacciò subito. Qualsiasi cosa ci fosse nella sua mente, nei suoi ricordi, non voleva saperlo. Meglio vivere senza memoria che con quel dolore. Sospirò forte, sistemando poi la coperta sulle spalle e diede un'ultima occhiata alla neve che stava iniziando a coprire il cortile. Poi, si voltò verso la porta.

Lady Dimitrescu l'aveva lasciata sola già da un po', non era certa da quanto esattamente, e si chiese quando sarebbe tornata. Si sentiva indifesa senza di lei, i suoi demoni fermi negli angoli della stanza pronti ad aggredirla di nuovo e solo la sua signora era stata in grado di tenerli lontani.

Balzò in piedi appena vide la maniglia della porta abbassarsi, aspettandosi di vedere la sua signora entrare nella stanza ma non fu così. Una cameriera dai capelli castani, con in mano un vassoio, varcò la soglia. Teneva il vassoio in equilibrio con un braccio, il volto concentrato su quel compito mentre chiudeva la porta alle sue spalle. La cameriera afferrò poi il vassoio con entrambe le mani e, dopo essersi accertata di avere una presa salda su di esso, mosse lo sguardo per tutta la stanza fino a incrociare quello di Kate.

- Quindi sei tu! - esclamò allegra, sorridendole mentre lasciava il vassoio sul tavolo con lo specchio.

Kate si lasciò cadere sul davanzale, delusa, lasciando uscire l'aria che non si era resa conto di aver trattenuto. Tenne la testa abbassata, cercando di nascondere la sua espressione alla cameriera mentre questa si avvicinava a lei. Si fermò una volta vicina, strofinandosi il mento, pensierosa.

- Credo di sapere il tuo nome - continuò la cameriera, attirando l'attenzione di Kate - K...Karol? No! - la ragazza dai capelli neri fissò confusa i tentativi dell'altra di indovinare il suo nome. Per quanto ne sapeva, in realtà poteva benissimo chiamarsi così - Katherine! - quasi urlò il suo nome, battendo una volta le mani davanti al petto e facendo sussultare Kate che si limitò ad annuire - Lo sapevo - Kate si ritrovò a sorridere vedendo lo sguardo soddisfatto della cameriera - Tu sai chi sono io? -

- Non sono sicura di saperlo - ammise scuotendo piano la testa. Non era esattamente una persona socievole e le cameriere con cui aveva parlato, oltre le tre con cui condivideva la stanza, erano quelle con cui si ritrovava a lavorare quando avevano gli stessi compiti. Non ricordava nemmeno tutti i loro nomi, solo di alcune. Con la ragazza davanti a sé, non era mai successo. Non era la prima volta che la vedeva ma non avevano mai lavorato insieme.

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