Capitolo 19

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Il capitolo 19 solo per voi. Più corto del precedente ma sono comunque soddisfatta.

Buona lettura :D

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Rimasta sola nel silenzio di quella sera, Kate si portò una mano alla fronte, poggiando poi la schiena contro il muro alle sue spalle. Sospirò forte, stanca per tutto ciò che era successo negli ultimi giorni. La sua vita al castello era stata tranquilla fino al giorno dell'incidente di Bela. Era sempre stata invisibile agli occhi della sua signora e delle sue figlie. Da quel giorno, invece, le sembrava di non avere avuto un attimo di tregua.

Si staccò dal muro, voltandosi verso la porta della sua stanza ed entrò, chiudendola poi alle sue spalle. Normalmente, a quell'ora, Clara, Lisa e Lucinda erano in camera a parlare e ridere tra di loro, riempiendo la stanza di allegria. Cercavano di coinvolgerla, condividendo con lei quei momenti di tranquillità ma Kate non era mai riuscita a sciogliersi totalmente con loro. Si teneva sempre in disparte, senza sentirsi veramente parte delle loro conversazioni come non si sentiva parte di nulla. La sua mancanza di memoria era un problema che cercava di non affrontare, lasciando che la consumasse lentamente e in silenzio.

Osservò i letti di Clara e Lucinda, ricordando il giorni in cui erano arrivate al castello, insieme, le piccole valige con i loro vestiti strette nelle mani. Lara le aveva accompagnate in quella stanza, una mattina, e le aveva presentate a Kate. Così, nei giorni successivi, Kate aveva scoperto che le due erano amiche da anni e che, per uno strano caso del destino, avevano ricevuto entrambe la lettera da parte di Lady Dimitrescu. Le due si erano dimostrate subito restie al lavorare lì, eseguendo comunque i loro compiti al meglio per restare fuori dal radar delle signore del castello. Kate si domandò se si erano comportate in quel modo perché avevano già deciso di scappare. Si chiese anche perché avessero incluso Lisa nel loro piano e non lei. Forse l'altra ragazza le aveva scoperte, come aveva fatto Kate, e le aveva affrontate. Sicuramente non avrebbe avuto una risposta a quella domanda.

Mosse lo sguardo per la stanza silenziosa, osservando i letti vuoti, i pigiami delle tre ragazze piegati sopra i cuscini. Accanto a ogni letto era sistemati dei comodini e su quelli di Clara e Lisa erano posati i libri che le due ragazze leggevano ogni sera prima di dormire. Lucinda, invece non era amante della lettura e sul suo comodino infatti non c'era nessun libro, solo un quaderno dalla copertina in pelle nera. In quelle pagine erano racchiusi i pensieri della ragazza, le sue giornate e tutto ciò che le passava per la mente. Lucinda non aveva permesso a nessuno di leggerlo, nemmeno a Clara, lasciando le sue compagne di stanza nella curiosità. Adesso, però, le pagine sarebbero rimaste bianche.

Il cuore prese a batterle con forza, mentre fissava quegli oggetti con la sensazione che le stessero urlando contro, incolpandola di ciò che era successo alle loro proprietarie. Nel silenzio della stanza, privo dell'allegrie delle tre ragazze, quasi pensò di sentire le loro voci accusarla della stessa cosa, ripetendo più volte la parola "colpevole". E lei ci credeva. Il cuore continuò a battere forte, più veloce, mentre il petto si alzava e abbassava al ritmo sconnesso del suo respiro. I polmoni continuavano a pompare aria dentro e fuori, con forza e rapidamente, la sensazione familiare di oppressione al petto l'avvolse subito. Sapeva che cosa stava succedendo al suo corpo e alla sua mente. Stava avendo un attacco di panico.

Doveva calmarsi, allontanare quelle emozioni come aveva fatto nella stanza di Lady Dimitrescu ma qualsiasi cosa a cui pensava, la riportava inevitabilmente a concentrarsi sulla stanza e sul significato di essere sola e circondata dagli effetti personali delle altre ragazze.

Doveva andarsene, lasciare quella stanza ma il suo corpo rifiutava di muoversi. Rimase immobile, il corpo rigido, a parte il respiro affannoso con cui i suoi polmoni stavano lottando, muovendole il petto. Sentiva il peso di quel senso di colpa bloccarla, soffocarla mentre grida che in realtà non esistevano erano tutto ciò che riusciva a udire.

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