Capitolo 29

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Buona Lettura :D

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Il rumore di tacchi risuonava nel castello, disturbando la quiete di quella sera. Lady Dimitrescu si muoveva veloce nel castello, sicura nei familiari corridoi della sua casa che l'avrebbero condotta nella sua stanza. Lì avrebbe avuto modo di calmarsi, ricomporsi, riprendere il suo ruolo di Signora del Castello.

Appena varcò la soglia della sua camera, Alcina chiuse la porta a chiave, avendo bisogno di privacy e di stare sola. Era ben al corrente che le sue figlie sarebbero potute passare sotto la porta nella loro forma di insetti. Sapeva anche, però, che sapevano di non doverlo fare, almeno che non fosse stata un'emergenza.

Il suo sguardo dorato si posò sul piano del tavolo, notando la bottiglia di vino e il calice che aveva usato durante il pomeriggio. Avrebbe chiesto a Katherine di portarli via prima di terminare la giornata ma quello che era successo l'aveva costretta a cambiare i suoi programmi.

Si avvicinò al tavolo, riempiendo il calice e svuotandolo tutto d'un fiato. Osservò per un momento il vetro rosso che stringeva in una mano, poi la bottiglia nell'altra, decidendo di mettere da parte il bicchiere per godere della bevanda direttamente dalla bottiglia. Non un comportamento adatto a una signora ma in quel momento non aveva importanza.

Lasciò la bottiglia sul davanzale della finestra, muovendosi poi nella stanza per recuperare il necessario per poter fumare. La sigaretta venne sistemata sul bocchino e con lo zippo l'accese, tornando poi verso la finestra per prendere un altro sorso di vino.

Si concesse del tempo per fumare e bere, per rilassarsi nel silenzio di quella sera. In quella calma, la sua mente tornò a concentrarsi sugli eventi dell'ultima ora. Non che avesse smesso di pensare a Katherine da quando l'aveva lasciata in biblioteca. Ma, nella fretta di raggiungere la sua camera e la sua privacy, aveva limitato il più possibile quel pensiero.

L'immagine del volto della ragazza comparve nella sua mente, mostrando alla donna ogni sfumatura di rosso che le avvolgeva spesso le guance, ricordando alla donna ogni cambiamento nel battito del suo cuore e le diverse espressioni che lasciavano intendere cosa passasse per la testa della giovane. Più continuava a pensare a quello, più quella familiare sensazione nel suo corpo tornava a farsi sentire, più forte di prima.

Dall'incontro con il sindaco, quando la sua adorata cameriera aveva agito in modo sconsiderato ma attento alle esigenze della sua signora, Alcina aveva sentito un desiderio primitivo impossessarsi di lei. Aveva provato l'impulso di prendere la ragazza e farla sua, in un significato del tutto diverso da quello che aveva inteso fino a quel momento quando aveva definito in quel modo la cameriera.

Non sarebbe stata la prima volta che cedeva a quel desiderio. Molte ragazze o donne erano cadute ai suoi piede chiedendo, supplicando di ricevere le sue attenzioni, sia tra il personale del castello che tra gli abitanti del villaggio. Poche volte aveva rifiutato le loro richieste.

In Katherine, Alcina poteva vedere la stessa passione, lo stesso desiderio. L'unica differenza tra lei e tutte le altre che avevano ceduto al fascino della vampira, era che la ragazza non se ne rendeva conto.

Alcina, però, aveva anni di esperienza sulle spalle ed era in grado di capire il desiderio nelle persone. La sua cameriera era giovane e i suoi problemi con la memoria la rendevano ancora più ingenua. Non in modo negativo, anzi, il contrario. La ragazza sembrava vivere ogni cosa come se fosse la prima volta.

Dal sapore del suo sangue, Alcina sapeva che quella sarebbe stata davvero la sua prima volta.

Quella purezza che la donna vedeva in Kate, che assaporava in ciò che le scorreva nelle vene, Alcina non era pronta a separarsene. Sarebbe stato un peccato privarla di ciò che rendeva il suo sangue così magnifico e quel pensiero bastava a evitare alla donna di fare qualcosa di avventato.

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