12. UNO DEI MIEI FILM PREFERITI

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Si dice che nell'allontanamento di una persona ci siano 5 fasi che si affrontano.

Prima fase: la fase della negazione.

Quando affrontiamo una perdita che ci causa molto dolore il nostro organismo cerca di difenderci da una simile sofferenza, negandola. Neghiamo quindi l'accaduto a causa dello stato di shock dovuto alla perdita. Emotivamente si osserva un'assenza di reazione: la persona è consapevole di ciò che è successo ma non vuole, e non può, accettarlo.

Berry i primi giorni non mangiava, non scendeva dal letto, non reagiva, né niente. Si rifiutava di accettare di essere stato ferito e di doverlo affrontare.

Leggeva e rileggeva sempre lo stesso libro, faceva duo o tre coccole a Tam, ma del resto stava zitto. Non parlava. Andava in bagno solo per i suoi bisogni e mangiava pochissimo.

Sua nonna e tutti gli altri erano evidentemente preoccupati.

«Devi mangiare» «Come stai?» «Cosa è successo?» «Berry, ti prego, parla.»

Queste alcune delle miriadi di cose che si sentiva dire, ma nulla. Non una parola.

«Berry guarda che l'abbiamo capito tutti che con Dylan non è andata. Ho incontrato il suo amico, mi ha detto che non esce da casa sua da una settimana, proprio come te.» disse Tessa entrando nella sua camera.

E lì Berry scattò.

Seconda fase: la fase della rabbia.

Quando cominciamo a renderci conto di ciò che è accaduto, iniziamo a provare rabbia, a chiederci cosa abbiamo fatto per meritarci questa sofferenza, a sentirci arrabbiati con chi ci ha ferito e con la vita stessa. Tendiamo a dare la colpa a qualcuno perché pensiamo che la situazione sia ingiusta. Può capitare di sentirci responsabili in qualche modo perché non siamo riusciti a evitare la perdita.

«Lui sta male?! Lui?! Teresa, tu non ne sai un cazzo di sta storia! Tu non sai quanto mi sono sentito usato per i suoi giochetti. Mi ha nascosto! Si vergognava di me! Sono stato il suo fottutissimo esperimento gay! Io ho aperto il mio cuore e lui me lo ha strappato, proprio come quello stronzo di Miles!» urlò contro la ragazza in preda alla rabbia. «Ora se non ti dispiace, ti chiederei di andartene» sbattè la porta in faccia ancor prima di una risposta e tornò nel letto.

Prese il libro e lo scaraventò sul muro. In tutto quello, Tam grattava sulla porta abbaiando. «Tam basta, vattene via» urlò. Poi iniziò a sbattere tutto per terra. Lo fece perché si era fatto abbindolare. Perché era stato usato. Perché era uno stupido. Perché Dylan era uno stronzo. E perché tutto faceva schifo.

Passò un'altra settimana in cui al minimo rumore sbatteva qualcosa o gridava dalla rabbia. Ormai sua nonna non provava neanche a calmarlo, si limitava ad andarsene e a chiamare Tessa che, puntualmente, assisteva alla sfuriata del ragazzo. Un giorno sentì il rumore di una moto e spaccò un bicchiere. Finalmente sentiva qualcosa diverso dalla rabbia. Dolore. Ormai era un'abitudine. Odiava quel senso di sangue che ribolliva nelle sue vene, ma non riusciva a calmarsi, tutto quello che provava era odio.

Dovette andare al pronto soccorso e gli diedero 5 punti sulla mano sinistra. Ora aveva anche una cicatrice che gli ricordava quanto fosse stato stupido.

Si decise a fare qualcosa.

Fase numero tre: patteggiamento o contrattazione.

La nostra mente per tornare a sopravvivere, in questo momento di grande dolore, inizia a patteggiare. È il momento in cui cerchiamo di capire cosa siamo in grado di fare e in quali situazioni possiamo di nuovo di investire emotivamente. Cerchiamo di riprendere il controllo della nostra vita buttandoci su altro, su nuovi progetti e nuove amicizie. La perdita tuttavia non è ancora stata elaborata e il dolore può ritornare da un momento all'altro.

Bantry || Dylan & BerryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora