Cuore in gola

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"Amelia pronto?"

La voce, incastrata in mezzo alla gola, non le esce.

"Amelia, dimmi qualcosa. Ci sei?"

"Ci... sono" il tono è leggero, come appannato.

"Si tratta di cardiomiopatia dilatativa. O almeno questo è il termine che usano i medici. Il tuo cuore è debole." Sussurra, con un filo di voce. Cerca di rassicurarla, usando parole che Amelia non capisce.

Sono suoni ovattati, lontani. Extrasistole, regressione della cardiomiopatia, insufficienza cardiaca congestizia, esame morfologico. La linea telefonica sembra disturbata; un suono metallico, a intervalli regolari, sospende la comunicazione, che cade lentamente in un onirico limbo. Un insieme di rumori si accavallano, confusi. Parole a metà, tamburi nella gola, urti di vomito.

"Am, tesoro. Andrà tutto bene. Risolveremo tutto" - la voce, sempre più distante, si assottiglia fino a scomparire. La linea è caduta.

Lei è lì, seduta sul bordo della vasca, con lo sguardo perso nel vuoto e gli arti bloccati in una fastidiosa paralisi, quando Filippo inizia a battere dei colpi sulla porta.

"Tutto bene lì dentro?"

La voce del ragazzo la scuote.

"Ar-rivo" balbetta. Non riesce a farne a meno.

Ok. googliamolo. Cardiomiopatia dilatativa.

Legge di corsa, scorrendo veloce con le dita delle mani sudate, saltando qualche rigo in qua e là.

La cavità cardiaca si allarga in seguito a una perdita di forza di contrazione del muscolo cardiaco, riducendo così la capacità del cuore di pompare il sangue.

...Alcuni pazienti avvertono dolore toracico.

Il battito le accelera bruscamente.

Nei casi più gravi può richiedere un trapianto cardiaco.

Il telefono le scivola a terra, colpendole silenziosamente un piede.

Dio.

"Filippo" sospira mentre apre lentamente la porta del bagno.

"Che diavolo succede? Hai una faccia!"

"No, a volte mi capita... è tutto okay. Ho bisogno di stendermi un attimo, soffro di pressione bassa." -le gambe le cedono.

"Ehi" la prende per i fianchi, accompagnandola verso il letto "Ti ho proprio sfinita"

Am accenna un sorriso, che le si spegne immediatamente sul volto bianco.

Un brusio di voci le pulsa dentro le tempie.

Perché tutto questo suona così familiare? Perché mi sembra di averlo già vissuto?

Un flash. Una luce bianca fredda. Sembra così reale che le viene l'impulso di stropicciarsi gli occhi.

Ok, facciamo chiarezza. Il commercialista non è morto. Il commercialista è realmente un medico, probabilmente il mio. Ma che ci faceva sull'aereo? Raggiungeva i miei genitori?

Che bisogno c'è di andare in America per parlare con un medico che esercita in Italia?

"Amelia?" La voce profonda di Filippo interrompe il flusso di pensieri della ragazza.

"Hai bisogno di qualcosa?"

"Ehm... no. Credo che dormirò un po', d'accordo?" Sospira Am, voltandosi sul fianco opposto.

"Okay, se mi assicuri che stai bene salgo un attimo in camera di mio padre" fa lui, chiudendo le tende

"Certo"

Am rimane sola, avvolta nell'ombra di una camera di un hotel a New York, con il cuore a pezzi, per usare un'espressione infelice, e il volto segnato dalla preoccupazione.

Come cazzo faccio a gestire tutto questo?

Scatta a sedere sul letto e afferra il telefono.

Le lacrime le riempiono gli occhi, sfocandole, sul viso, quel filo di trucco che si ostina a mettere, con una cura maniacale, per rendere il suo viso più adulto e più simmetrico.

Ok. Ora mi riprendo. Vediamo dove alloggiate.

Apre safari e digita il numero che le ha inviato poco prima la madre.

Dio, vorrei urlare. Ma che cazzo di buio. Sospira, allungando una mano verso la tenda.

Andiamo, quanto ci vuole... che wi-fi inutile.

I secondi interminabili - a maggior ragione per una persona impaziente come lei -  le si accavallano sul petto, ammaccando quel cuore già malato.

Ecco, trovato. Hotel The Mark. 77 st.

Apre Google Maps. È una traversa della 5th Avenue, in pratica a Central Park.

Devo andarci immediatamente.


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