Specchio

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Sul vetro del finestrino del taxi si attaccano, veloci, grossi goccioloni. Fissa, con aria distratta e quasi affascinata,  scivolare giù quelle perle trasparenti in una vera e propria gara a chi arriva prima al bordo. La pista è uno specchio appannato, su cui si riflette, opaca, la sua immagine; lei la vede ma non la guarda.  

I capelli, lunghi e lisci, le si increspano intorno al collo, provocandole un fastidio non indifferente, mentre il rumore del freno le entra in modo sgradevole nelle orecchie.

"La ringrazio infinitamente" sospira con un tono che le esce falso e spiacevole, ancor prima che il tassista, indifferente, le abbia passato il bagaglio.

Ma non potevo portarmi un trolley, come le persone normali?  Pensa, mentre si carica sulle spalle lo zaino, fastidiosamente ingombrante. Cristo, se mi giro di scatto faccio fuori qualcuno.

Si infila in tasca il resto, accartocciando la banconota come se fosse un vecchio scontrino e, con passo nervoso, si incammina verso il Gate.

L'odore caldo delle brioches le entra nel naso mentre un gruppo di ragazze, accanto a lei, ridono con una spensieratezza che, per una qualche ragione, la infastidisce. Loro non sanno che lei ha l'inferno dentro. Mandano gli ultimi messaggi prima di partire, ai fidanzati. 

Dio, quanto vorrei scrivergli.

Deglutisce ma il nodo rimane. Cerca di non pensarci ma lui si aggrappa al cuore e continua a stringere.

Nota, tra la folla, un ragazzo molto alto, con lo sguardo timidamente corrucciato. Sembra disinteressato a tutto quello che lo circonda. Ha le labbra carnose, gli occhi scuri, e il modo di fare di chi non sa perché è sceso dal letto la mattina.

La sensazione di avere una morsa che stringe sempre di più riprende in aereo, è seduta accanto a una ragazza con dei capelli così lunghi da sfiorarle le gambe magre.

I pensieri scorrono così veloci nella mente di Amelia che lei difficilmente riesce a fermarli, concentrarsi su uno. Fa male pensare a quando non si capivano, all'ansia che la bloccava e le impediva di essere libera. Fa male anche pensare a quando stavano bene, i pensieri si mescolano e si mescolano ancora. Si chiede se anche lui ci stia pensando, se le scriverà per sapere come sta. Quanto cazzo mi manca.

"Che freddo" le sorride la ragazza che le siede vicina, è completamente struccata. Amelia, che non avrebbe mai il coraggio di uscire senza sistemarsi, non può fare a meno di notarlo. Tiene in maniera maniacale all'opinione altrui, il che è la ragione per cui ha deciso di indossare dei leggins così fastidiosamente attillati per un viaggio di quasi 12 ore.

"Non è passata neanche un'ora e già mi annoio" replica, dicendo la prima cosa che le passa per la testa, aggiungendo "vado in bagno", come se qualcuno glielo avesse chiesto.  A dire la verità ha voglia di alzarsi soltanto per farsi notare. Dopo tutto, quei pantaloni le sollevano il sedere quel tanto che basta per darle il  desiderio di mostrarlo a tutti i passeggeri.

Mentre cammina tra i sedili, intrecciando le gambe in una sfilata di pochi metri, cattura l'attenzione del ragazzo serio di poco prima...se ne accorge ma la timidezza impedisce all'incrocio dei loro sguardi di durare più di un millesimo di secondo.

Amelia ostenta sicurezza ma è una gran finzione. Le piacerebbe essere davvero la ragazza che recita di essere: consapevole, fiera, decisa. Una ragazza che sa cosa vuole e non ha paura di andarselo a prendere. E invece basta l'occhiata di uno sconosciuto a far precipitare il suo sguardo sui propri piedi.

Sei una sfigata - sussurra a sé stessa, infastidita, mentre torna al proprio posto e l'aria condizionata le si incolla addosso provocandole i brividi.

Volare le piace da impazzire, l'idea di poter entrare nelle nuvole la entusiasma come una bambina. Ogni volta, sul viso, le si intrecciano, in un dipinto, stupore e incanto mentre si innamora del cielo, fissandolo attraverso un oblò.  Stavolta, però, c'è qualcosa di diverso... le nuvole non sono batuffoli di cotone ma si aggrovigliano in scarabocchi neri.

Fa sempre più freddo - è costretta ad attorcigliarsi attorno al collo, come una sciarpa, la felpa mentre la turbolenza inizia a provocarle una sensazione di vuoto allo stomaco e una leggera nausea. 

Abbassa lo sguardo e nota che i braccioli della sua poltrona stanno tremando sempre più forte.

Che diavolo succede? Siamo in mezzo a una cazzo di tempesta?

Adesso la vista le si annebbia  e la nausea aumenta. Si stropiccia gli occhi con i pugni chiusi, la testa inizia a pulsare, a martellare. Davanti a lei un signore con una camicia di lino bianca chiede un sacchetto per vomitare. Poi l'annuncio. Una voce metallica e rauca al contempo. 

"Gentili passeggeri, a causa del maltempo siamo costretti ad atterrare a Parigi"

Parigi? E sia.


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