Folla

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Pochi caratteri blu tondeggianti, una sola parola: "Seguimi". 

Come seguimi? Ma parlare normalmente no? Perché improvvisamente nessuno le sembra sano di mente? Si vergogna di far vedere a suo padre che ha conosciuto una ragazza? Non gliel'ha detto? È davvero confusa. Non ha molto tempo per pensare, dato che "quel cretino" è sceso dal pullman alla velocità della luce per andare chissà dove e dato che lei deve seguirlo. 

Così, Am si alza di scatto, afferra lo zaino, fa quasi a spallate con gli altri passeggeri ed esce, appena in tempo per vederlo entrare da una porticina laterale. Si mette a correre come una ladra ma senza grande successo; raggiunge, con il cuore in gola, una porta a vetri la cui apertura, automatica, la costringe a fermarsi per lasciare il tempo alla tecnologia di mettersi in moto. La porta, finalmente, si apre ma ha perso Filippo. Quell'imbecille. La leggera miopia diventa un grandissimo ostacolo. Distratta, confusa, disorientata cammina senza una meta, un po' a destra e un po' a sinistra, dentro l'aeroporto. Si sente a disagio, sente l'impulso di guardare il telefono, come una cretina, di nuovo per nascondersi dietro il suo schermo, che la fa sentire quasi invisibile. Qualcosa di inspiegabile la attira senza motivo, come la luce verde che ipnotizzava Aurora ne La bella addormentata nel bosco, sospendendola in una dimensione quasi onirica e trascinandola verso il fuso. Così, si gira a destra e inizia a camminare velocemente in quella direzione. Non si concentra su nessuna delle persone che ha intorno.

Si sente tirare la maglia e pensa di essersi impigliata, si gira di scatto, è lui.

Vorrebbe chiedergli tante di quelle cose... Perché ha dovuto seguirlo, per esempio, o meglio cercarlo, per tutto l'aeroporto, quando bastava parlarsi da persone civili. Troppo compromettente? Beh, in effetti, parlare con una normalissima ragazza su un pullman può sembrare qualcosa di davvero infattibile, certo. Perché l'indifferenza più totale? Quanti anni pensa che lei abbia? O meglio quanti anni pensa di avere?

Il fastidio e il groviglio di parole, incastrati nella sua testa, finiscono per venire completamente annullati, se non disintegrati, da poche sillabe, ancor meno parole.

"Mi dispiace, ma dovevo farlo"

Le afferra la nuca con la mano destra e la bacia - sì, esatto come in un film.

Il potere di un bacio è decisamente sottovalutato. Michelle Pfeiffer, alias Catwoman, alla battuta "ll vischio se lo mangi può essere fatale" ha replicato "ma un bacio dato bene può essere ancora più fatale".

Dalle labbra, quel gesto, si trasferisce in mezzo al petto - non dolcemente, no- vi precipita, in un attimo. E dal petto, quel gesto, si trasferisce nello stomaco, attorcigliandolo, aggrovigliandolo, informicolandolo. E dallo stomaco, il formicolio, divampa nelle mani, mentre infuoca le guance, che ardono assieme a tutto il corpo nel più meraviglioso degli incendi. 

Ed è difficile, così difficile, anche soltanto descrivere ciò che da dentro li spinge a non fermarsi mai, a desiderare che continui ancora e ancora.

Immaginate di non bere niente da ore, di trovarvi con una gola secca da impazzire, quasi da non riuscire a deglutire. Di essere disidratati, di morire di caldo, di avere le labbra screpolate dal sole. Davanti ad una bottiglia d'acqua fresca riuscireste a fermarvi al primo sorso?

Le loro labbra erano magneti, calamite.

Dopo diversi minuti, in cui cercano, invano, di saziarsi reciprocamente, finalmente i loro volti si separano.

"Mi dispiace" le soffia lui sulle labbra, ancora vicine alle sue. "Spero che capirai" e corre via, prima che lei possa avere il tempo di replicare.

"Spero che capirai"... Ma capire cosa? Perché?  

Niente aveva un senso. Si era fatto seguire per darle un bacio d'addio? L'avrebbe mai più rivisto? Perché non le aveva spiegato niente?

La rabbia le gonfia le vene sulle tempie. Non sa nemmeno dove andare, non sopporta l'idea di vederlo in aereo, già se lo immagina... a far finta di non averla mai vista prima, senza una ragione precisa. In realtà, il fatto che lui si sarebbe seduto su quell'aereo, in fondo, la rassicura, è un modo per rimanergli ancora un po' vicina.

A qualche passo dalla colonna, dietro cui Filippo l'aveva appena baciata, c'è la squallida insegna luminosa di un BAR, se così lo si può definire, davanti al quale qualche tavolino in plastica gialla conferisce un po' di colore a quell'aeroporto spento. Da lì, si vedono i tabelloni.

Il loro volo non è ancora uscito e lei ha bisogno di sedersi. Ha le gambe che tremano e almeno mille pensieri le si attaccano, come api, al cuore, cosparso di miele.

Lascia cadere lo zaino a terra, con un movimento brusco, sfilandolo di fretta dalla spalla arrossata. Lo posa e si siede di fronte a uno di quei tavoli gialli, senza ordinare niente.

Ci si può sentire soli anche in mezzo a tanta gente. Anzi, è proprio la gente ad accentuare la sensazione di solitudine. La odia da sempre, la folla... non i singoli ma i singoli come parte della massa. Quelli che si muovono senza pensare, quelli che seguono il "gregge".

La odia da quando ha letto i Promessi Sposi, forse da prima. C'è qualcosa che non funziona nel "branco", c'è qualcosa di malato, superficiale, distaccato, schifoso. Tutti la guardano ma nessuno la vede. Se urlasse non si avvicinerebbero, bisbiglierebbero, tra loro, sussurrandosi, nelle orecchie, parole cattive, la deriderebbero. È come se i loro cervelli smettessero di funzionare per diventare parte di un unico meccanismo, che non funziona. Apparenza, meschinità e maschere, in un teatro di finzione. Ognuno di noi è attore, però. Non ce ne rendiamo conto ma recitiamo una parte, in ogni istante della nostra vita.

Amelia, in quel momento, era prima attrice.

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