Espirare

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12 Aprile.

C'è una grande confusione, tanta gente che condivide lo stesso spazio senza nemmeno sfiorarsi o notarsi. La testa le fa male e le bruciano gli occhi a causa della stanchezza. Quella notte non ha dormito più di un'ora, l'ansia le premeva in mezzo al petto supplicandola di non chiudere le palpebre.  

Finalmente un atto di coraggio in una costante voragine di monotonia e noia. 

Si era comportata come una ladra, era uscita di casa all'alba, cercando di non farsi sentire, con uno zaino enorme sulle spalle e in mezzo al petto un peso indescrivibile.

A Marco non aveva detto niente, tanto neanche l'avrebbe ascoltata.

Lo disprezzava, quel groviglio inutile di arroganza, sporcizia, idiozia. Aveva la nausea ogni volta che era costretta a condividere lo spazio con lui,  ogni volta che lo sentiva tirare su con il naso ed emettere un rumore simile al gorgoglio del caffè appena fatto.

Eppure la loro "convivenza" era forzata, dato l'imminente impegno di lavoro a New York dei genitori di lei e l'eccessiva preoccupazione di sua madre, che evidentemente riteneva  preferibile l'opzione di lasciare la figlia accanto a una persona di cui in realtà non sapeva nulla, meno che l'immagine illusoria che negli anni lui aveva lasciato trasparire di sé.

Quello che le sembrava più assurdo era la totale assenza di spiegazioni, erano partiti con la fretta di due latitanti. Altre volte, in passato, si erano allontanati per lavoro, ma mai così.          

Amelia stava perdendo l'equilibrio, in bilico tra preoccupazione e intolleranza e, complici i thiller letteralmente divorati nei giorni precedenti, aveva acquistato i biglietti online, si era caricata il borsone sulle spalle e ora era pronta a partire.

Viaggiare la metteva di buonumore ma c'era una cosa che le impediva di godersi a pieno quella sensazione, l'idea che la felicità va condivisa con qualcuno.

E nella sua gola si intrecciava,  in un nodo che le affannava il respiro, una storia finita da poco. A lei piaceva chiamarlo amore.  Ma mica una forma di amore qualunque, di quelli fatti di cuscini a forma di cuore e ridicoli cioccolatini da supermercato, no... l'amore che si legge nelle pagine dei libri, l'amore che fa tremare le ginocchia, l'amor che move il sole e l'altre stelle.

Lui. Riccioli mori e occhi grandi. Lui. Labbra carnose e sorriso da bambino. Le uniche imperfezioni nel suo aspetto, curato all'inverosimile, erano un dente leggermente scheggiato e una cicatrice sopra il labbro. L'aveva tenuta per mano per un po' e poi l'aveva lasciata andare, cucendole in mezzo al petto un intreccio di insicurezza, paura e timidezza.

E lei continuava a chiedersi perché, mentre si stavano lasciando, quella notte in cui avrebbe voluto soltanto bloccare il tempo, lui continuasse a ripeterle, e sembrava incantato, che era bellissima. Continuava a chiedersi come, per alcuni, possa essere così facile smettere all'improvviso di tenersi per mano. Non parlare più con la persona con cui si è stati così bene da piangere di felicità.

Da piccola, quando il suo nasino godeva ancora di dimensioni moderate, aveva visto l'America in televisione e l'aveva sognata con l'incanto di una bambina. Ora che il suo desiderio stava per avverarsi, però, aveva il cuore in mille pezzi.

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