Lato oscuro

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Aprile, domenica, tarda serata. Il cielo è cosparso di nuvole scure e un leggerissimo vento regala una nota malinconica a una giornata insignificante. Cammina con il passo sveltissimo di chi, con un'inspiegabile e debole falsità, non riesce a fare a meno di fingere la fretta di essere in ritardo a un appuntamento. Si ricorda che, nella testa, quel giorno le frullavano strane idee, si era convinta di avere un lato oscuro, di essere così dannatamente buona soltanto per mostrarsi tale agli altri, soltanto per recitare un ruolo. Si era convinta di essere una stupida, arrogante, superficiale, egocentrica ragazzetta. "Sei sincera eh? Trasparente come il vetro? Eppure tutta questa invidia che ti ribolle nel sangue non appena vedi che qualcuno ha raggiunto un risultato che tu non hai raggiunto non la mostri agli altri... come mai?" Si diceva e, al contempo, implorava a quelle voci nella sua testa di tacere. La rabbia le saliva e scendeva per tutto il corpo e non sapeva come farla esplodere. Dio, com'era incazzata, sentiva il cuore pulsare fin dentro le dita delle mani.

"Lasciati guidare, cammina lasciandoti guidare", questa volta la voce nella sua testa era più calma e rilassata ma, mentre si avvicinava alla destinazione auto impostasi, ossia la casa del suo ex fidanzato (voleva inscenare, come si vede nei film, un incontro casuale), l'ansia le si aggrappava al petto con artigli affilati e le divorava lo stomaco. 

Il cuore. Quanto cazzo batteva forte, lo sentiva in gola, mentre la gente le camminava intorno e lui era vicino, lo sentiva vicino. "È normale questa irrefrenabile voglia di prendere a testate le persone che non mi lasciano spazio per camminare nella mia fottuta direzione del cazzo?"  Eh sì, ha decisamente un lato oscuro.

La hostess interrompe bruscamente il flusso dei suoi pensieri passando con il carrello delle bevande. "Dio santo, non voglio un cazzo! Se avessi avuto bisogno di qualcosa te lo avrei chiesto io, no?" Autoanalisi perfetta, quella del lato oscuro, per l'appunto.

"La ringrazio molto, sono apposto" le sorride. 

Leggermente falsa?  Normale cortesia. La civiltà ci impone di recitare questa enorme farsa del "sì grazie, no grazie, mi scusi, arrivederci", anche se  in molti non recitano granché bene.

Dove era rimasta? Ecco, ci siamo. Stava per succedere qualcosa. 

Niente, non succede niente. Che cosa si aspettava? Di sbattergli contro mentre magari teneva - che so - sette, otto libri tra le mani? Che sarebbero caduti e, al momento di raccoglierli - udite udite- i loro mignoli si sarebbero sfiorati e, tempo di un battito di ciglia, ecco i loro sguardi incrociarsi e, prima ancora di poter mormorare delle scuse, "Oh mio Dio, che ci fai qui?"

No. Niente di tutto ciò.

Cristo, è proprio vero che abbiamo visto troppi film, che abbiamo passato troppe ore seduti sul divano, avvolti come saccottini in una coperta di pile, con le lacrime agli occhi e convinti che quello che desideriamo di più al mondo sia un bacio sotto la pioggia col ragazzo della porta accanto. Per quanto la riguarda le andrebbe bene anche sotto un portico eh, quel bacio, che almeno magari non torna a casa malata e col trucco colato fino ai piedi.

Am si sente la gola secca e si maledice per non aver chiesto un bicchiere d'acqua alla hostess. L'occhio le cade sulla rivista infilata nella tasca davanti al suo sedile. Vediamo un po' che c'è da mangiare... Le viene in mente sua madre, di spalle, avvolta da un vestito a fiori troppo largo anche per lei, che spadella in fretta e furia.

Aspetta. Fermi tutti. Ci siamo. Il tizio. Se lo ricorda. Ma... come è possibile? Si ricorda dove lo ha visto... Strizza gli occhi e aggrotta le sopracciglia come per vedere meglio l'immagine nel suo cervello.

Dentro casa sua, è lì che lo ha visto.

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