"Ci conosciamo?"

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"Ti senti bene?" Le sussurra, con la voce rauca e mascolina, una donna dai capelli biondo cenere ed il petto prorompente.

"Mi sentirei sicuramente meglio se ti fossi data il rossetto sulle labbra e non sui baffi" riflette Am, tirando un sospiro di sollievo.

Alza lo sguardo e la vista le si annebbia. "Soffro di pressione bassa ma va tutto bene" e si allontana camminando lentamente verso il suo posto. Cerca con gli occhi il "commercialista" ma non riesce a trovarlo. Avverte una fitta in mezzo al petto.

Il nostro cervello funziona in modo così strano, ne è sempre stata affascinata.

Quando è in macchina, per esempio, e il vento tiepido che entra dal finestrino le avvolge i capelli, mentre ripensa al messaggio appena ricevuto o alla cena della sera prima,  inizia spesso a autosuggestionarsi. "Se adesso arrivasse una macchina a tutta velocità da destra?", impulsivamente si gira verso destra e, in lontananza, la vede davvero, quella macchina, quella che nel suo cervello sarebbe arrivata a tutta velocità... solo che, nella realtà, arriva lentamente ed è lontana. Il fatto è che oramai si è convinta che c'è un pericolo al punto che si spaventa, sobbalzando, senza un reale motivo, sul sedile nero leggermente consumato della sua auto.

La sensazione che ha provato, mentre usciva dal bagno, è la stessa.

Per sedersi fa alzare il signore con il posto vicino al suo e finalmente sprofonda nella pelle, roteando la testa indietro e facendola scrocchiare.

Non riesce a smettere di torturarsi interrogandosi sul tizio che dovrebbe essere morto. Per distrarsi, allora, come rovistando nella sua testa, cerca altri ricordi. Le si spargono in mente e ne raccoglie uno.

C'è il sole ma il vento è freddo. È uscita in terrazza soltanto un attimo, per fumare una sigaretta che nemmeno le andava, ed è stata costretta a mettersi il piumino, quello leggero però.

Am quel giorno si sente un palloncino. Un palloncino rosso in una foto in bianco e nero.

Riesce ad immaginarlo perfettamente, ogni dettaglio si disegna nella sua mente. Vede nitida l'immagine delle macerie, del fango, dei sassi sopra cui decine, centinaia di persone hanno camminato senza nemmeno avere idea di cosa stessero facendo. Un esercito di imbecilli talmente impegnati a mantenere gonfio il proprio petto da dimenticare qualsiasi altra cosa. Am non è tra loro, Am è un palloncino rosso. Diversa, bellissima, uno spettacolo a colori in un mondo monocromatico ma non è a fuoco. Persino il fotografo è uno di loro mentre lei, pura, leggera più dell'aria, vola via... e nessuno se ne accorge.

Si sente la rabbia battere nel corpo come grandine su un vetro sottile, fragile, sul punto di rompersi e le scende una lacrima che si strofina via prepotentemente dal viso.

"Caffè?" maleducata, la voce metallica di una hostess con i capelli gialli e stopposi, interrompe il flusso dei suoi pensieri. Fermi tutti, abbiamo una vincitrice: la signorina qui presente, col fondotinta color buccia d'arancia, spalmato come crema solare su tutto il viso e su metà collo, vince il premio sorriso più falso dell'anno.

L'odore del caffè mischiato a quello della plastica e dei biscotti confezionati si intrecciano facendole vibrare le narici. Ha la nausea e vorrebbe soltanto scendere da quell'aereo.

"Sì, grazie" e perché no, in fondo? Tanto il suo stomaco è forte, regge ogni tipo di urto.

Il tempo di bagnarsi appena le labbra con quell'acqua marrone dal sapore di ruggine che si sente toccare una spalla; sobbalza sul sedile e per poco il caffè non si rovescia.

"Ci conosciamo, per caso?"

Proprio accanto a lei, così vicino che le sembra quasi di sentire il calore del suo corpo grasso propagarsi, il commercialista morto la guarda criptico.

"Non voglio essere scortese ma ne sono convinto, ci siamo già visti. Non dimentico mai un volto."

Il cuore le sale, con lo scopo esclusivo di tamburellarle in gola.

"Io... non so, lei fa il commercialista o qualcosa del genere?" Si sente a disagio. Una di quelle sensazioni che non si possono controllare in alcun modo, che non si possono nascondere; l'assenza totale della capacità di controllo la gonfia di rabbia, ogni volta, sente il corpo imprigionato in una paralisi da cui non può trapelare che un imbarazzato rossore. Odia a tal punto quella sensazione da desiderare ardentemente prendere quel suo viso sottile a schiaffi. 

"Il commercialista?" Sembra realmente stranito dalla domanda. "Sono un medico veramente..."

Scava nella mente in cerca di un lontano indizio che possa farle comprendere anche solo un piccolo dettaglio della vicenda. Magari si è confusa, magari non le hanno detto che era un commercialista, magari non è lui. 

Eppure lui è lì e si ricorda di lei.

"Guardi, probabilmente si è confuso... io non l'ho mai vista prima"

"Ma se mi hai chiesto se faccio il commercialista! È evidente che anche io le ricordo qualcuno" lui sembra quasi agitato, la faccia gli si è gonfiata.

Am non sa cosa dire, cerca di concentrarsi, aggrottando le sopracciglia in maniera automatica e si morde il labbro inferiore.

Risponde usando la sua arma preferita, l'unica che sorprendentemente funziona quasi sempre, la gentilezza.

"Ha ragione" forza un sorriso sperando con tutte le sue forze di apparire quantomeno lontanamente credibile... "lei è proprio somigliante al commercialista di famiglia però sono sicura che non sia lui. Quando si è avvicinato per chiedermi se ci conosciamo è la prima persona a cui ho pensato. Ma lei non è decisamente... Claudio." Il nome le esce dalle labbra con una naturalezza tale che finisce quasi col credervi persino lei.

Continua a sorridere, mantieni il controllo.

"Capisco..." e, sconfitto, fa per andarsene ma ci ripensa e si volta nuovamente nella sua direzione, apre la bocca come per dire qualcosa, poi però ci rinuncia e torna al suo posto.

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