Trovarsi

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Parlare con persone che non conosce la mette in soggezione. La paura del giudizio altrui le si aggrappa al petto, insensata. Ma non vuole mostrarlo, ostenta sicurezza, celando la sua inquietudine dietro sorrisi falsi e voce decisa.

"Credo di sapere come mai ci conosciamo" Amelia si schiarisce la gola, strofinandosi nervosamente l'indice dietro l'orecchio "lei è qui per avere un colloquio con i miei genitori? I Martini"

L'uomo si toglie gli occhiali, con un gesto che, per qualche inspiegabile ragione, appare paterno, poi sospira e il suo sguardo si dipinge di malinconia.

"Tu sei... Amelia, vero?"

Am corruga la fronte e annuisce mentre un sorriso, appena accennato, le si spegne immediatamente sul volto, entrambi hanno capito, nessuno dei due sa cosa dire.

Tra le più grandi paure della ragazza, ridicoli, spiccano il buio e il silenzio. Il primo perché le dà la sensazione di perdere il controllo, evidenzia le sue insicurezze colorandole con pennarelli neri. Il secondo semplicemente perché la imbarazza, e lei vuole riempire ogni spazio coi toni caldi della sua voce.

"I miei genitori non sanno che sono qui, la prego di non riferire loro di avermi vista"

Dio, fa che mi ascolti

"Tu non dovresti essere qui. Non dovresti viaggiare, avere emozioni forti, bere vino bianco" fa lui, indicando il calice ancora pieno della ragazza.

Che dire, toppate tutte...

Ma che razza di vita merita di essere vissuta senza emozioni forti e vino bianco?

"I tuoi genitori" continua lui, appoggiandole affettuosamente una mano sulla spalla "probabilmente hanno commesso l'errore di tenerti all'oscuro della situazione per permetterti di condurre una vita simile a quella dei tuoi coetanei. La paura è un tarlo, si insinua nei tuoi pensieri e non ti permette di dormire, di mangiare, neppure di... sognare"

Che stronzata, non si può smettere di sognare.

"Non so cosa ti ha spinto a insospettirti e a venire fino a qui ma devo informarli. Sarai sconvolta, stanca, scombussolata e non puoi permettertelo. Vorrei parlare con te dello stato delle cose ma prima devo mettermi in contatto con loro."

Lo stato delle cose? Ma come cazzo parla?

"Ascolti" - Amelia è molto brava a convincere le persone "sto prendendo cognizione adesso di una situazione molto delicata, penso che possa capirmi" lo guarda lei con complicità. "Penso che sia meglio per tutti che parli io con loro. Sarebbe così gentile da dirmi dove posso trovarli? Sono i miei genitori in fondo, penso di avere il diritto di parlarci io per prima"

Simone abbassa lo sguardo, pensieroso.

Andiamo...

"Ma chi mi garantisce che tu non te ne andrai e basta?"

"Andarmene? Senza neanche aver salutato o parlato coi miei? In queste condizioni?" Fa lei, mentre la parola "condizioni" le si aggrappa al cuore. "Insomma, io capisco tutto ma ho bisogno di riprendermi un attimo e di chiarire con loro"

"D'accordo, facciamo così. Non so perché ma voglio fidarmi di te. I tuoi genitori momento non sono in stanza, ma so per certo che domani mattina saremo tutti al Boathouse per colazione." Ci pensa un attimo e aggiunge "Come ti trovo?"

Am scarabocchia su un vecchio scontrino le cifre del suo numero di telefono. "Grazie."

Lui scuote la testa "Voglio vederti domattina. Ti spiegherò ogni cosa."

"Non la deluderò" fa Amelia, avvicinando finalmente il calice alle labbra.

"Niente alcol però" la redarguisce lui "perché non vai a riposare un po'?"

Oh Cristo in croce.

"Va bene" annuisce lei.

È il momento di andare. Non so dove ma okay.

Si salutano con uno sguardo, adesso sono complici.

Ogni giorno, quando il sole cala preparandosi a far spazio alle stelle e un tiepido buio avvolge le cose, l'ansia, come un velo misterioso, le stringe le gambe. Non è mai riuscita a spiegarsi il perché. Quel momento, incastrato a metà tra giorno e notte, le fa paura.

E così, con un foulard di timore avvolto al collo, cammina persa tra le immense vie di New York, senza una meta, senza uno scopo.

Sta costeggiando Central Park quando le vibra la tasca, il telefono le si è connesso al wifi di un cafe.

Cazzo, Filippo.

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