Capitolo 35

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Can
Adil ci guarda ma non dice niente, forse ha capito che è inutile opporsi a qualcosa di così grande come il sentimento che ci lega, o ci legava.

«Ho bisogno di andare a casa» mormora Zaira d'un tratto, è stanca e visibilmente provata, non riuscirebbe mai a recitare, non adesso.

«Non preoccuparti, avviso io Omar» la rassicuro, lei annuisce e si stacca da me attaccandosi al braccio di Adil che alza una mano in segno di saluto e la trascina via, stringendola come avrei dovuto fare io.

Chiudo gli occhi per la rabbia, non credevo di poter diventare insignificante ai suoi occhi, pensavo fosse diversa, almeno lei tra le tante.

Mi stringo nella giacca ed esco dall'ospedale infilandomi in macchina, invio un messaggio ad Omar ed accendo il motore, io ci provo a tornare a casa, a dimenticare il nuovo indirizzo che più volte mi è saltato all'orecchio ma non ci riesco, il mio corpo si dirige da lei e la mia mente vorrebbe scappare.

Sei innamorato perso.

La vocina nella mia testa, quella maledetta vocina che non sta mai zitta e mi impedisce di reagire.

Scendo dall'auto e suono al campanello, il portone scatta ed io mi affretto a prendere l'ascensore.

Dovrei andare, lei non gradisce la mia presenza.

Come immaginavo, è stato Adil ad aprirmi e adesso sosta davanti la porta in attesa.

«Sapevo che saresti venuto» dice riavviandosi i capelli. «E ti ringrazio per essere qui» aggiunge, è stanco anche lui. «Lei si è addormentata» mi informa permettendomi di entrare.

«Capisco» rispondo guardandomi intorno, una casa davvero bella, ha gusto.

«Avrei bisogno di un cambio d'abiti, ti dispiacerebbe rimanere qua con lei?» la sua richiesta mi sorprende, ha sempre odiato la mia presenza ma forse è vero che, dopotutto, due cuori spezzati si comprendono.

«Certo, rimango io» rispondo senza il minimo dubbio, che idiota che sono.

Adil sorride, prende la giacca e va via mentre io perlustro la casa alla ricerca della sua stanza, quando la trovo entro e mi avvicino al letto.

È rannicchiata in posizione fetale e stringe forte un piccolo peluche a forma di ape tra le dita, credo appartenesse a Nilù, i suoi occhi si muovono agitati sotto le palpebre, un incubo la tormenta o, più probabilmente, sta rivivendo i momenti di agonia passati in ospedale in attesa di avere notizie.

Mi siedo sulla poltrona presente in camera e alla fine, vinto dalla stanchezza, mi addormento.

Zaira
Sento il cuore battermi all'impazzata e la testa che vortica tra i pensieri.

Cosa farò senza di lei?

Mi sento persa come una bambina che perde la sua mamma, eravamo tutto l'una per l'altra, ci prendevamo cura a vicenda.

Chi sarà a misurarmi la febbre quando starò male?

Sento gli occhi pizzicare, le lacrime vogliono scendere, ancora.

Mi costringo ad aprirli e mi sistemo meglio sul letto, Can occupa subito il mio campo visivo, la testa inclinata sulla poltrona, sta dormendo.

Non riesco ad arrabbiarmi, non adesso che mi sento svuotata da ogni tipo di emozione.

Ricaccio indietro le lacrime e mi alzo, lascio la stanza e raggiungo il mio bagno riempiendo la vasca, ho bisogno di togliere dal mio corpo questa maledetta puzza di disinfettante che mi ha donato lo stare in ospedale.

I miei indumenti scivolano sul pavimento, non mi premuro di raccoglierli, preferisco entrare subito in vasca e sentire il calore dell'acqua che mi ustiona la pelle, lascio andare il mio corpo sotto il livello dell'acqua così da bagnarmi anche i capelli.

Una mano mi afferra il braccio tirandomi fuori dall'acqua d'improvviso, Can.

Il gelo dell'aria sulla pelle bagnata mi frusta le spalle con violenza.

«Che pensavi di fare?» l'allarme vivo nei suoi occhi.

«Un bagno» rispondo ovvia.

«Sotto l'acqua?» è palesemente contrariato.

«Non stavo tentando il suicidio» lo tranquillizzo, ho così paura del dopo che il solo pensiero non mi sfiora la mente, spero solo che Nilù abbia trovato un posto migliore di questo dove spargere la sua allegria e il suo buon umore.

«Tu mi fai diventare matto» esplode chiudendosi le mani a pugno sugli occhi, sento il suo respiro agitato e mi costringo ad intervenire.

«Sto bene» allungo una mano per potergli accarezzare il braccio, lui si scopre gli occhi e mi guarda.

«Sei una zucca dura» mormora. «E devo sempre costringerti ad ascoltarmi in situazioni poco consone» aggiunge ricordando l'episodio della doccia sul set.

«Non c'è niente che io debba ascoltare, adesso più che mai» mi lascio andare con le spalle all'indietro poggiando la testa sul bordo della vasca, la schiuma mi copre interamente il corpo.

Ovviamente lui non è d'accordo con ciò che ho detto, chiude la porta scorrevole a chiave e inizia a spogliarsi lasciandomi interdetta.

«Che stai facendo?» chiedo, i miei occhi spalancati.

«Quello che avrei dovuto fare da tempo, non ti richiederà parecchio sforzo, non dovrai impegnarti per ascoltare» afferma, abbasso lo sguardo quando anche i boxer finiscono ben ripiegati sulla panca.

Sento i suoi passi sempre più vicini e mi sforzo di tenere gli occhi bassi sulla schiuma bianca e spumosa in superficie, almeno finché non mi solleva di peso ed entra posizionandosi dietro di me e mi costringe a poggiare la schiena al suo petto.

«È una follia» blatero infastidita, cerco di alzarmi ma le sue mani sono forti e mi tengono ferma come una barbie senza vita.

«Hai detto che non vuoi ascoltare, quindi, non parlare» sentenzia.

Mi arrendo a quella posizione e lascio scivolare piano piano la mia testa sulla sua spalla.

La sua mano allenta la presa sul mio corpo, ha capito che non mi opporrò ancora, e si deposita sulla mia guancia in una carezza dolce e ruvida allo stesso tempo.

Mi culla tra le sue braccia grandi ed io mi sento una bambina isterica, piango e non so ricordo nemmeno quando ho iniziato a farlo.

Piango per Nilù.

Piango per Can.

Piango per me stessa, forse.

Lui non dice niente, mi lascia sfogare e si lascia bagnare dalle mie lacrime salate e nere a causa del mascara.

È quando i singhiozzi si fanno insopportabili che mi afferra il mento con un dito e poggia le labbra sulle mie.

Il pianto mi muore in gola.

Lui mi ha distrutta.

Lui mi rimette in piedi.

Mi fa voltare, le mie gambe ai lati delle sue, i miei seni all'altezza del suo cuore, il bacio si fa più intenso, è lui a comandare, io mi lascio trasportare dalla disperazione o dall'amore o forse da entrambi.

Le sue mani si ancorano ai miei fianchi in un movimento deciso, vuole di più di questo bacio tormentato, ho esaurito l'energia cercando di mandare via il dolore che provo per la perdita di Nilu, non trovo le forze per cacciare via anche i miei sentimenti.

I suoi occhi scuri si posano su di me in una tacita richiesta ed io, lo lascio fare.

Sorride e torna a baciarmi mentre affonda nelle mie carni, gli occhi chiusi e i respiri pesanti.

Scordarmi Chi EroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora