Capitolo 30.

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"Giuro che se non sparisci dalla mia vista entro cinque secondi ti spacco la faccia!" esclamo sbattendo il bicchiere colmo di scotch sull'isola della cucina.

Mi ha appena riportato a casa come se fossi uno di quei delinquenti agli arresti domiciliari, pensavo togliesse il disturbo non appena varcata la soglia del cancello e invece è entrato con me, ha seguito ogni mio movimento in silenzio.

"Can, davvero possiamo parlarne..." tenta di intavolare un discorso facendomi arrabbiare ancora di più.

"Non hai capito?" mi avvicino pericolosamente a lui.

"Te ne devi andare!" urlo, non mi piace alzare la voce, soprattutto con i miei collaboratori ma ciò che mi stanno facendo è grave, troppo perché io possa riuscire a sorvolare.

"Inoltre, non appena questa pagliacciata sarà finita, potrai cercare un'altro incarico. È mio sacrosanto diritto scegliere il menager e tu non rispecchi più le mie esigenze" aggiungo, lui spalanca gli occhi incredulo.

Era un pover'uomo prima che io lo prendessi sotto la mia ala e lo portassi in alto con me, l'ho aiutato, ho aiutato la sua famiglia a riemergere dalla merda in cui erano caduti a causa sua, per i suoi brutti vizi e lui mi ripaga andando contro i miei principi.

"Can, quella donna ti sta facendo il lavaggio del cervello" allarga le braccia in segno di protesta, vorrebbe farmi credere che il mio problema è lei, ma hanno forse dimenticato chi sono.

"Non ci provare idiota, lascia fuori Zaira, se devi pararti il culo cerca qualche altra stronzata con cui rifocillarmi perché questa non attacca" concludo chiudendomi nel bagno, almeno per essere certo di essere lasciato da solo.

Poggio una mano al lato del lavabo di ceramica e l'altra sulla fronte, mi sento un vulcano pronto ad esplodere e la colpa è solo mia.

Zaira ha ragione, dovevo parlarne con lei ma come facevo? Mi hanno messo nelle condizioni di poter fare solo una scelta ed ora mi sento più incazzato che mai

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Zaira ha ragione, dovevo parlarne con lei ma come facevo? Mi hanno messo nelle condizioni di poter fare solo una scelta ed ora mi sento più incazzato che mai.

Sbuffo rumorosamente e mi levo gli abiti di dosso entrando in vasca, è ancora vuota ma poco importa, si riempirà con me dentro. Apro l'acqua e la stempero poi poggio le spalle sul bordo e lascio andare la testa all'indietro.

Zaira
Mi stringo al mio cuscino nel tentativo di reprimere la voglia di piangere, non ce l'ho con Can, o almeno non del tutto. Lo ha fatto per me e lo apprezzo ma è inevitabile chiedersi se lui tenga davvero a me arrivati a questo punto.

Ho sempre pensato all'amore come qualcosa di insormontabile, di grande, di travolgente, qualcosa che non può essere messo in pausa, no. Non puoi mettere a tacere i sentimenti, non puoi avere l'uomo che ami davanti e fingere che non sia così.

Il solo pensiero mi tormenta, mi logora dentro.

Sento come se stessi rivivendo tutto un'altra volta, come quando eravamo a scuola, io che in qualche modo ero già succube di lui e lui che non se ne accorgeva e andava avanti lasciandomi sempre un passo indietro.

Ho paura di perderlo, di nuovo, di perderlo dopo aver assaggiato solo un misero pezzetto della vita insieme a lui. Dopo aver assaporato quelle labbra che sanno sempre di cioccolata, dopo aver provato i suoi abbracci dalla presa mortale e i suoi gesti così sfrontati e prepotenti. Dopo aver provato quella sensazione di paura ed estasi, di tortura e sollievo, di passione e dolcezza quando abbiamo fatto l'amore, come si fa a mettere in pausa tutto questo?

Le lacrime hanno fatto irruzione ben prima di quanto volessi macchiando il cuscino con il mascara ma non me ne curo, forse piangere mi farà bene.

Sento il campanello suonare e so per certo che non può essere Nilù, lei ha le chiavi e inoltre a quest'ora lavora, per un secondo penso che sia lui ed il mio corpo si muove come spinto da una cordicella invisibile ma quando apro la porta trovo Adil ad aspettarmi con una scatola di cioccolatini in mano.

"Zaira, che succede?" entra senza attendere il mio invito e poggia la scatola sul mobiletto prima di prendermi il viso tra le mani ed asciugacarmi le lacrime con i pollici.

"Non è un buon momento" confesso inerme, non ho nemmeno la forza di contrastare le sue azioni e poi, a che scopo? A suo modo sta cercando di aiutarmi. So bene che Can andrebbe su tutte le furie se lo sapesse qui, a due centimetri di distanza dal mio corpo e con le mani sul mio viso ma probabilmente è proprio questo ciò che mi impedisce di muovermi, l'idea di farlo soffrire, seppur meschina e stupida.

"Allora è vero" Adil chiude la porta e mi trascina in fondo al corridoio cercando la cucina che trova subito essendo una casa molto piccola.

"Omar mi ha telefonato dicendomi che, insomma, che tra te e Can fosse finita" dice sedendosi sul divano accanto a me.

"Ha detto così?" chiedo fingendomi impassibile.

"Si, insomma, non dovrei parlartene..." si ferma dispiaciuto accarezzandomi una guancia.

"Parla Adil" lo incito.

"Zaira, stai abbastanza male così, davvero non serve a nulla sapere altro" sposta l'intera massa dei miei capelli, che era ricaduta sulle mie guance, dietro le spalle con cura.

"Ho bisogno che tu mi dica cosa sai" lo supplico, lui sgrana gli occhi come se non si aspettasse il mio famelico bisogno di sapere, sposta lo sguardo da me al tavolino di fronte per qualche volta prima di sospirare e iniziare a parlare.

"Omar mi ha detto che Can gli assicurato che tra di voi era solo una cosa da niente, una questione “fisica” ecco, una storiella, citando le sue parole" cerca il modo più docile per dirmelo ma le sue parole mi sono arrivate dritte allo stomaco come un pugno.

"Ha usato questa parola?" cerco conferma nei suoi occhi che annuisce.

"Così mi ha detto Omar" ci tiene a precisare, non so se Adil sia affidabile dopo alcuni avvenimenti successi in sua presenza, ma di una cosa sono certa: non sta mentendo.

Quando recita assume uno sguardo diverso, gli occhi si riducono a due fessure e spesso si gratta la nuca, dubito stia “recitando” con me, adesso.

"Mi dispiace, Zaira, probabilmente per te era qualcosa di più importante" abbassa lo sguardo sul tappeto ai suoi piedi.

"No, figurati, era una storiella anche per me, temevo solo di aver perso il lavoro che ho sognato per tutta la vita" metto su un sorriso finto mentre poggio la testa sulla sua spalla.

"Il tuo lavoro è salvo, stai tranquilla" mi assicura lasciandomi un bacio all'attaccatura dei capelli.





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