28. Foto

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SPAZIO AUTRICE.

Salve! Mi dispiace immensamente per il ritardo nella pubblicazione del ventottesimo capitolo *corre a nascondersi*.
Spero che mi perdoniate. *spia la situazione dal proprio nascondiglio*
Fatemi sapere se posso uscire dal mio nascondiglio.

Fra ^^
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Siria uscì dalla camera. Si trovò davanti Sherlock e Johnche si baciavano, e con noncuranza li superò.

Stava morendo di fame, chissà se si può avere qualcosa da mangiare in quella casa, pensò. Si aggirò per la cucina, curiosando nelle credenze. Prese una bustina di the, tanto il latte non andava a genio agli inglesi, rinvenì un pacco di biscotti quasi in scadenza, e sperò di trovare qualcosa nel frigo.
Lo aprì.
Lo richiuse.
Non poteva crederci.
Quelli non potevano essere bulbi oculari.
Non nel frigo.
Non in una casa... Beh quella casa non era normale, ma... Occhi umani! Nel frigo!

Siria chiuse gli occhi, trattenendo la nausea. Avrebbe chiesto spiegazioni. Si sistemò sul tavolo della cucina, mentre il the era in infusione.

Poi si alzò: le era venuta un'idea.

Sorridendo, afferrò la macchinetta fotografica che aveva lasciato nella borsa. Johne Sherlock erano ancora dove li aveva lasciati. La luce del sole li illuminava. Sorrise, puntando l'obiettivo verso la coppia che, ignara di tutto, continuava a stare lì. Regolò un paio di impostazioni e scattò.

La macchinetta emise un allegro rumore nel momento in cui scattò la foto.

I due si bloccarono. Siria si nascose dietro l'angolo, trattenendo il fiato. Sfilò là scheda di memoria, pregando che non avessero sentito.

Sherlock alzò la testa, in attesa. Johnlo seguì con lo sguardo, leggermente confuso.

-Siria! Vieni qui un attimo...- gridò Sherlock.

Siria serrò gli occhi.

Oh merda, mi hanno sentita.

Si infilò la schedina in tasca, sperando che Sherlock non la notasse.

-Sì?! Dimmi Sherlock- fece lei, affacciandosi dalla cucina.

Sherlock la guardò, inclinando la testa. Tese la mano. Siria la fissò. In mezzo secondo prese la sua decisione: avrebbe venduto cara la pelle.

-Mai!- gridò, e sparì nella stanza. Sherlock la seguì, correndo per coprire la distanza.

-Vieni subito qui!-

-Noooo-

Siria si trovò nell'ingresso. Andò nel salone.

-Dammi quella scheda. Ora!-

-Mai!-

Si trovò di fronte a John, che alzò le mani. Ancora non aveva capito, come al solito.

-Siria, maledetta ragazza, dammi quella scheda!-

-No! Ho un'etica professionale, io!-

Sherlock si sentì punto sul vivo.

-Anche io ho un'etica sul lavoro!-

-Non penso proprio, Sherlock- intervenne Watson.

-John! Non darle spago! Sta dicendo assurdità-

-Quindi mi pare di capire che veramente non hai un'etica- fece ridendo Siria.

Sherlock sbuffò, roteando gli occhi.

-Lo dite voi- fece scocciato.

Siria e Johnrisero, contagiando anche Sherlock. Questo, con una mossa rapida, si avvicinò a Siria, tentando di infilarle la mano in tasca e sfilarle la scheda. Lei se ne accorse, si scansò e gli diede uno schiaffo sulla mano.

-Stai buono, Sherlock!- disse lei sorridendo furba.
Sherlock gemette ad alta voce.

-BASTA!- gridò John.

I due si immobilizzarono. Siria si allontanò da Sherlock, mentre lui là seguiva con lo sguardo.

-Ora finitela- fece calmo John.

-Sì, ma questa la tengo io- fece Siria a Sherlock. Lui la guardò, aprendo la bocca impotente.

Suonò il campanello, e si sentì la signora Hudson che annunciava l'arrivo dell'ennesimo cliente. I tre si guardarono.

-Vai in camera- fece in coro gli uomini.

-No!- si impuntò lei.

Sherlock le regalò uno sguardo obliquo, e Johnuno quasi supplichevole. Lei scosse la testa. Si sedette alla scrivania, lasciando le due poltrone e il divano liberi.

-Ehm... Salve- disse quello che doveva essere il cliente.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora