13. Svolte

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Siria e Johndopo aver riordinato là cucina decisero di riposarsi. Siria si accoccolò su una poltrona, leggendo un libro che aveva estratto dallo zaino enorme che aveva con sé. Johnsi mise a leggere il giornale. Il silenzio regnava sull'appartamento.

Poco dopo Siria lo ruppe dicendo:- Ehm... John?-.

Lui là guardò. -Io... Non so dove dormire stanotte- disse d'un fiato lei.

Lui la guardò interrogativo e poi sorrise, dicendole:- Puoi restare qui, non ti preoccupare, ci organizzeremo.-.

Lei si alzò e lo abbracciò.

-Grazie-.

Poi prese là borsa e uscì, dicendo che andava a scattare qualche foto in giro.

Appena Siria uscì, Johnsospirò. Aveva un po' paura per lei, ma le sembrava responsabile, non ci sarebbero stati problemi.

Dopo mezz'ora si svegliò Sherlock.

-Cosa...? Cosa mi è successo?- disse spaesato.

-Ti sei addormentato, Sherlock, niente di più- rispose serafico John.

Lui si scosse, e, ancora incredulo e confuso, si alzò. Si scompigliò i capelli scuri e ricci, guardandolo negli occhi.

-Dov'è andata Siria?- chiese a John.

Lui fece per parlare, ma Sherlock lo interruppe:- A fare foto, già lo so.-.

Johnlo guardò, incredulo come sempre, sentendosi un idiota. Sherlock gli sorrise, e a Johnsembrò di leggere, in fondo al suo sguardo, una scintilla di scuse.

Il pomeriggio passò in fretta: Sherlock e Johnuscirono, volevano seguire l'indagine di Scotland Yard senza che Siria ne venisse coinvolta. Trovarono Lestrade che esultava: avevano un riscontro con delle impronte digitali trovate sulla seconda scena di omicidio.

Avevano un nome:Charles Gamel, ex professore di inglese, aveva insegnato alcuni anni in italia, poi era tornato in Inghilterra. Era schedato per molestie ad alcuna alunne, sia in Italia che in Inghilterra, ma aveva passato un tempo brevissimo in carcere. Ora viveva e dava ripetizioni a Londra. Holmes e Watson decisero di fargli una visita, solo per sentire "cosa aveva da dire a riguardo", disse Sherlock. Lestrade fornì loro l'indirizzo, e in quindici minuti erano arrivati. Bussarono. Aprì loro un uomo di media statura, più basso di Sherlock, con un fisico asciutto, il viso con un'espressione di perenne calma serafica, incorniciato da capelli che tendevano al grigio.

Sherlock gli sorrise e disse:- Salve! Mi chiamo Sherlock Holmes, e lui è JohnWatson, vorremmo chiederle un'opinione. Possiamo entrare?-.

-Avrei un'ospite... Quindi...- rispose l'uomo.

-Quindi sarà un immenso piacere, per noi, fare una nuova conoscenza- concluse John.

L'uomo si arrese e li condusse in casa. Si avviò verso la cucina, dove evidentemente c'era l'ospite di cui aveva parlato.

Sherlock rimase un attimo indietro, osservando l'ingresso, e sbirciando nelle altre stanze.

Johnlo richiamò prima di entrare nella cucina dell'uomo.

Si affacciarono nella stanza.

Johnsi irrigidì alla vista dell'ospite: Siria.

Lei lo guardò con gli occhi sbarrati e il desiderio ardente di scomparire, sciogliersi, essere inghiottita dal pavimento, qualsiasi cosa tranne trovarsi lì, in quel momento.

Sherlock apparve nella stanza e il suo sguardo saettò immediatamente verso la ragazza.

Un lampo di rimprovero attraversò i suoi occhi, appena prima di essere sostituito da curiosità e divertimento, per cui tese la mano a Siria, e disse:-Sherlock Holmes, piacere di conoscerti. Questo maleducato è il mio amico John Watson- si rivolse a lui -John, cos'hai? Sei particolarmente maleducato oggi-.

Watson lo guardò, quasi come se fosse un'allucinazione.

Si riscosse e tese incerto la mano a Siria, dicendo incerto:- JohnWatson, piacere-.

Lei rispose, dicendo con un mezzo sorriso:- Siria, il piacere è mio-.

Quale piacere? Pensò poi.

Temeva la reazione non tanto di Sherlock, quanto di suo padre.

Così, tentò la fuga dicendo:-Beh, allora... Io vado, così parlate in tranquillità-.

Sherlock le riconobbe la furbizia con un'occhiata quasi soddisfatta e rispose con noncuranza:-John, la accompagni tu alla porta, scusandoti per il disturbo, vero?-.

Siria tentò di protestare, ma già si trovava in piedi, seguendo meccanicamente Johnche usciva dalla cucina. Si preparò alla probabile sfuriata. Appena furono lontani dalla cucina, Johnla prese per un braccio, la mise con le spalle al muro e le sussurrò con rabbia:-Siria, dammi almeno un buon motivo per cui sei a casa di un uomo che molesta le studentesse senza avermi avvertito. Un solo motivo valido.-.

Siria cominciò a spiegare, balbettando:-Lui... Ha insegnato nella mia scuola, ma non... A me. In un'altra classe. Io avevo avuto problemi con la mia insegnante e lui Quell'uomo ... Mi ha aiutato. Non mi ha mai sfiorata, te lo giuro. Devi credermi.-.

La sua voce tremava leggermente.

Johnstrinse la presa sulle braccia.

-Siria, sei assolutamente certa di quello che mi stai dicendo? Se quel... ti ha solo sfiorato me lo devi dire-.

-Sono sicura-. Sostenne il suo sguardo.

Johnsospirò, abbassò lo sguardo. Aveva il cuore in gola.

-Oh, Siria... Non farlo mai più, rischio l'infarto- sussurrò, e la abbracciò di slancio.

Lei, sorpresa, ricambiò sorridendo l'abbraccio. Chiuse gli occhi, assaporando quell'inaspettato momento di intimità con il padre. Si sciolsero dall'abbraccio quando sentirono Sherlock che chiamava a voce alta John, invitandolo a sbrigarsi.

-Vai a casa, ci vediamo dopo- disse John, accarezzandole una guancia, e, dopo averla fatta uscire tornò in cucina per assistere alla conversazione già iniziata con l'ex-professore.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora