11. Di nuovo a casa

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Appena fuori dall'edificio, fermarono un taxi per tornare al 221b, e durante il tragitto Johne Siria cominciarono a parlare.

-Hai avuto paura?- chiese Johnad un certo punto.

-Io... Un po'- rispose Siria, abbassando lo sguardo.

-È chiaro che eri terrorizzata, perché dovresti mentire così spudoratamente?- intervenne infastidito Sherlock.

-Sherlock, piantala!- Johncominciava ad infastidirsi per il modo in cui il suo amico trattava Siria, -ha diciassette anni, almeno lei, lasciala in pace, per favore.-.

-Perché dovrei John? Sta mentendo. Come fai a non accorgertene?-

Holmes scosse la testa sospirando stancamente. Subito dopo rialzò la testa, fissando Johne facendo una faccia strana.

-Ora hai capito, vero? Non pensavo ci mettessi così tanto.-

Johngli sorrise.

Sherlock non rispose, chiudendosi nel suo tipico mutismo.

Siria li osservava, guardava come si muovevano, pensando che erano perfetti insieme, il braccio e la mente, la ragione e i sentimenti. Sorrise tra sé, guardando la strada che scorreva fuori dal finestrino.

Chissà cosa succedeva un quel momento in Italia, ai suoi amici... In un volo immaginario rivide i luoghi della sua infanzia, quelli a cui era più legata, quelli che le piacevano. Era completamente immersa nei propri pensieri, quando il suo cellulare vibrò: un messaggio.

"Stai bene? -SH".

Lei alzò la testa, incontrando lo sguardo curioso di John. Scosse la testa con un sorriso di scusa e tornò a guardare lo schermo del telefono. Sorrise, pensando a cosa rispondere.

"Sì, grazie, Sherlock :) Perché me lo chiedi? -SW"

Stavolta fu il cellulare di Sherlock a squillare e fu Sherlock a dover pensare a quello che rispondere alla ragazza.

"Voglio la verità. -SH"

Siria aggrottò la fronte.

"Non puoi avere sempre ragione. -SW"

Holmes fece comparire un sorrisetto sulle sue labbra.

"Stavolta ho ragione. -SH"

Siria chiuse gli occhi, sospirando.

"Hai ragione. -SW"

Holmes trattenne un sorriso trionfante. Il telefonò squillò di nuovo.

"Non dirlo a John. Ti prego. Non voglio che sì preoccupi. -SW"

Holmes guardò John, immerso nei propri pensieri.

"Non lo farò. -SH"

Siria guardò a sua volta John.

"Grazie, Sherlock. -SW"

Holmes sembrò non prestare interesse al messaggio che era appena arrivato. Poi prese improvvisamente il telefono.

"Non fargli del male. -SH"

Siria si immobilizzò. Si ricordava bene la rabbia che aveva visto negli occhi di Sherlock il giorno prima.

"Non ti preoccupare. -SW"

"Dovrei? -SH"

"Perché dovresti? -SW"

"Te lo sto chiedendo.-SH"

"Non dovresti, infatti. -SW"

"Bene. -SH"

Il taxi si fermò e i tre scesero davanti all'appartamento. Sherlock e Siria si scambiarono un lungo sguardo mentre Johncercava le chiavi e apriva la porta. Johnentrò per primo e Sherlock cedette il passo a Siria, che gli sorrise e seguì il padre nel fresco dell'appartamento. Una volta che anche Sherlock fu dentro, scambiò un'altra occhiata con Siria.

John, che li stava osservando anche durante il tragitto in taxi, disse:- La finite di tramare alle mie spalle, per favore?-.

Siria si voltò a guardarlo: come aveva fatto a notarlo?

Sherlock intervenne prima che lei potesse aprire bocca:- Non stiamo facendo niente, John.-.

Johnfissò per un po' l'espressione innocente dell'amico e scosse la testa, sorridendo sconfitto.

-Vi lascio in pace, ma non fatemene pentire- concluse ridendo e alzando le mani.

Sherlock si concesse un sorriso soddisfatto e Siria un sospiro di sollievo. Johnsi avviò in cucina, e si fermò davanti al frigorifero vuoto.

-Sherlock! Dovevi fare la spesa! Secondo te cosa mangiamo per pranzo?!- urlò sconfortato dalla cucina.

Sherlock, da parte sua, era sulla poltrona, e sembrò non far caso a Johnche lo chiamava dalla cucina.

Watson, che cominciava ad arrabbiarsi, tornò in salotto, prese il portafogli e disse sospirando:- Vado e torno, non fate disastri, mi raccomando.-.

-Aspetta! Vengo con te!-. Siria si alzò di scatto dal divano, prendendo la borsa e seguendo Watson.

-Posso?- chiese esitante, fermandosi improvvisamente.

Johnla guardò sorpreso sorridendo.-Certo che puoi venire- le disse, arruffandole un po' i corti capelli castani; lei lo guardò sorridendo e si voltò verso Sherlock, assumendo un'espressione corrucciata, dicendo:- Ti dispiace? Torneremo subito.-.

Sherlock la guardò un attimo con un'espressione sorpresa, che poi diventò un sorrisetto.

-Andate pure, attendo ansioso il pranzo, ho fame.- disse Sherlock, sistemandosi meglio sulla poltrona.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora