19. Preparativi

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Johnera inquieto mentre preparava il pranzo.

Quella volta lo shock per Siria doveva essere stato molto più forte. Eppure lei non dava alcun segno di cedimento ora. Sì, era svenuta, ma c'era qualcos'altro.

Ora sembrava quasi serena, in pace, come se quella storia fosse conclusa, come se il colpevole fosse effettivamente in carcere invece che a piede libero per le strade di Londra. Ma ciò non era la realtà.

Rimase comunque in silenzio, non voleva turbarla.

Anche Sherlock era estremamente silenzioso, seduto sulla sua poltrona con lo sguardo inchiodato alla porta del bagno.

Il tempo sembrò eterno.

Durante il pranzo Lestrade chiamò Holmes, insistendo che aveva nuovi risvolti per quel caso, e che voleva entrambi i due al commissariato, senza la ragazza, che non sarebbe stata utile.

Siria non protestò. Li informò che quella sera aveva un'altra festa con i suoi amici e che sarebbe uscita approssimativamente intorno all'ora di cena.

I due uscirono presto, appena dopo pranzo. Siria sistemò la cucina e si ritrovò da sola a pensare.

Charles Gamel... Era stato lui, dunque. Bastardo. Ma come? Come? Come? Come?

Siria diede un pugno sul tavolo. Fece una smorfia di dolore.

Bastardo. Maledetto. Come hai fatto?

L'immagine di Gamel che uccideva quella persone  generò una rabbia profonda nell'anima della ragazza.

Girava per la casa incessantemente. Aveva la tentazione di sbattere la testa sul muro dalla disperazione.

Le balenò un'idea.

Volò in bagno.

Aprì tutti i cassetti, finché non trovò quello che cercava e sperava.
Cerotti alla nicotina.

Ne prese due e se li mise sul braccio in fretta.

Tornò in salotto.

Si sedette automaticamente sulla poltrona di Sherlock, incrociò le gambe e chiuse gli occhi.

Il suo cervello si mise in moto.

Poco dopo dovette imprecare contro il traffico che faceva troppo rumore. Prese un paio di cuffiette, creò rapidamente una playlist che la aiutasse a pensare e si mise nuovamente a gambe incrociate sulla poltrona.

Respirò con calma.

Il suo cervello, stimolato dalla musica e dalla nicotina, lavorava con rapidità ed efficienza.

Due ore dopo aprì gli occhi di scatto. Aveva capito. Era ovvio. Era così banale.

La storia si ripeteva, in fondo. Era stato un dettaglio dello scandalo che lo aveva coinvolto in Italia. Succedeva che lui scoprisse qualche "errore" dei ragazzi che facevano ripetizioni da lui, e lui li avesse ricattati, creandosi un alibi per le ore, in quel caso, delle aggressioni; ora, tutto si ripeteva, più in grande. Sorrise. Ora era pronta per l'incontro di quella sera.

Guardò fuori dalla finestra, mentre la musica continuava a scorrere.

"Call me a sinner, call me a saint, tell me it's over I still love you the same.
Call me the favourite, call me the worst, tell me it's over I don't want you to hurt.
It's all that I can say, so I'll be on my way..." cantavano gli Shinedown.

Siria chiuse gli occhi.

La canzone finì, lasciandole un mezzo sorriso.

Partì Titanium.

Il sorriso le si allargò, mentre cantava con Sia.

"I'm bulletproof, nothing to lose, far away, far away.
Ricochet, you take your aim, far away, far away.
You shot me down, but I won't fall, I am Titanium...".

Siria spense la musica.

Diede un'occhiata all'orologio: era in ritardo.

Doveva prepararsi.

La scenata doveva essere credibile, soprattutto per Sherlock. Sospirò. Cominciò infilandosi nella doccia.Quando ne uscì aveva la pelle rossa per l'acqua bollente. Si vestì, si truccò con cura, sempre con un pensiero a quello che sarebbe successo tra poche ore. Una volta pronta, si sedette al tavolo, prese un foglio e una penna.

Cominciò a scrivere.

"Caro Sherlock e caro..."

Si bloccò. Caro... John? O... Papà? La sua mentre era bloccata. Lasciò lo spazio bianco. Continuò, con il cuore pesante.

"So che è difficile capire quello che è successo."

Cosa sarebbe successo? Gamel l'aveva invitata a incontrarsi quella sera per "parlare". "Sarà divertente", aveva detto lui.

Era la cosa che la inquietava di più.

Continuò, spiegando tutto quello che sapeva, che aveva dedotto.

Arrivò alla fine di due pagine.

Le prime lacrime cominciarono a scendere.

Lei le fermò prima che cadessero sul foglio.

Strinse i pugni.

Era sempre più difficile.

Prese un altro foglio.

"Caro Sherlock" iniziò a scrivere.

Completata anche quella, ne iniziò un'altra.

La più difficile.

"Caro" scrisse.

Fece un respiro profondo.

"Caro papà".

Si fermò.

Sorrise tra le lacrime.

Continuò a scrivere.

Quando finì, il trucco era completamente da rifare.

Andò in bagno e sorrise, vedendosi mezzo viso nero.

Una volta rifatto il trucco, aveva ancora del tempo.

"A che punto siete? -SW"

Scrisse a Sherlock.

"Buono. Non torneremo per cena. Guarda nel frigo. -SH"

Siria sospirò. Non li avrebbe rivisti allora. Un po' le dispiaceva, ma sarebbe stato più doloroso.

Ora aspettava soltanto un messaggio di Gamel.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora