Johnrimase immobile mentre lasciava che quanto appena successo scivolasse via. Aveva accettato. Sorrise involontariamente. Si girò, per andare a preparare qualcosa da mangiare per loro tre. Sorpreso, vide Sherlock avvolto nel lenzuolo, appoggiato allo stipite della porta, che lo guardava. Incrociò il suo sguardo.
Sherlock, che era perso nei propri pensieri, sorrise debolmente.
Johngli si avvicinò, percependo il suo cambiamento d'umore.
-Sherlock...-
-Sto bene, John, non ti preoccupare- lo prevenne Holmes.
Era certo che sarebbe passato, come del resto era sempre stato in quegli anni. Ogni cosa passava, prima o poi. Tutto stava nel resistere e nell'essere pazienti e perseveranti.
-Sherlock.-.
La voce di Watson era ferma.
-Sto bene.-
Nessuna esitazione in quella di Holmes.
-Perché non ti fidi di me?-
La domanda arrivò rapida e potente come un pugno alla bocca dello stomaco. Sherlock rimase a corto di fiato.
Non sapeva cosa rispondere.
-Io...-. Si fermò. Il suo cervello si era fermato. Non stava collaborando. Non riusciva ad elaborare una risposta che riflettesse i propri sentimenti.
-Cosa ho fatto di sbagliato, Sherlock? Spiegamelo. Perché non ci arrivo da solo, tu... È sempre stato così. Tu mi servi. Ma evidentemente io non servo a te- disse freddo John.
Sherlock non riusciva a reagire. Cosa stava succedendo?
John, cosa stai dicendo? Stai sbagliando. Tu mi servi, maledetto idiota. Come fai a non capirlo? È così ovvio, lo capirebbe anche Siria. Perché tu no? Perché? Sei un pezzo di me. Qualcosa senza cui non riuscirei a vivere. Come fai a non capirlo, dopo così tanto tempo?
-Silenzio... Solo silenzio. Bene, Sherlock. Questi sono i tuoi sentimenti, dunque-.
La voce di John di stava rompendo. Alzò la mano, la chiuse a pugno, la riabbassò. Scosse la testa, fece per muoversi.
-John, aspetta.-.
Sherlock si stupì che quelle parole fossero veramente uscite dalla sua bocca. Non riusciva mai a trattenere le persone esprimendo i propri sentimenti chiaramente.
Lui si girò, guardandolo.
-Io... Tu...-.
Non ci riusciva. Imprecò mentalmente. Doveva riuscirci. Doveva superare la sua parte sociopatica, che aveva avuto il sopravvento per tutti quegli anni.
-John.-
Il soggetto c'era.
-Tu... Mi servi-, anche il verbo era al suo posto.
Johnlo guardò stupito, un po' accigliato.
-John, tu mi servi- ripeté -mi servi. Perché senza di te io... Non sono completo. Sono stato troppo tempo senza sentirmi come mi sento con te. E non voglio smettere ora. Ora che ho capito che ti amo. E che senza di te non vivo-.
L'aveva detto. Ce l'aveva fatta. Aveva il fiato corto, come se avesse corso a lungo.
Watson lo guardò. Allungò una mano verso il suo viso. Gli sfiorò una guancia, asciugando una lacrima che gli era scivolata giù, fuori controllo. Non sapeva cosa rispondere. Era stupito che Sherlock avesse esplicitato così tanto i propri sentimenti. Lo aveva scosso. Si alzò sulle punte, arrivando a baciare le labbra di Sherlock.
-Scusami Sherlock- sussurrò -ti amo-.
Sherlock sorrise, abbracciandolo. Lo strinse a sé. Ebbe la sensazione che le loro anime si fondessero. Lo amava. Ne era certo.
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Una figlia inaspettata
FanfictionSherlock Holmes e John Watson, al ritorno da un viaggio di lavoro, trovano ad aspettarli una ragazzina: sorriso pronto, timida e cortese, un inglese un po' stentato e una voglia bruciante di conoscere il suo vero padre. Inizia così un caso intrigan...