20. Separazioni

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Siria non riusciva a tenere a bada il nervosismo mentre aspettava che Gamel la chiamasse.

Pensava che avrebbe chiamato ad un orario decente, invece erano le nove di sera e ancora non si era fatto sentire. Imprecò.

Sherlock e Johnnon dovevano tornare.

Non ora che si era abituata all'idea di perderli.
Perché dovrei perderli? Si chiese.
Perché non sai che cosa succederà nelle prossime ore, potresti anche non rivederli mai più, si rispose.

Sospirò.

Attese ancora, mentre scarabocchiava con una penna su un foglio ghirigori informi.

Poco dopo le nove e mezzo sentì dei passi sulle scale.

Merda.

Erano tornati.

Strinse i denti e si stampò sul viso il sorriso più vero che riuscì a trovare.

Sherlock e Johnemersero dalla porta, i volti stanchi e tirati.

Improvvisamente le vibrò il telefono: era Gamel.

Lei non riuscì a non abbracciare di slancio John.

Lo strinse, immergendosi nel suo profumo. Lo lasciò, e si trovò con lo sguardo piantato in quello di Sherlock.

Abbracciò anche lui, alzandosi sulle punte.

Sherlock fece uno sguardo un po' sorpreso, e poi ricambiò debolmente l'abbraccio.

Lei si staccò, dicendo che aveva appena chiamato un suo amico e che stava per scendere.

Mandò un bacio ad entrambi e li salutò senza dire altro.

Tutto quello che provava per loro era nelle lettere che eventualmente avrebbero ritrovato qualche giorno dopo.

Appena fuori vide una macchina con lo sportello del passeggero aperto.

Vi entrò senza esitazione.

-Ciao Siria, sono contento che tu sia qui- fece lui sorridendo.

Lei non rispose. Intanto lui era partito.

-Non sei per niente educata, sai? Ti ricordavo diversa a scuola. Eri più... Affettuosa- continuò lui.

-Come posso essere affettuosa con un pluriomicida?- sussurrò lei fredda.

Gamel fece una smorfia e rimase in silenzio.

-Dove stiamo andando?- fece lei, bruscamente.

-In un bel posto, c'è un bel panorama- rispose lui enigmatico.

-Perché li hai uccisi?- chiese lei.

-Ti darò dopo ogni risposta, cara mia... Adesso goditi il viaggio in macchina- fece sornione Gamel.

Lei rimase in silenzio, cercando di calmarsi.

Sarebbe stata al suo gioco, per ora.

Dopo poco arrivarono davanti ad una struttura grigia e cupa, di cui non riuscì a individuare il nome.

Vide qualche ambulanza parcheggiata lì intorno.

Siria guardò Gamel perplessa. Lui le sorrise.

-Vieni, saliamo, si vede tutta Londra da lassù-.

Siria sospirò.

Le solite manie di grandezza: non voleva crederci.

Lo seguì silenziosamente.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora