37. Flashback

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-Dovrebbero essersene andati- mormora in un soffio il soldato inglese, mentre lascia delicatamente la presa sul viso e sul corpo di lei.

-Sì- risponde assente lei, mettendosi a sedere lentamente, scossa.

-Sei ferita?- chiede lui. Deformazione professionale.

-Non lo so... Credo di-di aver avuto troppa adrenalina per accorgermene, fin ora...- sussurra piano lei, esaminandosi scrupolosamente il corpo, finché un gemito di dolore non interrope il silenzio.

-Cazzo di scheggia- borbotta lei, mentre lui la guarda senza capire.
Lei riprende il controllo di sé.
-Ho trovato una scheggia-, traduce in inglese.

-Posso vederla? Sono un medico militare- chiede lui, imbarazzato.

Lei annuisce e si toglie la mimetica, senza parlare: l'adrenalina la sta abbandonando, lo shock e la stanchezza stanno per vincerla.

Lui la guarda in silenzio, una rapida contemplazione del suo corpo femminile.
Esamina la scheggia, la toglie cercando di farle meno male possibile e la benda con il kit medico che ha sempre con sé.

-Ho fatto-
Lei annuisce piano. Ha le lacrime agli occhi quando lui la guarda in viso, e sa che non è stata la scheggia a provocarle quel dolore che le riempe gli occhi.

-Mi chiamo John- dice lui all'improvviso, per spezzare quel silenzio carico di muta sofferenza, tendendole la mano.

Lei annuisce e lo guarda, senza stringergli la mano.

-Sono Marina-.

La voce di lei gli provoca un piccolo sobbalzo al cuore: è così piena di dolore che lui non può trattenersi: allunga una mano e le accarezza una guancia, con un sorriso di dolorosa e piena condivisione di quella sofferenza atroce e, senza accorgersi, si è già avvicinato alle labbra di lei e le ha già assaporate, insieme al salato sapore delle lacrime e a quello della polvere.

La giovane donna si irrigidisce, ha passato troppo tempo con un Kalasnikov in mano per ricordarsi la dolcezza del contatto di due labbra, ma poco dopo si scioglie, insieme alla tensione, al dolore e alla fragilità.

I due corpi si avvicinano, le due anime sono a contatto nella profondità della loro essenza, nudo dolore esposto all'altro, sconosciuto ma familiare.

Hanno un disperato bisogno l'uno dell'altra, quella notte devono salvarsi da soli, devono sopravvivere agli spettri della paura, del dolore e della morte, che si è presa le anime dei loro amici. Hanno bisogno di un contatto profondo per sentirsi vivi, e non due anime disperse in un inferno di polvere e sangue. Hanno bisogno di pelle contro pelle, bocca contro bocca, contatti lenti, bisognosi, frenetici, pieni di attenzione, di brama di vita.

Il loro giaciglio sono le mimetiche e l'erba, il loro tetto, l'immenso cielo stellato.

Fu quel cielo incastonato di stelle che, insieme a John, riempe di nuovo il cuore di Marina, quella notte in cui la morte si era portata via tutto da quell'anima.

I loro ansiti leggeri, i gemiti, le parole mormorate a metà vengono inghiottiti dalle cicale.

E mentre entrambi trovano la pace, Marina si abbandona a John e a quelle stelle, completamente, lasciando che la salvino.


Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora