CAPITOLO XIII

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"Cosa?" mi chiede incredula. "Di qualunque cosa si tratti non penso sia qualcosa di nuovo, ho già cercato a fondo più e più volte, ma...niente" mi rivela. "Tu sei nata in Italia, giusto?" le chiedo. "Sì e poi cresciuta lì in orfanotrofio" conferma. "Sei finita lì il 16 Marzo del 1999 è corretto?" "Sì, ma sono informazioni di cui sono già a conoscenza" mi dice rassegnandosi. "Sei a conoscenza anche di questo?" Le dico mostrandole un documento risalente al 7 Giugno del 1998. "Cos'è?" chiede afferrandolo e leggendolo. "È la denuncia di 32 neonati scomparsi" le spiego. "Questo vuol dire che..." lascia cadere il documento. "Penso che ti abbiano portato via con la forza" continuo. "No, non può essere, io sono nata il 5 Aprile del '98 e anche se ipotizzassimo io fossi uno di quei neonati comunque rimane un arco di tempo troppo ampio tra il 7 Giugno del '98 e il 16 Marzo del '99. Non credi?" osserva lei.

"Questo è vero, anch'io ero titubante su questo ma..." trafugo tra altri documenti finché lo tiro fuori "...poi ho trovato questo" dico mostrandole il vero documento di quando fu presa in affidamento in quell'orfanotrofio esattamente l'8 Giugno del '98. "Com'è possibile?" chiede ancora scettica. "In questi 5 giorni durante una delle nostre pause di turno ho scavato a fondo nel reparto dei casi irrisolti dell'FBI e ho riscontrato questo. Compatibile con quello che ti è successo. Poi ho chiamato il direttore di quell'orfanotrofio che si è rifiutato di parlarmi e condividere informazioni importanti, così ho inviato un amico di Sam, Torres, ad indagare direttamente da lui e con le normali procedure, utilizzando i giusti mezzi di cui predispone l'FBI, ha trovato e inviato il file del tuo documento. E lì ho collegato tutto"

"Quindi ho sempre avuto una famiglia che mi ha voluto bene. Ne ero convinta, me lo sentivo" dice con aria sconsolata e abbastanza triste. "Ma...?" le chiedo. "Ma avrei preferito mi sbagliassi. Sai all'inizio ho odiato i mie genitori per avermi fatto finire in quell'istituto, qualunque fosse la ragione. È più facile odiarli quando non conosci le loro intenzioni. E non volevo sapere di loro per paura di scoprire un'amara verità. Poi mi sono fatta coraggio e ho iniziato ad indagare. Ho iniziato dalla collana che ho sempre indossato. Ma non ho mai scoperto chi sono davvero" mi spiega con gli occhi lucidi.

"Ti prometto che lo scopriremo. Non mi fermerò fin quando non li troveremo" le dico portandola a me abbracciandola, dandole un bacio sulla fronte e accarezzandole la testa.

Il giorno seguente prima di recarci al lavoro ha inizio il nostro allenamento mattutino, come le avevo promesso. "È ORA DI ALZARSI!!" mi urla in un orecchio. Apro gli occhi e guardo la sveglia sul comodino. 03:39. "Sono le 3 Grace!" le faccio presente. "Lo so, a che ore volevi allenarti. Allenamento mattutino vuol dire questo no?" mi rinfaccia. "Possiamo rimandare alle 4:30?" Ma lei mi guarda incrociando le braccia. "Le 5?" propongo, ma lei tenendo ancora le braccia incrociate solleva un sopracciglio. "Domani?" propongo. "Me lo avevi promesso" dice. "E va bene ma lasciami ancora altri 5 minuti" le dico girandomi dall'altro lato del letto e rimboccandomi le coperte, ma lei afferra e solleva le coperte, spalancando allo stesso tempo le finestre per farmi alzare dal freddo. "Sai stava funzionando la tecnica del far-sentire-incolpa ma ora improvvisamente tutti i sensi di colpa sono spariti" le dico ancora assonnato. "A mali estremi. Sappi che non lo avrei fatto se ti fossi alzato".

Per riscaldarci iniziamo proprio da alcune tecniche di combattimento. "Iniziamo dalla lotta corpo a corpo" spiego. "Non devi perdere di vista il tuo bersaglio, devi studiare ogni sua minima mossa e cercare di anticiparlo o se è possibile bloccarlo" le insegno. "Non per vantarmi, ma so cavarmela discretamente nella lotta corpo a corpo" mi dice. "D'accordo saputella, vediamo che sai fare" la provoco. Lei avanza verso di me, io cerco di colpirla, ma lei agilmente schiva il mio colpo abbassandosi in scivolata sotto le mie gambe che tenevo aperte. Poi le colpisce costringendomi a piegarmi in ginocchio. Velocemente, senza darmi il tempo di ricompormi si rialza e avvolge le sue gambe intorno al mio collo, facilitatole dalla mia posizione in ginocchio, e mettendo tutta la forza che ha nelle gambe mi atterra gettandomi di schiena al suolo per poi chinarsi su di me e bloccandomi il braccio in vibranio con un ginocchio, l'altro braccio con una mano e con l'altra stringendola in un pugno la avvicina al mio volto fino a fermarsi un attimo prima di colpire il mio naso.

WHITE WOLF AND BLACK FOXDove le storie prendono vita. Scoprilo ora